287. Speculazione sull'oscurità


SPECULAZIONE SULL’OSCURITA’

(Majakovskij) Non ho ancora visto nessuno vantarsi a questo modo: “Come sono intelligente! Non capisco l’aritmetica, non capisco il francese, non capisco la grammatica!”. Ma l’allegro grido di guerra: “non capisco i futuristi!” risuona da 15 anni, si spegne e poi tuona ancora con accento ilare e gioioso. Su questo grido certa gente si è costruita una carriera, ha fatto fortuna, s’è posta a capo di intere tendenze letterarie (…) Un semplice “non comprendiamo” non è un giudizio. Formulerebbe un giudizio chi dicesse “abbiamo capito che si tratta di pure sciocchezze”, salmodiando a memoria decine di esempi clamorosi.

Ma così non avviene. Si tratta solo di demagogia e di speculazione sull’oscurità. I metodi di questa demagogia, che si cela dietro una maschera di serietà, sono molteplici. Eccone alcuni. “non abbiamo necessità di un’arte per pochi né di libri per pochi lettori! << si o no?>>. Si e no. Se un libro è destinato a pochi per esserne oggetto esclusivo di consumo, e se, oltre a ciò, non ha altra funzione, è senza dubbio inutile (…) Se però un libro si rivolge a pochi, nel modo in cui l’energia del Volchstroj è trasmessa ad alcune sottostazioni affinchè esse distribuiscano l’energia trasformata alle lampadine elettriche, un tale libro è utile. Questi libri si rivolgono infatti a pochi, non ai consumatori però,  bensì ai produttori. Sono le sementi e le armature dell’arte di massa (…) L’arte non nasce di massa, lo diventa a conclusione d’una somma di sforzi (…) Il carattere di massa è il risultato della nostra lotta, non già la camicia con cui nascono i pargoli felici di qualche genio letterario.

 Bisogna saper organizzare la comprensione di un libro. “i classici, Puskin, Tolstoj, sono compresi dalle masse”. <<si o no?>>. Si e no. Puskin fu compreso  i n t e r a m e n t e  soltanto dalla sua classe, solo dalla società di cui usava il linguaggio, solo dalla società di cui utilizzava concetti ed emozioni (…) Tutti gli operai e tutti i contadini comprenderanno un giorno Puskin da cima a fondo (cosa non difficile), e lo intenderanno nel modo in cui lo intendiamo noi del Lef, egli è stato l’espressione poetica più bella, più geniale, più grande del suo tempo. Dopo averlo compreso, smetteranno di leggerlo e lo consegneranno alla storia della letteratura. Allora studierà e conoscerà Puskin solo chi se ne interesserà specificatamente su un piano didattico. I classici non saranno la lettura prediletta delle masse (…) lo saranno invece i poeti di oggi e di domani.