139. Sul revisionismo storico

Negli ultimi tempi si è  assistito ad un’opera di revisionismo storico volto a mettere in primo piano un certo numero partigiani colpevoli di vendette arbitrarie,  al fine di portare al medesimo livello  meriti e demeriti di fascisti e antifascisti nonché minimizzare la portata di un movimento di opposizione interno molto più forte che in Germania , che ha salvato la dignità e l’immagine degli italiani: senza il movimento partigiano la colpa avrebbe potuto essere interpretata come collettiva (così è stato in Germania in realtà: dopo la guerra si è portato avanti un vero processo di denazificazione, al contrario dell’Italia, dove la Resistenza, che mai ebbe un unico colore, aveva capillarmente diffuso informazione e speranza).  Si rifletta anche su quanto segue: gli americani hanno raso al suolo intere città, decimando volutamente la popolazione civile (si veda Dresda e l'atomica tra i vari esempi). Fatti ben più tremendi degli atti  di alcuni partigiani. Eppure questo non viene sottolineato. Perché? 1) non serve a fini politici, vale a dire a legittimare le destre 2) effettivamente e sicuramente non si possono mettere gli americani sullo stesso piano dei tedeschi. Molti gli errori, ma essi  hanno contribuito in maniera decisiva e senza equivoci ad abbattere i regimi fascisti. Quanti milioni e rispettivamente centinaia di migliaia di morti hanno causato la seconda Guerra Mondiale e le varie guerre di conquista, vale a dire le mire imperialistiche della Germania nazista e dell’Italia fascista? Non cadiamo quindi nell’errore logico dell’azzeramento (tu quoque, si veda la presentazione del sito al punto relativo),  truccando le proporzioni e operando una voluta confusione tra chi in Italia ha distrutto il diritto e chi lo ha ricostruito, al fine di cancellare deliberatamente quei meriti dai quali è scaturito oggi il nostro stato di diritto.  Parlando con taluni fascisti pare di capire che dal fascismo ci abbia liberato il fascismo stesso… oppure che esso si sia dileguato per magia, Provvidenza Divina o  puro Caso…, oppure ancora che “tra qualche secolo” sarà impossibile esprimere un giudizio di valore (relativismo etico, si veda il punto Nr. 65 del Menu), dimenticando che il fascismo è subentrato con brogli e bruta  ad un regime democratico preesistente, distruggendolo (assassinio di Giacomo Matteotti), annientando le libertà democratiche e quindi valori e istituzioni già diventate patrimonio di un popolo (retrocessione etica e culturale), instaurando una dittatura che si è macchiata a livello teorico e pratico di orrendi crimini contro l’umanità, camminando fianco a fianco con il nazismo e sviluppando originalmente una propria teoria della razza.

L’Italia è un paese che in realtà non si è mai vergognato nella dovuta misura delle pratiche razziste del fascismo e delle sue avventure coloniali, da cui rigurgiti nostalgici più o meno consistenti fino ai nostri giorni. Tanto che rappresentanti di partiti ufficialmente ammessi all’agone politico possono permettersi oggi frasi come  “oggi 25 aprile io non ho nulla da festeggiare” (Storace).

 Perché? Vi è stata innanzitutto una implicita richiesta di dimenticare, giustificata con la necessità di ricostruire, ma ancora più significativa è l’attribuzione al nazismo di ogni responsabilità e di aver condizionato il fascismo italiano, presentato come succube. Solo Hitler fu il colpevole, il fascismo ne fu una vittima. Laddove al contrario il fascismo italiano fu fiero di elaborare una  propria  o r i g i n a l e forma di razzismo, che andava oltre  le leggi razziali emanate in Italia nel 1938 contro gli ebrei.

“La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l'indirizzo ariano nordico”

“La Difesa della Razza”  pubblicata quindicinalmente per cinque anni, dal 1938 al 1943,  definita dall’antropologo Guido Landra come “organo ‘tecnico’ del razzismo italiano (…)  era molto diffusa e aveva una tiratura, almeno inizialmente, di 140-150.000 copie (…) Obiettivo primario della “Difesa della Razza” era infatti quello di dimostrare non tanto la superiorità dei bianchi, quanto la superiorità della “razza italiana” su tutte le altre ‘razze’ – quindi ridefinire la gerarchia fra ‘razze’ ponendo quella italiana sopra tutte. Con “La Difesa della Razza” si assiste alla diffusione di un discorso ideologico sulla ‘razza’ finalizzato alla costruzione di un immaginario razzista collettivo.

