Otto Kirchheimer espresse il concetto di partito pigliatutto al fine di descrivere una nuova tipologia di partito che cominciava a delinearsi nel secondo dopoguerra. Il partito pigliatutto è connotato principalmente dalla volontá di prendere voti ad ogni costo in occasione della competizione elettorale. Dal momento che i legami ideologici sono sbiaditi si allarga il mercato dei clienti-elettori a cui vendere il proprio prodotto politico. Caratteristiche fondamentali diventano quindi il ridimensionamento del ruolo dell’ideologia, il rafforzamento dei gruppi dirigenti di vertice, la diminuzione del ruolo degli iscritti, la perdita dei riferimenti sociali esclusivi (gruppi e classi sociali di riferimento), elettorato potenzialmente interclassista, apertura all’accesso dei gruppi di interesse. I temi prescelti devono quindi trovare ampio consenso nella popolazione (si pensi in questi ultimi anni al tema della sicurezza, ormai divenuto anche se in diversa gradazione patrimonio di tutte le maggiori forze politiche). In questo contesto sono i mass media ad esercitare grande influenza, nel senso di chi li sa sfruttare meglio. Essi spingono a campagne personalizzate incentrate su candidati e temi specifici.
Il vantaggio è quello di affrontare singoli problemi trasversali in modo pragmatico a seconda della situazione contingente. Lo svantaggio quello di aver perso la bussola, uguale quali sono o dovrebbero essere i valori comuni di riferimento. Per cui puo accadere di porre l’accento su dei valori cristiani da una parte e prodigarsi in politiche razziste nei confronti dell’immigrazione dall’altra. Di rifarsi a principi socialisti da una parte salvo poi favorire di fatto “le leggi sovrane del mercato” o smantellare progressivamente lo stato sociale adducendo quale pretesto eventuali abusi. Lo svantaggio è quello della perdita di idealitá, che intendo come ideologia “aperta” vale a dire sempre oggetto di verifica e passibile di revisione al comparire di nuovi dati. Non statica e assoluta quindi. La mancanza di idealitá e il perseguimento di meri scopi personali incancrenisce sia il sistema democratico che il sostrato etico comune che dovrebbe essere alla base di esso. In questa fase storica vi sono diverse forme di antipolitica, che compaiono nelle correnti dei piú svariati partiti, in minore o maggiore misura: ció che le accumuna è il tentativo di convincere che la salvezza consista nella soluzione del problema, trasversale e “facile”, con il quale quindi si puo ottenere facile consenso, degli sprechi, della burocrazia, della corruzione politica.
A mio parere ci si dovrebbe invece focalizzare sulla crescita illimitata, il consumo trasformato in identitá dell’individuo, l’aumento delle disuguaglianze sociali ed economiche, per cui anche il diritto allo studio diventa di fatto privilegio di pochi. La schizofrenia del dover consumare di piú, mentre i salari e l’occupazione diminuiscono, al fine di far funzionare il sistema.
Eppure il disastro ambientale causato dall’azione umana (forse siamo giá arrivati al punto di non ritorno) e la scarsezza delle risorse, la crescita sproporzionata della disuguaglianza, dovrebbe far perlomeno maggiormente riflettere sugli slogan del tipo “meno stato piú mercato” o sul significato di “competizione”, che mi pare tanto assumere i connotati di un darwinismo sociale. Eppure la base unificante di molte correnti politiche rimane quella della lotta contro la politica decrepita e costosa (in questo modo si fa anche passare il messaggio che sia necessario risparmiare sulla democrazia).