Sull’indissolubilità del matrimonio e sulle false dicotomie
Esiste forse qualcuno che non abbia letto l’Arte di Amare di Erich Fromm? Ne dubito, eppure pare che questo libro non sia mai esistito. Molti cattolici sono oggetto di scherno e derisione allorquando parlano dell’indissolubilità del matrimonio (senza contare che a suo tempo si trattò a mio avviso di uno straordinario atto di femminismo da parte del Cristo, poichè soltanto ai mariti era concesso ripudiare le mogli e non viceversa). I cattolici errano non nell’enunciazione del principio generale ma nel non distinguere tra reato e peccato, vale a dire nel voler imporre e regolare a suon di leggi, oppure sventolando orride prospettive ultraterrene a mò di deterrente, delle relazioni umane, che per quanto importanti nel contesto della società in generale, devono pur sempre appartenere al regno del libero arbitrio. Errano anche nel non voler prendere in considerazione, talora, modelli alternativi, sono però nel giusto nel pretendere prove che i nuovi modelli siano perlomeno altrettanto validi, nel senso di collante umano, individuale e sociale.
Comincio con il riportare un brano che evidenzia una scottante falsa dicotomia:
(…) La gente ritiene che amare sia semplice, ma che trovare il vero soggetto da amare, o dal quale essere amati, sia difficile. Un atteggiamento questo determinato da molte ragioni legate allo sviluppo della società moderna. Una di queste è il grande cambiamento avvenuto nel ventesimo secolo riguardo la scelta dell’oggetto del proprio amore. Nell’epoca vittoriana come in molte epoche tradizionaliste l’amore non era una esperienza personale che potesse condurre al matrimonio. Al contrario, il matrimonio veniva contratto per convenienza, o dalle rispettive famiglie, o da intermediari, veniva concluso sulla base di considerazioni sociali, ed era opinione comune che il sentimento sarebbe nato in seguito. Nelle ultime generazioni, il concetto dell’amore romantico si è diffuso nel mondo occidentale. Negli Stati Uniti, sebbene considerazioni di natura convenzionale non siano del tutto assenti, la maggior parte e della gente è alla ricerca dell’amore romantico, dell’esperienza personale dell’amore che dovrebbe condurre al matrimonio. Questo nuovo concetto di libertà in amore deve avere largamente contribuito ad aumentare l’importanza dell’oggetto contro l’ìmportanza della funzione (…)
(…) L’amore erotico (ndr. distinto da amore fraterno et cetera) , per essere vero amore, richiede una condizione: che io ami dall’essenza del mio essere, e senta l’altra persona nell’essenza del suo essere. Nell’essenza, tutti gli esseri umani sono identici. Siamo tutti parte di UNO; siamo UNO. Partendo da questo principio non ha importanza chi amiamo. L’amore dovrebbe essere essenzialmente un atto di volontà, di decisione di unire la propria vita a quella di un’altra persona. Questo è, in verità, ciò che di razionale vi è dietro il concetto dell’indissolubilità del matrimonio, come è dietro molti matrimoni tradizionali, in cui i due sposi non si scelgono tra loro, ma vengono scelti l’uno per l’altro, e che tuttavia ci si aspetta che si amino. Nella civiltà occidentale moderna questo concetto appare falso, nel suo insieme. L’amore dovrebbe essere una reazione emotiva, spontanea, un sentirsi improvvisamente uniti da un sentimento irresistibile. Sotto questo aspetto, si vedono solo le caratteristiche dei due esseri coinvolti (…) si trascura un fattore fondamentale, nell’amore erotico: quello di VOLERE. Amare qualcuno non è solo un forte sentimento, è una scelta, una promessa , un impegno. Se l’amore fosse solo una sensazione, non vi si sarebbero i presupposti per un amore duraturo. Una sensazione che viene e va. Come posso sapere che durerà sempre, se non sono cosciente e responsabile della mia scelta? Tenendo conto di questi elementi si arriva alla conclusione che l’amore è essenzialmente un atto di volontà, che di conseguenza non importa chi ne sia l’oggetto (…)
“Entrambi i punti di vista, perciò, sia quello dell’amore erotico inteso come attrazione strettamente individuale tra due persone, sia quello dell’amore erotico considerato come un atto di volontà sono fondati, o meglio la verità non è né questa né quella. Di conseguenza, il concetto di un rapporto che si possa facilmente troncare se fallisce, è altrettanto errato del concetto che tale rapporto non possa mai essere troncato”.
Alcune considerazioni. Come ben evidenziato da FROMM si è passati da un concetto prevalente di “volontà” (con tutta la sua fondatezza) ad un concetto prevalente di “feeling” o “stato contingente” (con una a mio avviso parziale fondatezza: una frase tipica” non abbiamo piu gli stessi interessi” (?!) oppure “non ti amo più” (la frase più stupida di tutta la storia dell’umanità, mi vanto di non averla mai pronunciata). Se è oggi chiaro, nonostante le premesse storiche, che non si possano imporre matrimoni a chicchessia, ed è chiaramente un bene (ovviamente sarebbe auspicabile una sintesi), è’ anche chiaro che stiamo vivendo una fase di schizofrenia acuta dove il concetto di volontà e di funzione non trova posto sufficiente. Questo si riflette nella maggior parte dei media, cinema, letteratura, pseudopsicologia, sessualità come valore assoluto. Laddove le religioni su questi temi non godono di ascolto sufficiente ahime per il fatto di scegliere talora altri cavalli di battaglia, assai discutibili e atti a gettare discredito sull’intero impianto dottrinario (quant’è difficile cogliere il “buono e il cattivo” di ciacuna cosa!). A voi dirmi quale filosofo contemporaneo nel settore meglio si esprima e perché.
Con quanto detto non desidero sostenere che non esistano modelli alternativi al matrimonio tradizionale (valido ovviamente, seguendo il medesimo principio, anche tra omosessuali) o al divorzio contemporaneo….ma che ogni modello, per essere accettato,dovrebbe essere valido almeno quanto quello che intende oltrepassare. Il futuro potrebbe anche essere single, perché no, comunità, potrebbe essere moltissime cose; ma ragioniamoci su, dovremmo essere noi ad incanalare i venti senza farci sbattere da essi qua e là, secondo il motto dello Sport Bar “i tempi cambiano, i tempi sono cambiati”. Il fine? Forse stare bene con noi stessi e gli altri, non dimenticando che portiamo una grande respondabiità per lo sviluppo psicofisico dei figli che mettiamo al mondo e che ogni nostra azione si ripercuote inevitabilmente sul mondo circostante. Knowledge as Duty. Vale anche per l’economia, ma fermiamoci qua.