( in fase di elaborazione)
Tempo addietro mi avventurai in una querelle con uno dei tanti gruppi di filosofia online: in questo gli amministratori avevano deciso di far passare i contributi dei membri attraverso il proprio imprimatur prima della pubblicazione sul social network,, la qual cosa a mio avviso faceva venir meno il carattere intrinsecamente democratico e trasparente di quella che dovrebbe essere una comunitá e non una gestione piramidale del pensiero. Soprattutto in rete. Dopo giustificazioni di vario genere, a dimostrazione dell’assenza di intenti censori, mi fu proposto di pubblicare una riflessione. E ne risultó qualcosa di estremamente interessante, sia dal punto di vista logico che nel senso descritto da Peirce nella presentazione di questo sito (primo capoverso). La mia brevissima riflessione si articolò nel seguente modo:
Tempo addietro mi avventurai in una querelle con uno dei tanti gruppi di filosofia online: in questo gli amministratori avevano deciso di far passare i contributi dei membri attraverso il proprio imprimatur prima della pubblicazione sul social network,, la qual cosa a mio avviso faceva venir meno il carattere intrinsecamente democratico e trasparente di quella che dovrebbe essere una comunitá e non una gestione piramidale del pensiero. Soprattutto in rete. Dopo giustificazioni di vario genere, a dimostrazione dell’assenza di intenti censori, mi fu proposto di pubblicare una riflessione. E ne risultó qualcosa di estremamente interessante, sia dal punto di vista logico che nel senso descritto da Peirce nella presentazione di questo sito (primo capoverso). La mia brevissima riflessione si articolò nel seguente modo:
“Qualunque filosofo contemporaneo, che desideri fornire risposte su uomo Dio e mondo, non si confronti con Darwin e i suoi successori, con le moderne scienze cognitive e l’etologia cognitiva, le neuroscienze e la neurobiologia vegetale, la fisica e molto altro ancora, è solo un cantastorie”.
Il primo “violento” attacco è stato di carattere generale e generalizzante, un accostamento alle degenerazioni del positivismo nel quale si intendeva forzare la mia posizione. Replicai citando lo stratagemma di Schopenhauer Nr. 32 (***). Si entró quindi nel dettaglio sino a voler definire la nozione di verità, da me prontamente fornita nella accezione IBE, contestata in vario modo, senza che gli interlocutori fornissero a loro volta la propria. Nel mezzo, molte citazioni, talune tratte 1:1 da wikipedia a confutazione del processo abduttivo, evidentemente poco noto se non del tutto sconosciuto. Siccome nella discussione si era creato uno stallo, e ci tenevo alla reciproca comprensione, proposi un gioco, al fine di verificare come ciascuno di noi giunga alle proprie verità, non sapendo neppure io dove il gioco avrebbe condotto.
La proposta fu la seguente: ciascuno avrebbe dovuto citare una propria verità e sarebbe stato tenuto a rispondere alle domande degli interlocutori riguardo alla genesi di essa. Da parte mia proposi : “l’altruismo è una necessità in termini evolutivi”. Dopo vari tentennamenti e tergiversamenti (era evidente l’intento di sottrarsi al gioco che avrebbe dovuto mettere al microscopio il fissarsi delle nostre credenze) mi fu posta la prima domanda/contestazione, cui risposi con un fiume di parole. Intellettualmente assai “eccitante” la sfida, in quanto volutamente avevo proposto una verità non “matematica”, laddove si trattava di accertarne il grado di probabilità. La verità altrui tardó a venire, e quando ne venne una, suonó in questo modo: “ogni proposizione vera svela una modalità dell’essere e ne vela un’altra”. Un voluto e abile salto di categoria in quanto in questo modo veniva espresso un fondamento o presupposto della verità, pur volendo essere verità essa stessa (per quanto discutibile: "io mi chiamo Silvia Molé" é vera o falsa? E si é compresa la differenza tra validitá e veritá di una proposizione? ) un salto logico che si rende evidente anche nel momento in cui si pone il quesito su quale modalità dell’essere viene svelata e quale velata attraverso tale proposizione. Contestai immediatamente lo strisciante intento di sottrarsi al gioco, al fine di non approdare a concetti “reali” da analizzare nella loro genesi, laddove l’altruismo rappresenta uno dei piú importanti fenomeni della riflessione etica e filosofica di tutti i tempi. La discussione si è conclusa con diversi ad hominem nei miei confronti, trasferiti anche in una discussione parallela vertente sul significato della filosofia (riassumendo in modo piú sobrio, la sottoscritta non sarebbe stata in grado di comprendere la complessità della riflessione ontologica) e sulle sue finalitá (guai a proporre che essa debba anche contribuire al miglioramento del mondo in cui viviamo).
La proposta fu la seguente: ciascuno avrebbe dovuto citare una propria verità e sarebbe stato tenuto a rispondere alle domande degli interlocutori riguardo alla genesi di essa. Da parte mia proposi : “l’altruismo è una necessità in termini evolutivi”. Dopo vari tentennamenti e tergiversamenti (era evidente l’intento di sottrarsi al gioco che avrebbe dovuto mettere al microscopio il fissarsi delle nostre credenze) mi fu posta la prima domanda/contestazione, cui risposi con un fiume di parole. Intellettualmente assai “eccitante” la sfida, in quanto volutamente avevo proposto una verità non “matematica”, laddove si trattava di accertarne il grado di probabilità. La verità altrui tardó a venire, e quando ne venne una, suonó in questo modo: “ogni proposizione vera svela una modalità dell’essere e ne vela un’altra”. Un voluto e abile salto di categoria in quanto in questo modo veniva espresso un fondamento o presupposto della verità, pur volendo essere verità essa stessa (per quanto discutibile: "io mi chiamo Silvia Molé" é vera o falsa? E si é compresa la differenza tra validitá e veritá di una proposizione? ) un salto logico che si rende evidente anche nel momento in cui si pone il quesito su quale modalità dell’essere viene svelata e quale velata attraverso tale proposizione. Contestai immediatamente lo strisciante intento di sottrarsi al gioco, al fine di non approdare a concetti “reali” da analizzare nella loro genesi, laddove l’altruismo rappresenta uno dei piú importanti fenomeni della riflessione etica e filosofica di tutti i tempi. La discussione si è conclusa con diversi ad hominem nei miei confronti, trasferiti anche in una discussione parallela vertente sul significato della filosofia (riassumendo in modo piú sobrio, la sottoscritta non sarebbe stata in grado di comprendere la complessità della riflessione ontologica) e sulle sue finalitá (guai a proporre che essa debba anche contribuire al miglioramento del mondo in cui viviamo).
Ad un enunciato reale non si è approdati, pur riconoscendone l’importanza, forse nella convinzione che un enunciato “ reale” consista nel pronunciare “enunciato reale” .
(***)"un modo spiccio per accantonare, o almeno rendere sospetta, una affermazione a noi contraria dell'avversario, è quello di ricondurla a una categoria odiata, anche se la relazione è solo di vaga somiglianza o è tirata per i capelli; per esempio: questo è manicheismo; questo è arianesimo; questo è pelagianesimo; questo è idealismo; questo è spinozismo; questo è panteismo; questo è brownianismo; questo è naturalismo; questo è ateismo; questo è razionalismo; questo è spiritualismo; questo è misticismo; e così via. Con ciò supponiamo due cose 1) che quella affermazione è effettivamente identica a quella categoria, o che almeno è contenuta in essa, ed esclamiamo dunque: "oh! questa non è affatto nuova!" 2) che questa categoria è già stata del tutto confutata e non può contenere una sola parola di vero"