Loaded or high inference language usually contains words with strong positive or negative connotations that unfairly frame words into limited or biased contexts. For example, the phrase tax relief refers literally to changes that reduce the amount of tax citizens must pay. However, use of the emotive word relief implies that all tax is an unreasonable burden to begin with. A word or phrase is "loaded" when it has a secondary, evaluative meaning in addition to its primary, descriptive meaning. When language is "loaded", it is loaded with its evaluative meaning. A loaded word is like a loaded gun, and its evaluative meaning is the bullet. While few words have no evaluative overtones, "plant" is a primarily descriptive term. "Weed", in contrast, has essentially the same descriptive meaning as "plant", but a negative evaluative meaning, as well. A weed is a plant of which we disapprove. The fallacy is often committed when an arguer attempts to use loaded words in place of an argument (*)
Prendo in considerazione il frequente loaded term “riduzionismo”. Troviamo utilizzato tale termine, con evidente intento denigratorio, sia in ambiti religiosi che filosofici nei confronti di discipline che tendono a spiegare su base razionale moti dell’animo, sentimenti, morale e in definitiva la “coscienza”. Spesso è accompagnato da uno straw man: “la scienza non può e mai potrà dare soluzioni o direttive in questi campi!”. E infatti la scienza nella sua accezione più ampia ( vi faccio rientrare le discipline piu disparate, dove a variare non è la necessita della verifica ma solo il metodo alla base di questa, come storia, economia, sociologia, biologia…senza dimenticare che il concetto di interdisciplinarietá è oggi standard) spiega: a noi individuare grazie a prospettive ampliate eventuali nuove soluzioni da esperire, ovvero verificare. Quando qualcuno afferma “se solo di neuroni si trattasse” (peraltro straw man per eccessiva semplificazione) sarebbe riduzionistico, lo afferma in genere per due motivi 1) non prendiamo in considerazione una divinità, la cui conseguenza sarebbe un indefinito homunculus dentro di noi e in nessun altro vivente 2) diamo una spiegazione sgradita. La mera motivazione “che cosa brutta!” (difficile davvero capirne il motivo, se non relativamente all’autocompiacimento nel sentirsi centro dell’universo, tre urrà per Galileo) non è sufficiente per negare talune evidenze. Dal "mi piace" non segue necessariamente l’essere.
“i riduzionisti pensano che ogni cosa in natura si possa spiegare senza ganci appesi al cielo; i riduzionisti avidi pensano che si possa spiegare ogni cosa senza gru (…) il termine che più si sente nominare in queste controversie, tipicamente con valenza ingiuriosa, è riduzionismo. Quanti spasimano per un gancio appeso al cielo definiscono riduzionisti coloro che si accontentano volentieri di una gru (…) .tuttavia il termine riduzionismo non ha un significato preciso (…) nell’immagine predominante qualcuno sostiene che una scienza si riduce all’altra (…)” A pag. 101 dell’Idea pericolosa di Darwin, Bollati Boringhieri, Dennet spiega lo straw man sul riduzionismo. “(…) il problema è che ognuna di queste tesi ammette un’interpretazione blanda e un’interpretazione assurda: in base alla prima è possibile e desiderabile unificare la chimica e la fisica (…) persino scienze sociali e biologia. Non vi è scienziato sano di mente che contesti l’interpretazione blanda. In base all’interpretazione insensata il riduzionismo (…) sogna di scrivere un confronto tra Keats e Shelley dal punto di vista molecolare (…) quindi l’accusa di riduzionismo è troppo vaga per meritare una risposta. Se qualcuno vi dirà: ma questo è riduzionismo bello e buono! Farete bene a rispondere ‘è una rimostranza d’altri tempi, ormai fuori moda! Che diavolo avevi in mente!’ (…) Si tratta semplicemente dell’impegno nei confronti di una scienza che non faccia petizioni di principio e che non si renda responsabile di alcun genere di inganno accettando misteri o miracoli sin dal principio (…) ma nella loro bramosia di fare un affare (…) scienziati e filosofi sottovalutano spesso la complessità e cercano di saltare interi strati e livelli di teorie nella fretta di ancorare ogni cosa al fondamento in maniera salda e accurata, è questo il peccato del riduzionismo avido (…) la cultura è un insieme tanto potente di gru che i suoi effetti possono sopraffare in gran parte – ma non per intero – le pressioni e i processi genetici più antichi che l’hanno creata e che ancora coesistono con essa.”.
