“Il concetto di soglia” di Roberto Marchesini: di straordinario interesse sono le pagine relative alle origini dell’aggressività. Se infatti nelle maggiori opere filosofiche e di riflesso in questo gruppo spesso si offrono risposte sull’origine del “bene” , più rare e problematiche sono quelle riguardanti l’aggressività. Scrive Marchesini:
“(…) al contrario, siamo noi che abbiamo ereditato quelle pulsioni che già erano presenti sulla Terra prima dell’avvento dell’uomo . Perciò il bene accumuna l’uomo agli altri animali, non lo differenzia. E così pure può dirsi per l’aggressività, che se correlata ai rituali di inibizione della violenza sul con specifico, è un istinto utile e non disastroso come oggi purtroppo figura all’interno del consesso umano (n.d.r. si confronti con “Le norme morali”, sul sito FL, che finalmente troverà una rispettabile integrazione).
L’uomo infatti si distingue anche per i grandi genocidi di massa, per una violenza sottile e istituzionalizzata che colpisce in maniera subdola e reiterata qualsiasi individuo; ma tutto questo accade non perché l’uomo, come vorrebbe Hobbes, abbia una natura malvagia, bensì più semplicemente perché non ha un sufficiente armamentario di norme comportamentali di inibizione da affiancare al grande potenziale offensivo che ha sviluppato. Ricordate il bellissimo pezzo iniziale del film di Kubric, 2001 Odissea nello spazio, quando un gruppo di austrolopitecine impara a usare una specie di mazza e affronta l’altro gruppo per il controllo della pozza d’acqua? L’uccisione è istantanea, inverosimile per lo stesso omicida che si volta sorpreso di trovare il consimile disteso per terra. La velocità e la potenza dello strumento offensivo azzerano di colpo tutti i rituali di aggressione/sottomissione (…).
Come ha sostenuto Lorenz l’aggressività all’interno della specie non ha una connotazione negativa, essa infatti ha la funzione di disperdere gli individui in uno spazio più vasto possibile. D’altro canto, come ha sostenuto Eibl-Eibesfeldt, aggressività comporta territorialismo che a sua volta è il modo migliore per impedire una crescita incontrollata della specie. Alcuni pattern comportamentali in molte specie perdono la loro valenza originaria e diventano pure cerimonie simboliche, in quel processo chiamato da Lorenz come ritualizzazione. Negli animali sociali l’aggressività ha perciò assunto forme di ritualizzazione che impediscono l’interazione cruenta tra con specifici (…). Le ritualizzazioni per frenare l’aggressività intraspecifica sono ampiamente documentate in etologia: ad esempio il rituale nei ciclidi che con i colpi di coda informano lo sfidante riguardo la loro prestanza, oppure il rituale dei daini che prevede non già il ferimento attraverso le corna aguzze ma l’incastro delle stesse e quindi la prova di forza. I rituali tesi a frenare l’impulso aggressivo sono facilmente rinvenibili anche nell’uomo: i moduli infantili, il piangere, il piegare la schiena (…).
Il problema nasce quando il rapporto tra capacità offensiva e complesso etologico relazionale si altera: la tecnologia offensiva opera una sorta di schermatura, non sentiamo il pianto dei bambini che muoiono sotto le bombe, non diamo il tempo al nemico di muoverci compassione con comportamenti di sottomissione.”
In questa ottica ben si può comprendere quella che Marchesini in alcune pagine precedenti definisce “prevenzione etica”.: “(…) In poche parole se la scienza è la grande promotrice di innovazioni, quelle che possiamo definire mutazioni anatomiche (perché a ogni livello inglobate nel vissuto dell’uomo), parallelamente l’etica deve sviluppare un’analisi dei comportamenti per definire i piani di prevenzione adeguati a promuovere e gestire queste mutazioni. La prevenzione etica è perciò un piano di ricerca interdisciplinare che mette insieme analisi bioetica e indagine del rischio”
Inutile sottolineare come da noi questo rinvio all’interdisciplinarietà sia oltremodo apprezzato.
246. L'Aggressività: ipotesi
silvia
Fallacie Logiche
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