Pubblico questa acutissima analisi del prof. M. Trainito a piena delucidazione di quanto intenda C. S. Peirce (si veda la citazione iniziale della presentazione di questo sito) sul rischio della filosofia di divenire hobby per oziosi:
“Cacciari è uno degli ultimi giapponesi imboscati convinti che col gioco di prestigio pseudoheideggeriano delle etimologie si possa capire l'essenziale di un concetto o di un fenomeno. Quest'intervista, a tal proposito, è esemplare. Un delizioso, coltissimo conversare sull'amore che alla fine, malgrado le raffinate citazioni letterarie, filosofiche e linguistiche, riesce a non dire - come direbbe il grande filosofo Cetto - una beata minchia. Ora, pretendere da Cacciari almeno un rapido riferimento agli studi più recenti sull'amore dal punto di vista biologico ed evolutivo sarebbe troppo, però non sarebbe scortese esigere da lui di non prendere per i fondelli il prossimo (oltre che se stesso), per esempio con quella insensata insalata filologico-concettuale finale in cui il ben noto mito platonico del "Simposio" è messo a braccetto con il formulario francescano, che sarebbe come spalmare ketchup su un cornetto caldo”
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Da "Repubblica" dell'1 agosto 2012
CULTURA
PARLAMI D’AMORE/5.
FILOSOFIA
CACCIARI: “LA NOSTRA RICERCA
IMPOSSIBILE DELL’ARMONIA PERFETTA”
NADIA FUSINI
Il filosofo e l’amore. La filosofia e l’amore. Dalla storia delle passioni al rapporto tra eros e conoscenza, Massimo Cacciari (tra i suoi libri anche Ama il prossimo tuo, uscito per il Mulino e scritto con Enzo Bianchi) racconta le tante voci del discorso amoroso. Un dialogo, più che un’intervista.
“Non mi piacciono gli uomini” dice Amleto ai falsi amici Rosencrantz e Guildenstern. E quelli ridono come sospettando… “Neanche le donne” aggiunge. Eppure Amleto, se non ama, vuole però conoscere e non fa che chiedersi “che cos’è l’uomo?” Il filosofo è un uomo “erotico”? «È un uomo amante, senz’altro. Ma l’oggetto della sua passione non è il medesimo: se la filosofia promette sapere, amore che cosa promette? C’è chi dice: pace, fusione, un approdo felice. In sanscrito Rama è il dio dell’amore e ramati significa un luogo tranquillo, dove sia lieto il sostare. Eros e eremiapotrebberoavere un etimo comune… ».
Mi interessa la parola che hai appena detto: eremia, solitudine. Nel senso comune l’amore è il contrario, è l’uno più uno che fa due, è l’anima che trova la propria gemella… Ma prendi Proust, prendi l’amore di Marcel per Albertine: se l’amore è fusione con l’altro, estasi del possesso, allora Marcel non ha “amato” Albertine. O quel non-amore è proprio l’essenza dell’amore? «Direi di sì. Ma bisogna stare attenti: lo scacco della comunicazione, e dunque dell’amore, è uno scacco della conoscenza. Per tornare a eros e eremia, almeno in Occidente filosofia e eros sono sempre a-oikos, senza dimora. E proprio quando sembrano agire da difensori della casa, ne diventano i distruttori per eccellenza — poiché dalla casa pretendono l’impossibile: armonia perfetta, dedizione, gratuità, eternità. Non si dà eros che acquieti, come non si dà filosofia che pervenga al sapere assoluto. Ma come la filosofia è sapere che ama il proprio cercare, così eros ama soprattutto ciò di cui manca, e che teme di poter mai possedere. I maestri francescani affermavano – in polemica anche con Tommaso – che l’amor Dei quaggiù è più perfetto di quello delle animebeate e degli angeli…». Proviamo a distinguere tra le voci e i volti dell’amore: eros, amicizia, carità… Significano forse lo stesso? «Assolutamente no – anzi, tra loro è guerra. Per questo amore fa male. Mente e corpo vorrebbero fonderli in uno – vorrebbero che eros non contraddicesse amicizia – che carità contenesse in sé fino in fondo ogni forma del toccare e godere – che ogni senso e sensazione fossero divini… Quest’idea amiamo in ogni atto d’amore. Ma è un’idea – e ne patiamo l’irrealtà. Anche se per questo l’amiamo ancora dipiù».
Vuoi dire che l’amore è anche una capacità di sentire? «Sì, una capacità…». E anche una forma del pensare? «Nessuna sensazione è altrettanto immediatamente connessa all’esser- pensata quanto il semplice credere di “provare amore”. Naturalmente, per gli animali dotati di logos anche provare sete o fame è da subito pensare la sete e la fame. Ma “sentire amore” lo è ancora di più e in modo diverso: non si accompagna alla domanda “come fare a soddisfarlo”, bensì a quella, metafisicamente contraria, riguardo al nome proprio di chi abbiamo incontrato, e perché quel nome, che ancora ignoriamo, arrivi a mutareil nostro…». L’amore sarebbe un modo di stare in presenza di un altro di per sé inconoscibile, e tale esperienza in sé ci trasforma? «In amore il mutamento è trasformazione della mente, metanoia indistricabilmente connessa alla nostra dimensione di corpo vivente, al nostro pathein, alle nostre viscere…». E dunque se la capacità di sentire è una forma del pensare, allora il pensare e l’amare e l’essere vivi sono tutt’uno. È questo che vuoi dire? «È questo che dobbiamopensare. Quando il pensare è interrogarsi su tutto ciò, pensiero e essere-vivo si stringono in un abbraccio non scioglibile, che è anche un dilemma inscritto del resto nella nostra lingua, dove se torniamo agli etimi essere nati, divenire, crescere significano sentire, accorgersi, sapere ». Allora questo accade in amore: pathos e logos dismettono ogni astratta separatezza… «Ma non certo per produrre il balsamo della conciliazione, anzi al contrario in questo caso ne sortisce una forma di spaesamento, e insorge polemos. In altri termini, il logos inquieto non cessa di chiedere il nome proprio dell’amato, mentre il pathos si tormenta nell’impossibilità del suo stesso domandare ».
