133. La società sessuale



Consiglio vivamente l’acquisto di “La società sessuale”, di Flaminia Saccà, Edizioni Franco Angeli.

(pag. 9) (…) Questo libro si propone di indagare da un punto di vista sociologico origine e natura di questa connessione tra controllo della sfera sessuale e mantenimento o trasformazione delle strutture sociali tradizionali. Cercheremo di mostrare come il controllo della sessualità costituisca una struttura portante dell’organizzazione sociale; come questo controllo sia sempre connesso ai problemi dello sviluppo socio-economico, e infine, come questo intreccio sia rimasto a lungo celato, dando al controllo sociale della sessualità le più diverse interpretazioni in linea con le ideologie, soprattutto religiose, con il pensiero scientifico e, in ultima analisi, con le ragioni della produzione di beni materiali nelle varie epoche (…)

(pag 21) (…) affermò che la regolamentazione sociale degli impulsi sessuali si impose già agli inizi delle prime società umane e fu anzi una delle prime espressioni culturali (…) tanto che ribaltare queste norme significherebbe minare la forma sociale costituita.  Per difendersi da questa minaccia, ogni formazione sociale tende a proclamare l’assolutezza delle sue norme: si arriva così a definire ‘naturale’ ciò che invece è culturale e a sostegno di un preciso ordine costituito, nonché delle classi sociali dominanti. Queste norme, nel loro insieme, costituiscono quella che Abram Kardiner chiama la personalità di base di ogni fase di civiltà (…) è evidente che tali norme, prime fra tutte quelle rivolte al comportamento sessuale, sono per questi autori fondamentali, perché agendo a vari livelli, tramite le istituzioni e le ideologie, orientano l’individuo nelle sue azioni, comprese quelle che sembrano derivare direttamente da un impulso biologico. D’altronde se comportamenti e norme presentati come assoluti e naturali fossero davvero tali anziché il frutto di un processo culturale e  ideologico, rimarrebbero da spiegare i mutamenti che essi subiscono nel corso del tempo e in diverse zone del mondo (…) (pag. 66) (…) E’ interessante notare come l’indipendenza della donna sia sempre passata attraverso una condizione che la collocava al di fuori del matrimonio e, spesso, anche attraverso la cultura. Le etere del mondo antico, le badesse nel medioevo, le cortigiane nel Rinascimento: tutte donne che si sottraevano ai rigidi controlli rivolti a chi, nel matrimonio, portava la responsabilità della riproduzione. Controlli tanto più severi quanto più era consistente il patrimonio che l’uomo lasciava al figlio. Nelle classi meno abbienti le donne erano più libere non solo perché il semplice fatto di dover lavorare le portava al di fuori delle mura domestiche, ma anche perché gli uomini non avevano molto da tramandare ai propri figli. Al di fuori del ruolo materno, la donna poteva dedicarsi alle relazioni sociali e culturali. Poteva, in altre parole, coltivare se stessa (….)