125. Il Caso e l'Orologio



Sul  CASO

“Non esiste il caso, perché il caso è la provvidenza degli imbecilli, e la giustizia vuole che gli imbecilli non abbiano provvidenza.”- Léon Bloy, Il mendicante ingrato, 1898

 “È vero che ci siamo affacciati all'universo per caso, ma l'idea stessa di "caso" non è altro che il paravento della nostra ignoranza.”- Freeman Dyson, Turbare l'Universo, 1979

 (da D. Hume, Trattato sulla Natura Umana,  La probabilità delle cause)

(…) anche i filosofi son generalmente d’accordo che ciò che il volgo chiama caso, non è altro che una causa segreta e nascosta. Questa specie di probabilità è quindi quella che principalmente dobbiamo esaminare (…) Sarebbe una follia per gli uomini se nel corso della loro vita e delle loro azioni gli stessi soggetti fossero sempre uniti insieme: non avremmo altro da temere che l’errore del nostro giudizio, e in nessun caso l’incertezza della natura. Ma, siccome accade spesso che un’osservazione è contraria ad un’altra, e le cause e gli effetti non seguono nel medesimo ordine di cui abbiamo avuto esperienza, siamo costretti, a causa di questa incertezza, a variare il ragionamento e a prendere in considerazione gli eventi contrari. La prima questione, quindi, che si presenta qui, riguarda la natura e le cause della contrarietà.

La gente che giudica delle cose al loro primo apparire attribuisce l’incertezza degli eventi all’incertezza delle cause, la quale spesso le fa mancare della loro abituale efficacia, anche se nessun impedimento si frapponga alla loro azione. Ma i filosofi, osservando che in quasi tutte le parti della natura è contenuta una grande varietà di forze e di principi, che restano nascosti a causa della loro piccolezza o distanza, dicono che, per lo meno, è possibile che la contrarietà degli eventi non proceda da una contingenza nella causa, ma dalla segreta azione di cause contrarie. Questa possibilità si tramuta, poi, in certezza quando s’avvedono che, a un esame accurato, la contrarietà negli effetti tradisce sempre una contrarietà nelle cause e proviene dal loro reciproco impedimento o contrasto. Un contadino non può dare una migliore ragione del fermarsi di un orologio che col dire che esso semplicemente non va bene; un orologiaio invece vede facilmente che la stessa forza nella molla  o nel pendolo ha sempre la stessa influenza sulle sfere: ma l’effetto usuale è venuto a mancare forse a causa di un granello di polvere che ne ha arrestato tutto il movimento. Dall’osservazione di diversi casi analoghi i filosofi stabiliscono la massima che la connessione tra le cause e gli effetti è sempre necessaria, e che l’apparente incertezza in alcuni casi deriva dalla segreta opposizione di cause contrarie (…) Ma fate che gli uomini si persuadano pienamente di questi due principi: che un oggetto, considerato in se stesso, non contiene niente che ci autorizzi a trarne una conclusione che vada al di là di esso; e che, anche dopo aver osservato il frequente o costante congiungimento degli oggetti, noi non abbiamo nessuna ragione di trarne un’inferenza riguardante un oggetto che è al di là di quelli di cui abbiamo avuto esperienza; fate, ripeto, che gli uomini si convincano pienamente di questi due principi, ed essi si troveranno così sbalestrati fuori di tutti i sistemi usuali, che non faranno più nessuna difficoltà ad accettarne un altro, ancorchè sembri del tutto fuori dell’ordinario (…).

Molto brevemente il mio parere: Una successione di eventi è generalmente detta casuale se si ritiene non vi sia alcun modo di prevedere un evento di un dato genere sulla base dell'evento o degli eventi che l'hanno preceduto.  Io modificherei  la frase con “ se risulti difficile o temporaneamente impossibile”. Il caso mi pare simile a quella divinità cui ci rivolgiamo allorquando non troviamo spiegazioni soddisfacenti. O una divinità esso stesso … per definizione inaccessibile e imponderabile …. laddove chi parla di un ordinamento divino dell’universo se la prende forse meno comoda di chi parla di caso come impossibilità. Poiché non reputo  la filosofia hobby per oziosi, ma strumento di perfezionamento del mondo circostante, rimando volentieri alle dispute che spesso sorgono in connessione a catastrofi naturali e non, gestione di esse e  conseguente strumentalizzazione del fattore “caso”. Sarebbe molto interessante tracciare la storia della prevedibilità degli eventi, di varia natura, nei secoli.  Vero che difficilmente raggiungeremo  una stella polare, qui intesa come metafora della perfetta prevedibilità,  vero che essa continui ad indicarci la direzione. Lungi queste dall’essere considerazioni definitive sull’argomento, vastissimo, spero solo siano state di stimolo per un ulteriore sviluppo del tema, quand’anche in altra direzione…

(12 febbraio 2012)