Consiglio vivamente l’acquisto di “Cosa è la Coscienza” (un vero spartiacque, illuminante), Editori Laterza, e “L’Idea pericolosa di Darwin”, Bollati Boringhieri, di Daniel C. Dennet, di cui condivido a linee generale tutte le tesi esposte, tranne una (si veda sul tema coscienza anche il Nr. 150 del Menu ) che mi sta molto a cuore (da un mio commento sul gruppo FL di Facebook) (***)
Ho rilevato anche un secondo tipo di straw man. E’ il caso di S. Gould (darwinista convinto, che peraltro assai stimo, per diversi importanti contributi nel campo evoluzionistico) che desidera attaccare un fantomatico adattamento pervasivo, reagendo assai male…ovvero emotivamente… alle osservazioni di Dennet ("cagnolino di Dawikins"). Riporto alcuni brani esemplificativi, tratti da “L’idea pericolosa di Darwin” (di Dennet), di cui consiglio vivamente l’acquisto:
“Gould caratterizza l’adazionismo come adattazionismo puro e panadattazionismo – in apparenza la concezione secondo cui ogni caratteristica di ogni organismo si deve spiegare come un adattamento selezionato. Nel suo libro…la filosofa della biologia Helena Cronin…coglie Gould in fallo: ‘Stephen Gould si chiede quale puo essere considerata la questione fondamentale della teoria dell’evoluzione e poi significativamente spiega per filo e per segno non una sola domanda ma due: In che misura la selezione naturale puo essere considerata l’unico agente dei cambiamenti evolutivi? Tutte le fattezze degli organismi debbono essere considerate adattative? Ma la selezione naturale potrebbe essere l’unico genitore degli adattamenti senza averne generato tutte le caratteristiche; si può credere che tutte le caratteristiche adattive siano conseguenza della selezione naturale, senza credere che tutte le caratteristiche siano, di fatto, adattive”
Dennet porta un bell’esempio: “si consideri la forma di adattazionismo panglossiano più estrema…secondo cui ogni cosa progettata è progettata in maniera ottimale…si immagini un capolavoro di ingegneria umana, una fabbrica perfetta…dal punto di vista energetico, produttiva al massimo…che riserva un trattamento umano ai suoi lavoratori…Il sistema di raccolta della carta straccia, per esempio, ….Ma aspettate…a cosa serve la cartastraccia? Non serve a nulla. E’ un sottoprodotto di altrie processi…Non si può dare una spiegazione adattazionistica del motivo per cui il sistema di eliminazione e riciclaggio è ottimale senza presupporre che la cartastraccia sia soltanto uno scarto! E’ ovvio che si puo proseguire a chiedere se un uso migliore del computre non consenta di eliminare il consumo di carta delle operazioni di ufficio, ma se si dà il caso che per una ragione o per l’altra le cose stiano altrimenti, vi sarà comunque carta straccia di cui occuparsi…quindi vi sarà sempre una gran quantità di caratteristiche NON progettate in un sistema progettato in maniera PERFETTA. NESSUN adattazionista potrebbe mai essere tanto pervasivo da negarlo…se mi sbaglio c’è qualche squinternato in giro, ma Gould non ne ha mai mostrato uno."
