Qui a seguito riporto un brano tratto da “Cosa è la coscienza” (Ed. Laterza) di Daniel Dennett in cui si replica a Thomas Nagel (“Cosa si prova ad essere un pipistrello”) *
“L’esperimento ideale sulla coscienza più autorevole e più citato è “Cosa si prova ad essere un pipistrello?” di Thomas Nagel (1974). Egli risponde a tale domanda affermando che ci è impossibile immaginarlo (..) Nagel sceglie molto bene le creature da prendere in esame. I pipistrelli, essendo mammiferi, sono abbastanza simili a noi da giustificare la convinzione che siano ‘ovviamente’ coscienti (se egli avesse scritto che cosa si prova ad essere un ragno molti sarebbero stati propensi a chiedere perché mai era cosi sicuro che si dovesse provare qualcosa ad essere un ragno). D’altra parte, grazie al loro sistema di ecolocazione, i pipistrelli possono vedere con le orecchie, essi sono anche abbastanza differenti da noi da farci avvertire un profondo divario.
Se egli avesse scritto un saggio intitolato ‘cosa si prova ad essere uno scimpanzè’ o più a proposito che cosa si prova ad essere un gatto la sua pessimistica conclusione non sarebbe stata ritenuta quasi unanimemente ovvia. Ci sono molte persone che sono fortemente convinte di sapere esattamente cosa si prova ad essere un gatto (si sbagliano, naturalmente, a meno che non abbiano integrato tutta la loro empatia e amorevole osservazione con un’enorme quantità di ricerche fisiologiche, ma errerebbero dalla parte sbagliata, secondo Nagel) (…)
Nel capitolo 12 ci siamo occupati di uno sforzo di immaginazione abbastanza simile: che cosa si doveva provare ad essere un abitante di Lipsia che ascolta le cantate di Bach per la prima volta. Il problema epistemologico è difficile, ma può essere affrontato direttamente dalle ricerche usuali. Immaginare quei tipi di esperienza e le differenze con le nostre esperienze di Bach, è un problema che riguarda l’indagine storica, culturale, psicologica e, forse, fisiologica. Alcune di queste cose possono essere immaginate abbastanza facilmente, incluse alcune delle differenze più notevoli con le nostre esperienze, ma se dovessimo tentare di metterci nella stessa sequenza di stati esperenziali di cui una tale persona avrebbe goduto, ci troveremmo di fronte a difficoltà ben maggiori. Il compito ci obbligherebbe a subire vaste trasformazioni – dimenticare molto di quello che sappiamo, perdere delle associazioni e delle abitudini, acquistare nuove abitudini e associazioni. Possiamo sfruttare le nostre richerche in terza persona per elencare le necessarie trasformazioni, ma intraprenderle effettivamente implicherebbe dei costi terribili in termini di isolamento della nostra cultura contemporanea – ci sarebbe proibito ascoltare la radio, leggere qualsiasi notizia sullo sviluppo politico e sociale successivo a Bach, e così via.
Non è necessario percorrere tutto questo cammino per imparare qualcosa sulla coscienza degli abitanti di Lipsia del XVIII secolo. Le stessse osservazioni si possono fare sul compito di immaginare cosa si prova ad essere un pipistrello. Noi dovremmo essere interessati a ciò che possiamo conoscere sulla (eventuale) coscienza del pipistrello e non alla possibilità o meno di trasformare la nostra mente temporaneamente o permanentemente in una mente di pipistrello (…) Nagel sostiene che qualsiasi ampliamento della conoscenza in terza persona non potrà mai dirci che cosa si prova ad essere un pipistrello; nego decisamente la sua tesi (…) Ecco alcuni esempi di riscaldamento: A) Ecco Pooh, l’orsacchiotto di peluche, mentre pensa quanto sarebbe bello mangiare del miele a colazione B) sbagliato. Gli orsacchiotti di peluche non hanno il modo di distinguere il miele dalle altre cose …A) Ecco Bambi, il daino, mentre ammira un meraviglioso tramonot, fino a che quel bel cielo arancione non gli ricorda il giubbotto del cacciatore cattivo! B) Sbagliato. I daini non vedono i colori (o meglio, possono avere solo una specie di visione dicromatica) …
