106. Dissonanza Cognitiva



La dissonanza cognitiva è un concetto introdotto da Leon Festinger nel 1957 (“Teoria della dissonanza cognitiva”, Editore Franco Angeli)  volto a descrivere quel particolare fenomeno di elaborazione cognitiva nel cui contesto opinioni, credenze, informazioni elicitate contemporaneamente nel soggetto con riferimento ad un determinato tema si trovano a contrastare tra loro. L’individuo che attiva pensieri o comportamenti tra loro coerenti si trova in uno stato emotivo soddisfacente (consonanza cognitiva), nel caso di incoerenza si delinea il fenomeno della dissonanza cognitiva, uno stato di disagio psicologico che condurrà all’attivazione di vari processi elaborativi al fine di eliminarla. Un famoso esempio di dissonanza cognitiva è sicuramente quello illustrato nella favola di Esopo “La volpe e l’uva”, laddove la dissonanza tra il desiderio dell’uva e l’impossibilità ad accedervi spinge la volpe alla considerazione secondo cui “tanto l’uva è acerba”.

Esiste quindi in ogni persona, in presenza di una dissonanza, una pressione tendente a ridurla, tanto maggiore quanto più forte è la dissonanza. La dissonanza cognitiva può essere ridotta in modi diversi: cambiando l’ambiente in cui vive l’ìndividuo, modificando il comportamento, modificando il proprio mondo cognitivo. La portata di tale teoria è indubbiamente molto ampia e a mio parere costituisce un importantissimo strumento per decodificare anche gran parte della politica contemporanea. Pensiamo solo alla questione “immigrati”: per ridurre la dissonanza cognitiva (ad esempio in presenza di un credo cristiano oppure laico in termini di cosmopolitismo) in relazione ai respingimenti in blocco (vale a dire senza accertamento dei singoli casi) e ai numerosi naufragi con relativo olocausto,  taluni politici pensarono di proporre all’elettorato l’immagine del clandestino “ricco” (= non dobbiamo sentire pietà per le morti, in quanto a morire è in realtà gente che sta bene e in grado di pagarsi il “viaggio”), l’immagine del clandestino necessariamente criminale, l’immagine del clandestino distruttore della nostra cultura e simili.

Tra i moltissimi esempi Festinger riporta quello del fumatore che scopre tutto lo scibile riguardo agli incidenti automobilistici e il loro tasso di mortalità: attraverso l’apporto della cognizione che il pericolo che corre fumando è trascurabile in confronto a quello che corre quando guida l’automobile, anche la sua dissonanza verrà in qualche modo ridotta. Oppure l’esempio della società Ifaluk che fermamente crede nell’innata bontà degli uomini. Di fronte al dato di fatto che i ragazzi di questa popolazione, per una o per l’altra ragione, passano un periodo di aperta e intensa aggressività, tale comportamento è stato ricondotto, al fine di ridurre la dissonanza cognitiva, a spiriti maligni che penetrano nel loro essere inducendoli a compiere cattive azioni.

Festinger ha preso in considerazione i molteplici aspetti di questo fenomeno sulla base di numerose ricerche sperimentali. Ne riporto qui un breve passo, consigliando vivamente l’acquisto del libro, la cui lettura è fondamentale per una migliore comprensione degli aspetti cognitivi alla base della biased rationality, cui questo sito è dedicato:

“…Quanto maggiore è il numero di persone che un individuo sa già d’accordo su di una data opinione, che egli stesso sostiene, tanto minore sarà l’entità della dissonanza introdotta dal fatto che un’altra persona esprima il suo disaccordo. Poiché sapere che un’altra persona ha la stessa nostra opinione è consonante con l’avere noi stessi quell’opinione … Si devono identificare le variabili…. Se la persona che esprime il disaccordo viene considerata esperta o molto ben informata di un certo tipo di problemi, la dissonanza fra la consapevolezza della sua opinione contraria e la propria risulterà maggiore; così, se l’opinione sulla quale si esprime il disaccordo è importante o in particolar modo significativa per il gruppo in cui si esprime il disaccordo, la dissonanza risulterà parimenti maggiore … La dissonanza può venire ridotta 1. …cambiando le proprie opinioni….il mutare la propria opinione originaria ridurrà effettivamente la dissonanza soltanto se non ci sono già troppe persone che concordano con essa…2….influenzare le persone che non sono d’accordo con noi a cambiare le proprie…questa è la principale manifestazione di pressione volta a ridurre la dissonanza…3….rendere, in qualche modo, l’altra persona non paragonabile a se stessi…si possono attribuire caratteristiche, esperienze o motivazioni differenti dalle proprie all’altra persona o si può addirittura respingerla e screditarla….Schlachter riferisce un esperimento riguardante soprattutto la riduzione della dissonanza ottenuta gettando il discredito su coloro che esprimevano il loro disaccordo….ciò che importa qui sottolineare è che il grado di rifiuto nei confronti di colui che persisteva nel disaccordo era maggiore nei gruppi con alto potere attrattivo che non in quelli con basso potere di attrazione…i risultati mostrano che quando la questione non è molto rilevante…c’è una minore volontà di respingere chi persiste in esso”  (pp 162 – 166)