232. La responsabilità dell'ingannato

La responsabilità della persona ingannata

(di Simone Dietz, l’Arte di Mentire, Mimesis, pag. 109-110)



“Tra menzogna e violenza ci sono senza dubbio molti paralleli, ma anche evidenti differenze. In entrambi i casi l’inammissibilità morale dipende dalla violazione della libertà altrui. Mentre il mezzo della violenza attenta alla libertà di azione dell’altro, il mezzo della menzogna attenta già alla libertà di volere e al libero arbitrio di chi la subisce e deve essere impiegato senza che l’altro se ne accorga (…).

Per le sue azioni compiute sotto costrizione non è però responsabile come se avesse agito in piena libertà. E’ anzi da mettere in dubbio che si possa parlare di azione per chi agisce sotto costrizione fisica. Vale lo stesso anche per chi è ingannato? La responsabilità per ciò che questi crede sarebbe da attribuire  a chi glielo fa credere? Per quanto sia vero che molte menzogne sono difficili da cogliere come tali, una persona che sia stata ingannata non può senz’altro essere equiparata a una persona non responsabile perché sottoposta a costrizione fisica. Siamo sempre responsabili per nostre convinzioni e per ciò che riteniamo vero, anche se siamo condizionati da una menzogna. In definitiva siamo noi a decidere se credere o no a qualcuno.

Già la mera possibilità che gli altri possano sbagliarsi rende necessario non credere ciecamente a quanto ci viene detto; occorre invece che controlliamo la plausibilità delle asserzioni altrui e la competenza di chi le avanza, prima di poter esprimere un giudizio al riguardo. Questo esame della credibilità prevede anche che ci si chieda in che misura l’altro nel caso in questione dica la verità o se abbia qualche interesse a nasconderla asserendo qualcosa di falso. La questione della responsabilità di chi è ingannato non è identica alla questione della colpa morale (….) Nella misura in cui non c’è alcun obbligo di credere a ciò che qualcuno ci racconta, la menzogna non può essere ritenuta una sorta di costrizione psicologica subita da chi viene ingannato. Questo sarebbe semmai il caso qualora gli interessati avessero sottoscritto un contratto o preso un impegno che li obbliga a comportarsi in buona fede. Il tal caso il contratto o la promessa renderebbero chi è ingannato almeno in parte inerme, proprio perché hanno lo scopo di liberare dalla fatica legata all’esigenza di esercitare un controllo continuo e generalizzato. La responsabilità di chi è ingannato si riferisce qui non tanto all’aver creduto in singole affermazioni dell’altro quanto piuttosto al fatto di aver avuto un rapporto di fiducia con qualcuno che non ne era degno (….)

La pretesa incondizionata di poter credere ciecamente a quanto ci dicono gli altri equivarrebbe a rinunciare spontaneamente alla propria autonomia di giudizio. Non esiste alcun diritto incondizionato alla veridicità degli altri in quanto di diritto alla creduloneria. Esiste invece, ed è legittimo, un diritto morale a non essere feriti, danneggiati o ostacolati dagli altri nell’esercizio della propria autodeterminazione razionale. In questo senso esiste un legittimo diritto morale a non essere ingannati. Ma questo diritto morale non ci solleva dalla responsabilità dell nostre azioni, non ci sgrava dal fardello di dover fare i conti con la possibilità che gli altri agiscano spinti da egoistmo o cattiveria (….)

chi ritiene che l’esibizionismo dei politici abbia oltrepassato ogni limite non dovrebbe limitarsi all’indignazione morale, ma impegnarsi perché la partecipazione dei cittadini alla politica non si riduca esclusivamente a dare il proprio voto a partiti ma riguardi anche concrete iniziative referendarie” (ndr. in linea generale maggiore associazionismo al di fuori dei partiti tradizionali per concrete iniziative di tipo magari trasversale).