I tipi di indagine suggeriti da questo esercizio ci porterebbero molto addentro ad una spiegazione della struttura del mondo percettivo e comportamentale dei pipistrelli, di modo che potremmo ordinare le narrazioni etero fenomenologiche in base al loro realismo, scartando quelle che asseriscono o presuppongono dei talenti discriminativi, o delle disposizioni reattivi, di cui si può dimostrare l’assenza nela ecologia e nella neurofisiologia del pipistrello (…) Molte richerche sono già state fatte su questi argomenti, così possiamo già molto di più, per esempio possiamo già dire perché i pipistrelli usano differenti configurazioni di frequenze nei loro squittii, a seconda se stanno scandagliando l’ambiente alla ricerca di una preda, o stanno avvicinandosi ad un obiettivo o apprestandosi ad uccidere. Quando arriviamo a narrazioni etero fenomenologiche in cui nessun critico può trovare aspetti fondatamente criticabili, noi dovremmo accettarle – provvisoriamente, in attesa di altre scoperte – come spiegazioni accurate di che cosa si prova ad essere la creatura in questione. Questo dopo tutto è il modo in cui ci trattiamo l’un l’altro. Raccomandando di trattare nello stesso modo anche i pipistrelli e altri candidati all’interpretazione, io non sto sottraendomi all’onere della prova, sto solo estendendo ad altre entità il normale, umano, onere della prova (…)
Non cadere nella trappola. Questa è la nostra vecchia nemesi, il Pubblico nel Teatro Cartesiano. La tua coscienza non consiste nel fatto che il tuo cervello sia abitato da un agente interiore a cui il tuo cervello presenta uno spettacolo, così la nostra incapacità di trovare un tale agente centrale nel cervello del pipistrello non metterebbe in dubbio la tesi della sua coscienza, né la tesi della nostra capacità a dire com’è la sua coscienza. Per comprendere la coscienza del pipistrello, dobbiamo semplicemente applicare al pipistrello gli stessi principi che applichiamo a noi stessi (…) possono comunque comportarsi in molte maniere non verbali che possono fornire una base chiara per descrivere il loro mondo etero fenomenologico o, come il pionieristico ricercatore von Uexkuell (1909) lo ha chiamato, il loro Umwelt und Innenwelt, il loro Mondo Circostante e Mondo Interiore (…) L’eterofenomenologia senza un testo non è impossibile, solo difficile (…) Un ramo dell’eterofenomenologia animale è conosciuto come etologia cognitiva (…)
Jeremy Bentham (…) l’interrogativo non è possono ragionare o possono parlare ma possono soffrire? (…) ma come Dawkins sostiene ‘dare un valore etico alla capacità di soffrire ci porterà alla fine a dare valore agli animali intelligenti. Anche se partiamo rifiutando il criterio del ragionamento di Cartesio, sono gli animali in grado di ragionare, quelli che più verosimilmente possiedono la capacità di soffrire’
Soffrire non significa essere visitato da qualche stato ineffabile ma intrinsecamente orrendo, significa, invece avere le proprie speranze vitali, i propri piani vitali, i propri progetti vitali frustrati dalle circostanze che si sovrappongono ai propri desideri, vanificando le proprie intenzioni – quali che siano (…) Così la presunta inaccessibilità, la inconoscibilità ultima della sofferenza di un altro è altrettanto fuorviante delle altre fantasie sui qualia intrinseci che abbiamo già smascherato (…) La capacità di soffrire è una funzione della capacità di avere desideri, aspettative e altri sofisticati stati mentali che siano altamente discriminativi, articolati e variegati. Gli esseri umani non sono le uniche creature abbastanza intelligenti per soffrire; il cavallo e il cane di Bentham mostrano attraverso il loro comportamento di avere una complessità mentale sufficiente per distinguere – e preoccuparsi di – uno spettro di dolori e altri abusi tutt’altro che trascurabile (…)
Ma che importanza dovrebbe avere, potresti chiedere, che i desideri di una creatura siano frustrati se non sono desideri coscienti? la mia replica: perché dovrebbe importare di più nel caso di desideri coscienti – specialmente se la coscienza viene considerata una proprietà come qualcuno pensa, che sfugge sempre all’indagine? Perché le speranze infrante di uno ‘zombi’ dovrebbero essere meno importanti delle speranze infrante di una persona cosciente? Qui c’è un trucco ben fatto che dovrebbe essere svelato e rifiutato (…)
(* Condivido in buona parte quanto qui riportato da Dennett ( rigetto poi in toto alcune considerazioni, qui non menzionate, che in ottica evolutiva non hanno molto senso - si vedano gli accenni ai sordomuti a pag. 499 - come sottolineato anche da vari etologi e da Stevan Pinker).