tratto dalla rivista ASINUS NOVUS
di Syl Kocieda
(Traduzione di Silvia Molé)
C’è un gruppo di attivisti per i diritti animali che sta cercando di confondere le cose, compiendo tre passi indietro e trascinando veganismo e diritti animali a un minimo storico. Hanno recentemente stilato un manifesto dal titolo “Prima i non-umani”. La loro missione? I vegani devono mettere gli animali al primo posto: a quanto pare siamo ripiombati nel medioevo dell’attivismo, durante il quale supponevamo che esso fosse un gioco a somma zero. Inoltre, ci imbattiamo qui in qualcosa che riguarda le priorità, dal momento che alcuni gruppi devono essere “al primo posto” o “non al primo posto” o qualcosa di simile affinché un movimento possa raggiungere un qualsivoglia obiettivo.
Un rappresentante del gruppo (che chiamerò NHFirst) vuole che facciamo nostra la mentalità monotematica che caratterizzava i primi sforzi dei movimenti per la liberazione delle donne, per i diritti civili, ecc. come prova che un approccio intersettoriale non sia necessario. Per esempio, NHFirst fa presente come MLK Jr. fosse un “sessista” e un “omofobo” e che mentre “è bello essere contro ogni ingiustizia, in realtà le persone sono complesse e hanno opinioni diverse”. Chi avrebbe mai detto che essere un sessista o un omofobo è semplicemente un segno della complessità del carattere?!
È significativo che NHFirst sia disposto a trattare con, e ad accettare, i caratteri “complessi” di razzisti, sessisti e omofobi, ma non sia disposto a trattare con, e ad accettare, gli specisti. Questa posizione fa eco alla ridicola posizione parallela che continuo a riscontrare nel movimento per i diritti animali e che si articola così: se noi accettiamo tutti, non importa quanto agghiaccianti siano costoro, avremo più gente “a difesa degli animali”. Sembra non ci si renda conto conto che con il passare del tempo perderemo membri del movimento, in quanto donne, persone di colore, omosessuali, disabili, ecc. se ne terranno ben alla larga. Se siamo tutti in un movimento, dobbiamo lavorare insieme e questo non accadrà se il movimento è pieno di persone che hanno atteggiamenti o mentalità motivanti comportamenti particolari verso particolari persone contro cui essi indirizzano tali atteggiamenti.
Inoltre, si continua a trascurare il fatto che la mancanza di intersezionalità che affliggeva (e continua ad affliggere) molti movimenti passati (e attuali) rappresenta il preciso motivo per cui ci troviamo ancora ad affrontare esattamente gli stessi problemi che quei movimenti cercavano (e cercano) di risolvere. Corey Lee Wrenn ha già fatto notare che l’approccio di NHFirst non contempla quello che io chiamo l’ ‘olismo pernicioso’ esistente tra specismo, sessismo, razzismo, ecocidio, ecc, e quindi non può cominciare a smantellare la nostra dipendenza e il conseguente sfruttamento degli animali. In altre parole, se noi individuiamo correttamente le profonde radici del problema, e cioè che lo sfruttamento degli animali è sistemico ed è un elemento cruciale dell’olismo pernicioso, ma rifiutiamo di affrontare detto problema – ovvero il sistema stesso dell’olismo pernicioso – ebbene, non stiamo facendo assolutamente nulla per affrontare il problema dello sfruttamento degli animali. Tutte le parole di NHFirst sono fondamentalmente aria fritta.
Per principio di carità, ho inizialmente supposto che NHFirst avesse buone intenzioni e si fosse semplicemente preso un terribile abbaglio. Dopo tutto, ad un certo punto, molti dei miei compagni vegan erano assai focalizzati sugli animali e non avevano mai pensato di incorporare nel loro attivismo per gli animali anche quello per i diritti umani. NHFirst, d’altra parte, va esplicitamente al di là del loro modo di parlare della loro consapevolezza delle (giornaliere) violazioni dei diritti umani e delle sofferenze umane solo per rimarcare che queste dovrebbero rimanere sostanzialmente distinte dalla gamma delle nostre preoccupazioni di attivisti vegan. Lo sfruttamento degli animali è una situazione di emergenza, mentre lo sfruttamento umano… beh, solo qualcosa che dovrebbe riguardare le persone di colore e le donne, perché PRIMA I NON-UMANI.
Non credo che la menzione delle donne e delle persone di colore sia del tutto casuale riguardo all’insistenza di NHFirst nel minimizzare la portata della sofferenza umana. In realtà, credo che sia proprio perché gli esseri umani sfruttati sono generalmente non-bianchi e/o donne che NHFirst pensa che sia una gran bella cosa far finta che la sofferenza umana non abbia niente a che fare con tutto ciò o che non possa essere affrontata insieme alla sofferenza degli animali. Sappiamo tutti che se si dovesse verificare un olocausto a colpire in modo sproporzionato i bianchi o chi abbia aspetto da bianco, tutti reputerebbero altamente inopportuno cominciare ad urlare “PRIMA I NON-UMANI!”