Dennet afferma inoltre quanto segue (ad esemplificazione delle mie affermazioni secondo le quali in realtà il riduzionismo non esiste, tutti prendono in considerazione tutto, soltanto gli accenti sono posti diversamente, su diversi aspetti, e se ne può discutere), riportanto le parole di Gould e Lewontin: "la loro concezione . Che siano o meno l’aspetto “più” interessante, sono senz’altro importanti, come si è visto…il dibattito non verte sulla loro esistenza ma sulla loro importanza”
Bellissimo poi il passo (pag. 354) in cui si mostra come Gould scopra l’acqua calda, ovvero che i preadattamenti progettati non siano difendibili…ovvietà per il darwinismo “ortodosso” (>non-rivoluzioni, in quanto evitare il panadattazionismo e l’esattamento è sempre stata procedura consueta dei darwinisti a partire dallo stesso Darwin.
Ma veniamo al punto fondamentale: “La sediziosa retorica che suggeriva che questi temi un poco negletti costituissero un’alternativa importante all’adattazionismo ha dato la stura a una gran quantità di pie illusioni da parte di coloro che, terrorizzati da Darwin, preferirebbero che NON esistessero spiegazioni adattazionistiche di nessun fenomeno di grande valore”. Né Gould né Lewontin hanno mai avallato la “necessità interna”, respingendola quale appello al misticismo, ma chi voleva farsi “abbagliare” si è fatto abbagliare.
(***)“Noto con stupore che neppure lui è disposto a scendere dal trono, e lo evinco da molti passaggi dei due libri che sto leggendo (mi si corregga se la mia interpretazione è errata per favore). Cominciando da “Cosa è la coscienza” pag. 499/500: innanzitutto viene fatto un paragone a mio parere insensato, tra animali e sordomuto: un sordomuto potrebbe essere (forse) considerato handicappato nei confronti di altro umano “normale”, ma un animale sordomuto (con altro tipo quindi di capacità percettive per l’elaborazione delle informazioni, magari una pianta) non può essere considerato handicappato nei confronti dell’uomo; un cane senza fiuto potrebbe essere considerato handicappato nei confronti di altro cane “normale” che non può essere a sua volta considerato superiore ad un ragno non in grado di seguire le tracce di una lepre). Qui continuano ad essere risolutive a mio parere sia le considerazioni del prof. M. Trainito che quelle iniziali del prof. Bertirotti (Menu del sito FL Nr 59). A pag. 501 si parte assai bene con la definizione del dolore (bellissimo) salvo trarne conseguenze a mio parere errate: anche un albero abbattuto ha visto distrutto il proprio piano vitale, non occorre essere cane o uomo o avere determinate caratteristiche di razionalità per sentire infranto il proprio progetto. Ed in questo senso ha pienamente ragione Tom Regan (Nr. 69 Menu FL, si veda anche l’etica interspecifica della Nussbaum) ritenendo che anche il dolore, nella sua accezione meno ampia, come punto di partenza per il riconoscimento etico, è considerazione antropocentrica (non lo è nell’accezione di cui sopra). Nell”idea pericolosa di Darwin” a pag. 469 trovo “(…) un abisso di dimensioni sufficienti per dar luogo anche ad una differenza etica (…)”: purtroppo non vi sono precisazioni ulteriori, e non mi meraviglia, terreno paludoso. Ma forse Dennet convive con una specie di dissonanza cognitiva da cui una sorta di altalena valutativa in quanto poco più avanti (bellissimo) afferma: “ma che importanza potrebbe avere che i desideri di una creatura siano frustrati se non sono desideri coscienti? La mia replica: perché dovrebbe importare di più nel caso di desideri coscienti – specialmente se la coscienza viene considerata una proprietà, come qualcuno pensa, che sfugge sempre all’indagine? Perché le speranze infrante di uno zombie dovrebbero essere meno importanti delle speranze infrante di una persona cosciente?...la coscienza dici è ciò che conta, ma poi ti aggrappi a dottrine sulla coscienza che ci impediscono sistematicamente di ottenere qualsiasi ragguaglio sul perché essa conta. Postulare speciali qualità interne che sono solo private e intrinsecamente preziose, ma anche non confermabili e non indagabili è solo oscurantismo”
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http://www.fallacyfiles.org/loadword.html