339. Istruzioni per un uso consapevole

Un bellissimo articolo (***), nel quale viene  menzionato anche  il nostro sito.

di ALESSIO GEROLA

“Quest’articolo non vuole essere l’ennesimo elenco delle innumerevoli fallacie logiche esistenti, che vi illustrerebbe il perché siano dei modi scorretti di ragionare, che vi offrirebbe i modi per individuarle a vista e stroncare sul nascere i discorsi del reo malcapitato. No, di quelli ne trovate tanti, tra cui per esempio qui trovate una sovrabbondante lista, e pure sulla cara vecchia Wikipedia, per chi desiderasse un’esplorazione un poco strutturata dei modi che abbiamo per ingannare noi stessi e gli altri. Per chi non avesse problemi con il britannico idioma, questo è un simpatico loco dove ricevere la benedizione del padre della sillogistica.

Dicevo, qui non troverete una disamina dei vari procedimenti fallaci del nostro ragionare, quanto piuttosto una serie di avvertenze sull’uso delle accuse di fallacia logica rivolte ai nostri interlocutori durante la conversazione. Sì, perché spesso il fatto di individuare una fallacia logica nel discorso di un avversario pare offrire l’ottima scusa per ignorare il senso generale delle sue tesi, abbattendo senza possibilità d’uscita tutta la sua costruzione nonché, ed è su questo che vorrei porre l’accento, sul senso generale di quello che sta dicendo. L’unica (meta)fallacia che illustrerò sarà quindi la fallacia dell’argomento invalido, in attesa di un nome più figo (volevo chiamarla fallacia dell’accusatore ma ho scoperto che esiste già). Da notare la sua mancanza sulla Wikipedia italiana, ma non su quella inglese, dove l’hanno felicemente chiamata fallacy fallacy, fallacist’s fallacy oppure con il più latino argumentum ad logicam

Invalido non vuol dire falso, appunto.

Detto in estrema sintesi, essa riguarda il fatto che un’argomentazione invalida (termine logico per “fallace”) non possiede necessariamente una conclusione falsa. Per chi avesse familiarità con le basi della logica proposizionale, questa può essere una considerazione decisamente ovvia, ma spesso ce ne dimentichiamo quando riteniamo di smontare le tesi di un avversario semplicemente facendogli notare che ha commesso una fallacia logica nel suo discorso. Sul Tubo mondiale trovate un simpatico video in inglese di Idea Channel (sì lo so che parla veloce, ma il format dei video è figo) che la illustra in breve, ma spero ciò non vi induca ad interrompere la lettura!

Dunque, per coloro cui mancasse un background in logica, provvediamo a fornire un semplice esempio ad illustrazione di quanto si sta dicendo. Prendiamo la seguente argomentazione:

1.    Prima premessa: Se piove, allora la strada è bagnata.

2.    Seconda Premessa: La strada è bagnata.

3.    Conclusione: Dunque piove.

Questa argomentazione è un esempio di affermazione del conseguente, una fallacia formale che rappresenta quindi un modo invalido di dedurre la conclusione dalle premesse. In altre parole, le due premesse falliscono nel sostenere la conclusione che si vorrebbe supportare. Si può infatti notare chiaramente l’invalidità di questa forma argomentativa, dal momento che la pioggia non è la sola causa possibile della presenza di acqua sulla strada.  Più formalmente, la struttura generale dell’argomentazione è:

1.    Se A allora B.

2.    B.

3.    Dunque A.

Si tratta di una fallacia logica dal momento che la prima premessa ha la forma di un condizionale “Se A allora B”, ovvero dato A, si dà necessariamente B, ma non necessariamente dato B si dà A. Questo perché non si tratta di un bicondizionale, in cui A implicherebbe B e viceversa.

