11. L' OPINIONISTA
La scappatoia (pseudo)- "relativista" : “Beh, questa è solo la tua opinione”. Essa può interrompere e sabotare una catena logica. Un’altra frase comune è “ognuno ha la propria opinione” – come se ogni opinione avesse lo stesso peso probatorio.
La verità spesso non è il fine dell'indagine. Il fine dell'indagine, quand’anche non sia quello di mentire o ingannare, è raccontare una storia, semplicemente intrattenere. Specchio di questo atteggiamento è il trionfo della figura dell'opinionista: anneghiamo in una quantità di pareri e idee senza una bussola in grado di orientarci correttamente verso i fatti. E mentre l'opinionismo è spacciato come simbolo della libertà di parola e della democratica espressione dei propri giudizi, in realtà eleva il parere a verità , laddove per parere intendo nel caso specifico qualsiasi asserto che non necessiti di essere argomentato nè logicamente nè sulla base di fatti e soprattutto non necessiti di essere sottoposto a seria verifica tra le parti.
E a questo punto è oltremodo necessaria anche la definizione di VERITA', che esiste eccome, e che io intendo, abduttivamente, come la spiegazione di volta in volta migliore sulla base dei dati a nostra disposizione, sempre aggiornabile e revidibile al comparire di nuovi. Ma soprattutto sempre sottoposta a verifica: in quanto verifiche, test, sperimentazioni non sono certo dominio esclusivo delle scienze cosiddette esatte ma di ogni campo dello scibile umano, laddove a variare è solo il metodo della verifica, ma non la necessità di questa.
Dal gruppo “Illumanesimo”, Meditando con Andrea:
“La verità e il consenso politico. Quello del giudizio personale elevato a verità è sempre stato un problema della politica ( ma quanto è inevitabile?). Il politico, che per natura dovrebbe essere ( ma quando mai!) semplicemente l’espressione dei cittadini, diventa il creatore di verità superficiali più basate sulle proprie convinzioni, sempre poco fondate su dati oggettivi e molto su credenze personali, e idee mediocri, che su conoscenze specifiche ed approfondite. Questo si è ampliato molto con la politica del Leader, con i capibastone carismatici in grado di catalizzare su di sè il consenso indipendentemente dalle competenze reali. Il partito di vecchia concezione poteva, teoricamente, compensare alle mancanze dei più con la pluralità e i gruppi di lavoro specifici ( ma anche questo si era drammaticamente deteriorato con la politica del consenso degli ultimi tempi ).
Se oggi volessimo ipotizzare una politica futura basandoci su questo aspetto dovremmo gettare sconsolatamente la spugna. Io voglio invece essere ottimista e vedere il classico bicchiere mezzo pieno andando a spingere lo sguardo la dove il futuro è già presente: nei giovani. Vedo in loro molta voglia di riportare nella politica il concetto di competenza, e vedo riaffiorare il concetto di gruppo a discapito di quello del Leader ( capisco che parlare di questo oggi può sembrare un paradosso ma forse non lo è ). Se la politica riuscirà a scrollarsi di dosso il problema del consenso nel futuro vedo molti spiragli per far affermare sempre di più la competenza e meno le opinioni di questo o quel “IO” che spara verità assolutamente astruse da conoscenze reali dei problemi in discussione.
In questo spiraglio intravedo anche un concetto affine a quello illumanista specialmente quando tenta di riportare la polis più vicina al concetto di espressione di quella che è la reale e fondata conoscenza di un determinato momento storico allontanandola da quello di polis intesa come semplice espressione di una media teorica la quale, di solito, tradisce persino i successi di conoscenza raggiunti dal progresso dell’uomo pur di raccogliere il consenso invece di partire da quelli per cercare di superarli e ampliarli in favore di tutti. Il male quindi è, credo, la necessità del consenso che diventa il faro di ogni azione. Un sistema dove questa necessità sia emarginata la politica potrà diventare il luogo dove le conoscenze reali sono le verità da cui partire per organizzare, senza l’assillo della ricerca del consenso, il bene comune”
Riporto qui anche un bellissimo spunto sul tema di Seralisa Carbone, tratto dal seguente sito:
http://www.film.it/televisione/notizie/molto-opinionismo-per-nulla
"Al principio, fu Costanzo. Suo il merito di aver contribuito a creare il mediatico neologismo, sua l’idea di trasformare un vago parere in pregevole perizia formato vip: fu proprio il Costanzo Show a legittimare una nuova leva di generici del pensiero catodico, comunemente nota al pubblico televisivo come “opinionisti”. Mestiere dell’improvvisazione, l’opinionismo nacque proprio dall’autorità che la tv concesse all’ipotesi qualunque, al “nulla” precotto e somministrato da una confortevole seduta che, dallo storico studio del MCS, approdò sui gradini della De Filippi per esplodere furiosamente con reality e trasmissioni di approfondimento tematico.
Ogni spettatore sa di essere un potenziale testimone di quanto accade in tv e, poiché dell’evento mediatico –un po’ come col maiale- non si butta via nulla, l’idea di far confluire questo processo di immedesimazione in una tipologia che convalidasse il “parere”, promuovendolo a professione, sedusse non poco. Dalla genesi in poi, folte schiere di sconosciuti si accomodarono ad impartirci la loro sui fatti del cosmo televisivo, sino ad arrivare ai nostri giorni: Selvaggia Lucarelli e Raffaello Tonon (foto) dimostrano concretamente come la tv trasformi persone sbucate dal nulla -ma dotate di un corretto uso della grammatica italiana- in veri e propri vippastri all’ultimo grido, cosa d’altronde certificata dal reclutamento all’interno de La Fattoria che ne determina lo step successivo.
Il più attento pubblico della tv commenta che saremmo tutti bravi a svolgere una simile attività, specialmente in forza del fatto che, proprio come il dente del giudizio, anche l’opinionista è privo di radice: non esiste qualifica critica che attesti l’abilitazione al pensiero espresso in tal sede. Specialisti della mera supposizione, gli opinionisti potrebbero tuttavia essere suscettibili di separazione in due distinte categorie: quella degli “intellettualmente onesti”, che cavalcano l’onda della notorietà senza fregiarsi di essere consegnatari di raffinate teorie o sofisticati idealismi –a cui gli stessi Lucarelli e Tonon sembrano appartenere-, e quelli che, un po’ come Paolo Del Debbio, rivestono di intellettualismo il corpo esangue del luogo comune.
L’opinionista di Secondo voi, infarcisce di superflue arringhe al sapore scaduto quella terra di nessuno tra Tg5 e Beautiful: un insipido antipasto all’ora delle soap, che non aggiunge nulla ai molti già sfruttati temi di pubblico interesse, da Del Debbio trattati con un semplicismo spesso demotivante per lo spettatore, ormai cosciente della differenza che un buon dibattito televisivo dovrebbe fare. Il pensiero vola ironico allo Gnocchi di Quelli che il calcio, acuto parodista di un Del Debbio ritratto con la finta libreria messa in spalla a mo’ di zaino: la stessa che, alle 13,35, fa da sfondo ai suoi grandi temi del giorno, mentre noi, storditi da tanto opinionismo per nulla, tentiamo invano di goderci i pochi residui di un’indigesta pausa pranzo"