Perché amore non vuole universalità, astrazione; impone al contrario la verità dell’esserci singolo. La singolarità è il grande tema dell’amore: perché questo-qui? E dalla logica dell’universale entriamo nella logica dell’uno per uno… «Esatto. La nostra questione è che non c’è discorso che possa declinare questa singolarità. La poesia soltanto, forse, aiuta a trovarne traccia nel linguaggio. Per questo la filosofia dell’amore sembra così spesso non avere altra risorsa che citare i poeti… ». I quali insegnano che l’amore non riguarda mai soltanto i due amanti. L’incontro tra i due si affolla di altre presenze e fantasmi… «Entrambi cercano nell’altro l’Altro, vogliono conoscerlo, saperlo. Entrambi si rivolgono a “ciò” che eccede la loro stessa capacità di sentire-e-pensare. Il Terzo è l’essenziale: è “ciò” che unisce, che aggioga gli amanti impedendo ogni henosis… ». E cioè l’unione stessa, l’idea stessa dell’unità. Come se questa inevitabilmente si traducesse in morta identità. Penso a come il tema dell’incomunicabilità radicale della persona si presenta alla letteratura moderna, al cinema, quasi fosse l’ostacolo fondamentale contro il quale urta lo slancio della “fraternità universale”. Il pathos del Socialismo, dice da qualche parte il filosofo Levinas, si infrange contro l’eterna Bastiglia del fatto che ognuno di noi resta prigioniero di se stesso. La disperazione dellacomunicazione impossibile segna il limite di ogni pietà, di ogni amore. E anche di ogni idealismo collettivo, politico. «Vale in tutti i casi lo stesso esito: se l’Altro non viene sentito- saputo, l’amore si esaurisce nel più vuoto fra-intendersi, in una “conversazione” da teatro dell’assurdo. La verità è che quando si inizia a “sapere” di amare, avviene sempre una anamnesi – si risveglia prepotente il ricordo di ciò cui non potremo mai dare nome». Il ricordo, dici. Dunque, l’amore è rivolto al passato, è memoria? Forse io amo quest’uomo quiperché sul suo volto, nei suoi modi ritrovo un tratto che mi ricorda il padre? e tu in questa donna un gesto in cui rinasce la madre, la sorella? «Che l’amore abbia rapporto con un passato immemoriale, lo rivelano le sue parole, tese verso l’ultima radice, che rimane inattingibile. E una volta scesi agli inferi, non è facile “tornare a riveder le stelle”. Ma a te do-mando: sei certa che esista amore paterno? In tutti gli idiomi indo-europei, e anche in quelli semitici, domina la relazione pater-potens. E una simile relazione è incompatibile con l’atto d’amore. La gratuità, l’arrischio, la capacità di donare ritirandosi, di lasciar-essere senza nulla esigere, di non giudicare, se mai esistono, esistono nella donna soltanto». Interessante: io ho in me l’immagine rovesciata di un padre materno, niente affatto potente, ma semmai gaudente, giocoso. Mentre la madre è esigente, severa, lei sì potente. Voglio dire che certe qualità e carismi possono circolare al di là della differenza dei sessi. « Materno è Francesco, e perciò inseparabile da Chiara. Significato essenziale dell’icona della Madonna col Bimbo quando questi abbia già il volto del Crocefisso, o addirittura del Deposto. Im- potenza trionfante – destituzione fin dalla fondazione del mondo di ogni logicae linguaggio del potere». Mi viene da dire: ecco, il “vero” amore. Ma c’è un ultimo volto d’Amore di cui vorrei ragionare con te, quello “creativo”. Scrittori, artisti, poeti conoscono la particolare fecondità della creazione e ne parlano come di una vera e propria gioia. La gioia del fare, creare, produrre. L’amore della propria opera come della propria creatura. Un amore materno, come quello che hai appena nominato, di Francesco. Si può provare quell’amore verso il mondo? Ricordi Hannah Arendt, il suo amor mundi? Tu uomo filosofo e politico lo provi quell’amore lì? È amore del mondo la politica? «Più che di amor mundi, parlerei di riflessione sulla vita. Questo è la filosofia. Certo, immanente alla vita stessa è la passione politica, passione che intendo alla Spinoza come una passione calda, appunto vitale. Non libido di potere sull’altro, volontà di trionfo, ma comune interesse a prendere parte l’un l’altro alla medesima povertà. Non dimenticare che è dal grembo di Penia, di sorella Povertà, che nasce Amore».