di FILIPPO BOSCHETTI
Sessismo e gruppi sociali
Le riflessioni sottostanti sono il frutto di una discussione nata in un gruppo Facebook, in data 20/06/2015.
Definizione di gruppo sociale
Necessariamente, quando si vuole descrivere un fenomeno, occorre stabilire degli ambiti precisi:
qui, quando parlo di “gruppi sociali”, intendo specificatamente tutti quei gruppi/associazioni/movimenti/entità di qualsiasi natura che hanno a che vedere con la volontà propria o imposta di seguire determinate regole e convenzioni, non i gruppi di persone che appartengono al gruppo non per loro volontà specifica, ma per oggettiva specificità. Per esemplificare: gruppo sociale ---> appartenenti ad un partito politico, ad una religione, ad un movimento culturale (i “metallari”). Non è un gruppo sociale l'insieme degli ipovedenti, o ciechi. Nessuno ha scelto o gli è stata imposta la disabilità (gli autolesionisti non sono un gruppo sociale, ma un insieme di persone con patologia). Chiarito questo, che spero eviti gli straw man, qualche riflessione antropologica.
Ruolo dei gruppi sociali nell'evoluzione
Razionalmente, associarsi è utile. Innumerevoli esempi in natura, da associazioni temporanee a persistenti collaborazioni, che arrivano a sfociare nella più completa complementarietà addirittura tra specie diverse, non solo tra appartenenti alla stessa specie. Indubbiamente la nostra specie ha tutte le caratteristiche per essersi avvantaggiata dalle relazioni sociali: individui "deboli" singolarmente, che però associandosi in gruppo hanno potuto elaborare strategie di sopravvivenza raffinate, potendo così nutrirsi meglio, proliferare e colonizzare tutte le aree abitabili del pianeta. Uno splendido caso di evoluzione della specie grazie alle strategie sociali. L'associazione degli esseri umani in gruppi che tendono all'omogeneità culturale ha però anche determinato, sia in epoca storica che preistorica, un certo grado di insofferenza verso la diversità e l'alterità. Le nostre società umane sono pervase da una generica percezione del diverso, dello straniero, come “nemico”. Quando hai una condivisione di saperi all'interno di un gruppo limitato e circoscritto, ogni diverso e ogni forestiero è un pericolo: trattarlo preventivamente con sospetto, è un'ottima strategia di sopravvivenza, ovviamente. Questo meccanismo a me sembra si sia sedimentato e tramandato in ogni società e cultura, per quanto mi è dato di sapere (e quindi questa affermazione è passabile di rettifica in qualsiasi momento, visto che non sono onnisciente), i meccanismi sociali di inclusione neurotipici sono questi: sei con me - sei contro di me. Sfumato nelle 100.000 differenti variazioni possibili, a seconda delle dimensioni morali e intellettive dei facenti parti del gruppo sociale in questione.
Sessismo
Pur avendo l'allergia per gli *ismi tutti, questo è il più assurdo, ai miei occhi. Le motivazioni che spingono una o più persone, ad attaccare un'altra persona in base alle sue frequentazioni (o mancanza di) sessuali, è per me incomprensibile.
Non possedendo competenze psicologiche specifiche, non sono in grado di capire quale significato attribuire ad un tentativo di delegittimazione dell'altrui moralità, attraverso l'attribuzione di un'etichetta a sfondo sessuale. Certamente, chi utilizza tali mezzi – sovente in mancanza di argomentazioni puntuali da contrapporre all'interlocutore – ai miei occhi perde ogni credibilità specifica. Senza troppi giri di parole, lo definirei senz'altro un imbecille. C'è però un aspetto che mi preme sottolineare. Ci sono persone, tra cui il sottoscritto, che hanno comportamenti neurologicamente determinati, “diversi” rispetto alla neurotipicità. Una delle categorie umane che non ha la possibilità di scegliere a che gruppo appartenere, ma c'è dentro per predeterminazione genetica, nel mio caso.
Tra le tante caratteristiche, c'è quella di avere – generalmente, poi ogni individuo è storia a sé – generalmente una certa propensione a interpretare letteralmente le cose, e ad essere piuttosto logici. Nella categoria sono rappresentati sovente artisti, ricercatori, scienziati, persone con eccentricità di vario genere. Con specificità sensoriali che possono essere le più svariate, dall'ipersensibilità visiva, uditiva, tattile, nel gusto, alla sinestesia. Non necessariamente queste cose sono sempre presenti, non sempre lo sono in maniera omogenea, sovente sono presenti co-morbità più o meno invalidanti, alle volte la personalità è estremamente estroversa, altre completamente introversa. Insomma, gli stereotipi sono tanti, ma difficili da riscontrare. Ma torniamo al sessismo.
La battuta sessista, lo stigma sociale funziona se chi la subisce ne è consapevole, se ha valore per lui/lei. Cessa completamente di avere significato se non la capisci, se non ha senso. Ti rende ancora più estraneo al gruppo escludente insomma.
Faccio un esempio.
A undici anni ero probabilmente l'unico ragazzino della mia città a studiare danza classica. I miei compagni di scuola, per finalità tutt'ora ignote, iniziarono ad apostrofarmi con appellativi che facevano riferimento alle pratiche omosessuali.
Ebbene:
1. la valenza dispregiativa della cosa mi era oscura. Perché mai praticare sesso omosessuale fosse spregevole, non lo capivo allora, come non lo capisco ora.
2. non riuscivo a recepire la negatività, in quanto l'affermazione era palesemente falsa (ero e sono etero), dunque assolutamente illogica.
Si noti come la 2) è sempre inutile, in quanto se fosse vera, affermare che fossi omosessuale non avrebbe comportato altro che dire la verità, quindi illogico usare la battuta, ed essendo falsa, la valenza dell'affermazione è altrettanto illogica.
La cosa buffa, in questa tavola della verità, è che, fatta leggere ad un neurotipico, questi non contesta l'incontestabile, ma trova significati “altri” rispetto a quanto scritto: comincia a parlare di offesa alla moralità, stigma sociale, indebita intromissione nella vita privata. Ok, ma il punto è: se sono eterosessuale e mi si vuole offendere, come si fa a farlo dichiarando una cosa palesemente falsa? E se sono omosessuale e mi si vuole offendere, come si fa a farlo dichiarando una cosa palesemente vera? Ad oggi, non sono ancora riuscito ad avere una spiegazione convincente, se non attraverso la forma del “siccome l'omosessualità è una perversione/deviazione/turpe abominio della natura/peccato ignobile/ecc. (barrare a scelta la definizione omofoba preferita), allora essere additato come omosessuale deve farti tremare le vene dei polsi. Ecco, sostanzialmente una perfetta descrizione di come in un gruppo si esclude una persona: si crea una “normalità” (la preferenza sessuale eterosessuale), si dichiara immonda ogni differenza rispetto la norma, si addita a torto o ragione un membro del gruppo attribuendogli la turpitudine predefinita. Cambiate a piacimento i termini del gioco e verificate come sia lo schema tipico comportamentale delle società umane.
PS: il colmo dell'ironia: sono stato discriminato, nel lavoro, in quanto danzatore non omosessuale. Da allora, uno dei miei interessi assorbenti è la lotta alle discriminazioni in ogni forma.