214. Altro mondo non c'è

Di recente  è stata posta a dibattito la seguente riflessione:

“ma secondo voi perché l'elettorato di destra non grida mai all'inciucio? Io lo so perché. Le sinistre sono come le chiese, predicano molto bene e quindi si pretende coerenza. Per questo quando sbagliano vengono decapitate, o si autodecapitano, come Bersani. Per la destra questo problema non sussiste, non predicano bene, non devono attenersi a nulla se non ai contingenti interessi del momento e la coerenza è la coerenza con il concetto di furbizia.

Diversi sono stati gli interessanti contributi. Desidero proporre, per la sua radicalitá,  il seguente, di  F. Dilauro, sferzante ed in alcune parti a mio avviso  volutamente provocatorio, ma che comunque la si pensi  e anche non condividendo, in parte o per intero, offre spunti per una profonda riflessione e per uno stimolante confronto,  soprattutto a coloro che sentono genericamente di condividere un orientamento “di sinistra”.

“La destra dotata di saldi principi morali, e capace di avvitarsi ad un anarchismo squadrista in nome di quei principi, è minoritaria. Percepisco invece i Naziskin & simili come un movimento -sociologico innanzi che politico- preoccupato di realizzare una propria identità. Non propositivo e facilmente strumentalizzabile. Ciò che accogliamo nel senso più ampio di Destra connette l'eterna piccola borghesia (coatta, cattolica e qualunquista) alla tradizionale borghesia dei grandi interessi.
Sono quelli che hanno regalato al mondo la Chiesa Cattolica, il Fascismo e -nella condizione di provincia- la Democrazia Cristiana. Praticano la sudditanza, camuffandola nella delega assoluta. Berlusconi li giustifica, finalmente, levandogli dal groppone le ultime riserve morali. A ben vedere, è molto confessionile il loro modo di usare pesi e misure differenti. In mezzo, una corrente di bestie rapaci senza freno, che il vecchio Ordine si preoccupava attivamente di contenere ai propri scopi (la vecchia etica del Potere: si ruba per il partito).

L'Italia è pressoché totalmente borghese. Lo era anche la classe operaia, via via alienata del proprio ruolo storico ed emarginata da politica e rapporti produttivi. La sinistra Italiana è la Chiesa di un Dio morto. Sopravvive la liturgia, alla fede. Se realmente fosse la grande forza morale che fu il PCI fino ai '60, molte contraddizioni interne ed esterne sarebbero intollerabili. Il loro dramma è di essersi sbarazzati del Marxismo per un progetto inautentico, che risolveva una somma di adesioni individuali alla società borghese -che negli anni dello scioglimento del PCI sembrava vincesse col consenso popolare-, ma che mostrò una drammatica inadeguatezza di fronte alla crisi epocale del consumismo. Tutto quel che avevano in cantiere era una società paragonabile alle socialdemocrazie del boom economico. Quando mi sforzo di parlare con loro, la loro arretratezza culturale, politica, intellettuale, è drammatica. Una specie di Schettino collettivo, mentre la nave sfila in mezzo agli scogli. Punti ciechi clamorosi. Non soltanto aspettano che la grande borghesia risolva la crisi (incurante di chi sosterrà i costi): ma adombrano il ruolo chiave (Lenin parlerebbe di contraddizione principale) delle banche europee e la fine storica -dopo quella delle società socialiste- delle democrazie parlamentari borghesi, poi che le lobby economiche esautorano lo Stato, sviliscono le nazioni, decidono la politica. Quindi la sinistra italiana è intrinsecamente debole e socialmente subordinata alle classi dirigenti. Una marcescenza che inevitabilmente riduce e annulla la capacità vitale di fare politica.
Mi tornano le parole di Gramsci. Il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. E nell'interregno nascono strani mostri (…)

Già dal Dopoguerra, con la scelta forzata della via istituzionale per prendere il potere, si realizzò una lunga schizofrenia tra la struttura di un partito autenticamente rivoluzionario (...) e la prassi parlamentare borghese; parimenti, le lotte sindacali approdarono alla concertazione. A ben vedere, fu la coesistenza di due classi sociali non direttamente antagoniste, ma differentemente motivate: piccola borghesia e operai. Fin quando fu diretto dal marxismo-leninismo, il PCI realizzò una necessaria coesistenza pacifica; ma appena la congiuntura storica ribaltò i rapporti di classe dentro il partito in favore della borghesia, questa liquidò subito classe operaia, Partito, leninismo, rivoluzione. Quelli che i comunisti chiamano "controrivoluzionari dentro il Partito" non sono Babau o mostri leggendari. Ma la classe sociale era debole dentro e fuori: il Mondo preparava precariato e globalizzazione, i costumi di vita avevano prevalso rispetto agli ideali rivoluzionari: nella prassi, il consumismo assimilò in una area di consenso per il benessere anche le masse che avrebbero dovuto contrastarlo. Parlavamo di rigore morale. Non fare la vecchietta che stringe al petto rosario e santini, Berlinguer fu un leader e quindi un progetto: di questo bisogna parlare, semmai. Quando un gruppo è sano, esprime una classe dirigente sana.

Il rigore morale precipitò man mano che la borghesia prese il potere. Dopo il PCI, la sinistra italiana è profondamente piccolo borghese. Sono tra i fondatori di PRC, ed ho attraversato tutti i partiti di sinistra. Dalla borghesia non si può cavare niente di realmente sociale. I professori sono borghesi fino al midollo, e camerieri. Gli studenti sono bistecche con gli occhi: la rivoluzione deve partire dal proletariato, dalla forza lavoro. Studenti e professori non fanno un partito. Ma è difficile per ragioni molto precise ricreare aggregazione tra le masse. Per altra via, e con enormi limiti di cultura politica e intellettuale, lo sta facendo Grillo. E' una baggianata parlare di comunismo senza contadini e operai (…)

Altra nota di passaggio: il mercato unico declassa -attuando il precariato- il proletariato a sottoproletariato. E il mainstream intellettuale al servizio della borghesia combatte il suo male rimuovendo quelle categorie di pensiero che possono criticar
lo. Un architetto di quelli che hanno buone relazioni mi contestava addirittura che "proletariato" è un termine errato, perchè superato storicamente dalla "morte delle ideologie"; ravvisando in tale termine l'ideologia marxista
(…) Molti intellettuali sono persone ignoranti, e molti professori persone stupide. L'apparato culturale oggi prevale, come industria di consumo in una provincia dell'Impero. Prevale, dall'altra parte, una tecnocrazia del consenso: il ruolo principale del sistema della informazione è convincere le masse che altro Mondo non c'è. Questo è il punto. Lo fa sostituendosi al reale dei rapporti di classe e della pragmatica della comunicazione umana, tramite la tecnologia della comunicazione; è una finzione del Mondo, che apparentemente vuole rappresentarlo, ma che gli si sostituisce. Qualcuno parlava di fattoidi e qualcun altro di Società dello Spettacolo.