“La Difesa della Razza” era anche uno strumento di connessione delle leggi razziali con la propaganda razzista. Oltre, infatti, ai vari articoli, nella rivista sono presenti continui riferimenti alle leggi proclamate dal regime di Mussolini e ai loro aggiornamenti (…)Tale mutamento della funzione dell’antropologia va visto in stretta relazione alla nascita dell’impero fascista. Per fare sì che gli italiani si riconoscessero in una nuova identità – non più solo nazionale ma imperiale – l’elemento razziale doveva acquisire una nuova connotazione in modo da ottenere due effetti contemporanei. Da una parte, bisognava giustificare in termini di supremazia razziale l’immenso sforzo bellico compiuto per la conquista dell’Etiopia. D’altra parte, e soprattutto, l’esistenza ‘scientificamente’ dimostrata di una gerarchia di razze era il presupposto necessario per il controllo e la disciplina della colonizzazione demografica dei territori dell’Africa orientale, la garanzia di quella “collaborazione senza promiscuità” che il regime esigeva nelle colonie e per ottenere la quale di lì a breve avrebbe promulgato apposite leggi (…) Il meticciato, che era dall’inizio dell’impresa coloniale una realtà di fatto, con l’impero diventò metafora  della promiscuità che avvelena la purezza della ‘razza’, e la lotta contro il meticciato assurse a lotta per l’affermazione definitiva della supremazia razziale del colonizzatore sul colonizzato. Già il percorso di costruzione nazionale aveva portato alla definizione di un’identità razziale per gli italiani. Con la dichiarazione dell’impero questa identità fondata sulla purezza di sangue svolse un ruolo centrale nella definizione delle politiche coloniali (…)” (Nicoletta Poidimani)

Già nel luglio del 1933 venne fatta una prima legge che, in Eritrea e in Somalia, escludeva i meticci dai diritti della razza bianca. La razza doveva essere difesa dall’imbastardimento e, per fare questo, si presero misure tese ad evitare il caos delle razze e il rischio degli incroci.

“Nel 1936 si vietò la comune partecipazione a luoghi di ritrovo, e nel 1937 si giunse alla legge che comminava fino a 5 anni a chi vivesse con una donna di colore. Dei figli a sangue misto si vietò persino il riconoscimento. Le donne che avessero avuto rapporti sessuali con uomini di colore erano trattate ancor peggio, perché offendevano “la purezza della razza” e “la virilità dell’uomo bianco”. In compenso, il governo si fece carico di inviare in Africa Orientale un buon numero di prostitute italiane.
Italiani ed etiopi dovevano vivere in luoghi distinti. Gli etiopi erano classificati di razza inferiore, e ciascuno di loro, se incrociava un italiano, doveva scendere dal marciapiede per lasciarlo passare. Questa apartheid trovava la sua giustificazione nelle teorie dell’antropologo Cipriani. Per Cipriani*, l’Italia non doveva cercare di elevare il livello di vita dei popoli coloniali, né imporre la propria civiltà , perché questi erano incapaci di assimilarla. Un incrocio delle razze avrebbe portato alla decadenza della popolazione europea. Gli africani dovevano essere considerati come bambini, la loro gioia si esauriva in semplici passatempi, la loro educazione doveva consistere nella memorizzazione di pochi fatti elementari” (dal sito iniziativalaica.it)

*(Lidio Cipriani, antropologo fascista) ....l'Africa agli africani porterebbe solo barbarie...del resto a questo porta la nostra forma mentis la cui struttura psicologica trasmette i caratteri indelebili della romanità attraverso i secoli e rinnova senza soluzione di continuità l'idea imperiale fondata su Roma. E ciò che in altre parole aveva detto nel 1926 Benito Mussolini quando a Tripoli aveva definito il suo viaggio in quella terra un'affermazione della forza del popolo italiano, una manifestazione di potenza del popolo che da Roma ripete le proprie origini eporta il Littorio trionfante e mmortale di Roma sulle rive del mare africano..."

La teoria secondo cui la razza africana sarebbe stata irrimediabilmente inferiore legittimò inoltre la scelta politica di non costruire scuole “tanto che in settant’anni di presenza italiana in Africa nessun indigeno ebbe la facoltà e i mezzi per ottenere un diploma o una laurea” ( (Angelo del Boca, “il mito del buon italiano”).

Nel seguente link tutti i provvedimenti  presi contro gli ebrei dal regime fascista (1938-1944): http://www.fisicamente.net/MEMORIA/index-635.htm

E il bellissimo discorso di Napolitano del 25 aprile 2012: http://www.italia-news.it/politica-c14/quirinale-c358/25-aprile-il-discorso-del-presidente-giorgio-napolitano-76188.html

il 7 luglio 2013  Emanuele Pozzolo "ci riprova", intitolare una strada a coloro che sono morti in nome degli "ideali" fascisti
http://www.pmnet.it/dett_news.asp?id=48326