Ciò detto, io non intendo sostenere che l’attivismo vegano/per i diritti animali sia riducibile all’attivismo per i diritti civili o all’attivismo femminista o altri attivismi per i diritti umani, come non intendo suggerire che ogni specie di attivismo per i diritti umani sia riducibile all’attivismo vegano/per i diritti animali. Certamente il femminismo ha un beneficiario specifico in mente, vale a dire il femminismo cerca di accrescere i diritti e migliorare la vita delle donne, mentre l’attivismo per i diritti degli omosessuali cerca di accrescere i diritti e migliorare la vita della comunità LGBTQ, e così via con altri gruppi oppressi. Nella stessa ottica, l’attivismo vegano/per i diritti animali cerca di accrescere i diritti e migliorare la vita degli animali non umani. Non intendo negare le costrizioni che determinano la connotazione specifica di attivismi distinti. Tuttavia ritengo che il raggiungimento delle specifiche finalità di attivismi distinti richieda di prendere in considerazione altre forze sociali che formano e influenzano lo specifico –ismo che noi cerchiamo di smantellare in qualsiasi campo dell’attivismo.
Un esempio facile: un’attivista femminista che non riesca a riconoscere l’eccezionale ruolo che razza e classe sociale giocano nel plasmare l’oppressione di genere che le donne affrontano, soprattutto le donne di colore e le donne povere, non può cominciare ad affrontare adeguatamente o a smantellare l’oppressione di genere. Le mancherebbero alcune componenti cruciali che contribuiscono a nutrire il sessismo. Allo stesso modo, un attivismo non può essere portato avanti in modo isolato da altri attivismi. Deve essere organizzato in concertazione con altri movimenti (il motivo per cui il grande Frederick Douglas ha detto che “Tutte le grandi riforme vanno insieme”).
Vorrei aggiungere una cosa per quanto riguarda lo sfruttamento animale. A differenza di qualsiasi altro gruppo oppresso (forse con l’eccezione dei detenuti), gli animali sono l’unico gruppo al quale non sono mai stati concessi diritti. Vale a dire, anche se ad (alcuni) animali è stato concesso un certo grado di protezione legale, negli Stati Uniti non sono stati concessi veri e propri diritti a nessuno di essi. È necessario il linguaggio giuridico per riconoscere formalmente la vulnerabilità e la violabilità degli esseri viventi. A differenza degli animali, agli esseri umani tutti sono stati concessi diritti per il solo fatto di essere umani. La differenza tra gli esseri umani oppressi e gli animali, allora, è questa: mentre i diritti degli umani oppressi esistono solo a livello teorico, e cioè tali diritti sono raramente applicati nonostante siano stati concessi, gli animali semplicemente non hanno diritti. Non c’è nulla da far rispettare dal momento che nulla è stato concesso. Questo porta ad una rivelazione terrificante: gli esseri viventi possono essere soggetti di diritto e ciò nonostante essere vittime di violenza e sfruttamento orribili, come vediamo con gli esseri umani oppressi.
Quindi, prendendo in considerazione gli umani oppressi, il problema che abbiamo di fronte come attivisti vegan è in realtà duplice: in primo luogo, agli animali non sono concessi diritti. In altre parole, anche in ambito teorico, gli animali non sono visti come soggetti che possano essere titolari di diritti, la qual cosa significa che non sono visti come esseri ai quali possano essere adeguatamente applicati i criteri di violazione o vulnerabilità. Ucciderli, mangiarli, torturali, violarli, ecc non sono considerate ‘violazioni’ nel senso forte della parola. In secondo luogo, anche se agli animali dovessero essere riconosciuti diritti, non ci sarebbe alcuna garanzia dell’applicazione di tali diritti. Come per la maggior parte degli esseri umani, i diritti degli animali rimarrebbero un costrutto teorico, che li lascerebbe praticamente nella stessa posizione in cui erano prima: vittime di violenza e sfruttamento.
Anche se qualcuno può non vedere l’olismo pernicioso tra gli -ismi che Corey Lee Wrenn e altri autori hanno evidenziato, rimane il fatto che i vegani abbiano il dovere di impegnarsi nell’attivismo per i diritti umani per conferire loro un senso, e di lavorare per colmare il divario tra i diritti teorici e quelli applicati. Se la concessione dei diritti è l’unico mezzo per riconoscere formalmente violabilità e vulnerabilità, ma i soggetti di diritto continuano ad essere violati e sfruttati nei fatti, allora avere diritti è sostanzialmente inutile. Sarebbe un peccato se avessimo lavorato duramente e a lungo per ottenere i diritti per gli animali, e quei diritti fossero, di fronte alla violenza e allo sfruttamento, solo un guscio vuoto.
NHFirst allora sbaglia di molto. Importa eccome se il vostro movimento è pieno di sessisti, omofobi, razzisti e simili, perché questi sono i tipici atteggiamenti che giocano un ruolo di primo piano nell’azzerare il rispetto dei diritti. Certo, un sacco di personaggi storici che hanno avuto un ruolo importante nei movimenti erano sessisti, omofobi, razzisti, ecc, ma questo spiega solo perché il sessismo, l’omofobia, il razzismo, ecc. sono ancora più profondamente (e invisibilmente) radicati nella struttura della società attuale. Non spiega perché questo dovrebbe essere un buon modello da seguire nei nostri movimenti odierni. Abbiamo imparato la lezione.
(Fonte: http://veganfeministnetwork.com/acommentaryonnon-humansfirst/. Traduzione di Silvia Molè)