Ora, appurato che le due premesse falliscono nel dimostrare la conclusione, questo non implica che la conclusione sia di per sé necessariamente sbagliata. Ovvero, il fatto che l’avversario commetta una fallacia di ragionamento non implica la correttezza delle nostre tesi contro le sue.

Spesso le fallacie sono genuine, ed è sacrosanto farlo notare al responsabile. Tuttavia, dal momento che con ciò non avremo provato la falsità delle sue affermazioni, vorrei invitare ad essere caritatevoli con il nostro avversario, cercando di aiutarlo anzi a ricomporre il suo ragionamento in modo più solido. Questa operazione può portare a due esiti: o le tesi avversarie si basano su quella stessa fallacia, e quindi cadono con essa, il che costringerà colui che le aveva affermate a ritrattarle; oppure le sue tesi sono state semplicemente giustificate in maniera fallace, mentre egli, magari con il nostro aiuto, può riuscire a dar voce alle intuizioni che possiede riguardo al tema di discussione e a provare a fondarle in maniera migliore, magari alla fine persuadendoci della loro ragione. E a noi non sarà imputabile alcun capo d’accusa da parte del Tribunale delle Fallacie Logiche.

Un’ultima considerazione riguardo le fallacie logiche informali, che sono quelle fallacie che non dipendono da errori strettamente logici, come sopra, ovvero errori di ragionamento basati sull’ambiguità dei termini, o su ambiti che non c’entrano nulla con il ciarlare filosofico (vedi ad baculum per esempio). Alcuni asserti possono avere la forma tipica di alcune di queste fallacie informali, tuttavia questo non implica che ne siano un caso. Ad esempio:

1.    La maggior parte delle persone ritiene che l’omicidio sia un crimine.

2.    Dunque l’omicidio è un crimine.

Questo è un chiaro caso di fallacia ad populum, ovvero il credere che basti il fatto che un’opinione sia sostenuta dalla maggior parte della gente per essere giustificata. Ora, una prima considerazione riguarda gli argomenti induttivi. Se è infatti indiscutibile che l’appello alla moda non renda una conclusione strettamente vera, è opinabile il fatto che però la premessa contribuisca a rendere quantomeno probabile la conclusione. Questo non necessariamente, ma è da tenere presente perché può essere significativo rispetto al tema.

La seconda e ultima considerazione riguarda invece eventuali premesse nascoste, che farebbero apparire fallace un’argomentazione che non necessariamente lo è – benché possiamo accusare l’oratore di pessima strategia argomentativa. Un filosofo che volesse definire ciò che è moralmente giusto in base a ciò che ritiene tale la porzione di popolazione maggiore più ampia (un esempio di utilitarismo) potrebbe sostenere l’argomentazione sopra esposta in forza della sua definizione, perché aggiungerebbe una premessa che stabilisce la connessione tra l’opinione popolare e la correttezza morale. Ora, potremmo non essere d’accordo con la sua teoria, e avremmo allora il dovere di attaccare la premessa inserita così subdolamente cercando di minare le giustificazioni che il filosofo ha da offrire per essa; certamente non potremmo però accusarlo di fallacia ad populum, dal momento che, strettamente parlando, non lo è.

Eh, talvolta…

Come già detto più sopra, la mia conclusione vuole essere insomma un invito ad essere caritatevoli con i nostri interlocutori, e cercare di capire quale tipo di tesi sostengano nonostante una più o meno accentuata incapacità espositiva, dal momento che il loro punto di vista, anche se mal argomentato, potrebbe essere corretto e alla fine convincerci della sua bontà.

Se avete la testa ancora tutta intera e riuscite a leggere queste parole vi sono grato di essere stati con me fino alla fine! Se avete commenti o domande non fatevi scrupoli, il rispetto è dovuto alle persone, non alle idee (in realtà non sono completamente d’accordo, ma è un’altra storia, per quanto riguarda la logica non fatevi problemi).

(***)

https://noteinbottiglia.wordpress.com/2015/08/08/fallacie-logiche/