032. Norme morali


 

32. MORALE, EMPATIA, NORME MORALI

Attraverso la seguente riflessione cercheró di analizzare nel dettaglio la mia consueta affermazione, secondo la quale se ci conoscessimo di persona saremmo tutti buoni e il mondo salvo per intero. La saggezza popolare parla di "lontano dagli occhi lontano dal cuore".  Si tratta infatti di estendere la nostra innata capacitá empatica nei confronti di coloro che ci vivono accanto al resto del pianeta: dalla famiglia al vicino di casa al paese alla nazione al mondo (cosmopolitismo). Il problema sorge infatti soprattutto nel momento in cui il prossimo diventa un ente astratto, fisicamente lontano da noi. Sintetizzando: difficilmente lasceremmo  morire di fame il nostro vicino di casa.

Adam Smith ha affermato che il concetto di moralitá é strettamente connesso a quello di empatia: noi non abbiamo esperienza diretta di quello che gli altri provano ma possiamo immaginarci cosa noi proveremmo nella medesima situazione, é solo con l immaginazione che possiamo farci una idea delle sensazioni altrui. Le capacitá empatiche nel senso di rivivere e ripetere il nostro prossimo, colui che abbiamo fisicamente davanti, sono state spiegate su base neurologica anche attraverso i neuroni a specchio (***). E in una serie di celebri esperimenti S.Milgram (*nota) dimostrò come l’ obbedienza ad un’ autorità tenda notevolmente a diminuire nel momento in cui ci si trova davanti alla vittima. Nel contesto delle decisioni di carattere morale l’ empatia gioca quindi un ruolo fondamentale.

Molte persone falliscono nel reagire ad un certo tipo di evento o situazione non solo e non tanto per la mancanza di principi da applicare, bensi anche per il fatto di non riuscire ad identificare o sentire questi come argomento di carattere morale. In generale quanto piú si é fisicamente vicini, tantoppiu ci si sente responsabili o coinvolti, nonostante la mera vicinanza fisica non sia di per sé un criterio normativo per comportarsi o meno in un determinato modo, come ha giustamente individuato P. Singer:

I do not think I need to say much in defense of the refusal to take proximity and distance into account. The fact that a person is physically near to us, so that we have personal contact with him, may make it more likely that we shall assist him, but this does not show that we ought to help him rather than another who happens to be further away. If we accept any principle of impartiality, universalizability, equality, or whatever, we cannot discriminate against someone merely because he is far away from us (or we are far away from him). Admittedly, it is possible that we are in a better position to judge what needs to be done to help a person near to us than one far away, and perhaps also to provide the assistance we judge to be necessary. If this were the case, it would be a reason for helping those near to us first. This may once have been a justification for being more concerned with the poor in one's town than with famine victims in India. Unfortunately for those who like to keep their moral responsibilities limited, instant communication and swift transportation have changed the situation. From the moral point of view, the development of the world into a "global village" has made an important, though still unrecognized, difference to our moral situation. Expert observers and supervisors, sent out by famine relief organizations or permanently stationed in famine-prone areas, can direct our aid to a refugee in Bengal almost as effectively as we could get it to someone in our own block. There would seem, therefore, to be no possible justification for discriminating on geographical grounds…”  (Famine, Affluence and Morality, Philosophy and Public Affairs, vol. 1, no. 1 (Spring 1972), pp. 229-243 [revised edition] http://www.utilitarian.net/singer/by/1972----.htm

J. Green fece  interessanti esperimenti, confronti isomorfici, vale a dire di pari contenuto morale. Se vediamo un uomo disteso davanti a noi sulla strada, é assai probabile che ci precipiteremo a vedere cosa abbia. Se riceviamo invece una mail da parte di una persona fidata in cui ci vengono chiesti 100 Euro per far operare d’ urgenza un bambino xy o una richiesta di assistenza di altro tipo é assai probabile che saremo titubanti, questo anche in quanto tendiamo a frazionare la responsabilità morale (con altri) e a non considerarci agenti morali attivi (Don Lorenzo Milani espresse in una mirabile riga il concetto: che ciascuno da solo si senta responsabile di tutto).  Singer nell’articolo di cui sopra ha analizzato in modo dettagliato anche questo aspetto:

one feels less guilty about doing nothing if one can point to others, similarly placed, who have also done nothing”

 Green ha ipotizzato che l’empatia faccia parte di una necessità dal punto di vista della nostra evoluzione: poter prendere una rapida decisione di carattere morale é fondamentale per la sopravvivenza dell intero gruppo. E qui si parla di altruismo a  breve distanza. Da cui anche le valutazioni positive nel contesto sociale dei comportamenti altruistici. Mi viene  spontaneo un parallelo con l’ altruismo dei pipistrelli. Secondo una ricerca condotta dall’ISTC (CNR) e molti scienziati a livello internazionale l’altruismo è una strategia vincente ed è quel che succede fra i vampiri (e anche altre specie):

“(… )invece di opporsi alla competizione la cooperazione ha operato fin dall’inizio accanto a essa nel foggiare l’evoluzione della vita, dalle prime cellule a Homo Sapiens. Si potrebbe dire che se la vita è lotta per la sopravvivenza allora l’unione fa la forza (…) Il meccanismo per cui evolve la cooperazione tra individui che si incontrano ripetutamente è detto reciprocità diretta. Un esempio notevole è quello dei pipistrelli vampiro. Se un giorno uno di questi pipistrelli non riesce a nutrirsi direttamente sulla preda, una volta tornato al posatoio chiederà aiuto ai compagni che invece si sono saziati. Se ha fortuna, uno di loro condividerà il suo pasto di sangue rigurgitandone una parte nella bocca dell’affamato. I vampiri vivono in gruppi stabili, e rientrano ogni giorno allo stesso posatoio dopo la caccia, quindi i membri in un gruppo si incontrano regolarmente. Gli studi hanno mostrato che i pipistrelli ricordano quali compagni li hanno aiutati nel momento del bisogno, e quando viene il giorno in cui un pipistrello generoso ha bisogno di cibo probabilmente quello che aveva aiutato in precedenza gli restituirà il favore (….) L’evoluzione del perdono (…) simulazioni al computer (….) nel giro di 20 generazioni la strategia iniziale occhio per occhio aveva ceduto il passo ad una strategia più generolsa in cui giocatori possono cooperare anche dopo un tradimento del rivale (…). In aggiunta alla reciprocità diretta in seguito ho identificato altri quattro meccanismi per l’evoluzione della cooperazione (….) Selezione spaziale. I vicini (o gli amici, in una rete sociale) tendono ad aiutarsi l’un l’altro e dunque in una popolazione in cui ci sono gruppi di cooperatori questi possono formare insiemi più grandi, che poi crescono e possono prevalere nella competizione con gli egoisti. La selezione spaziale opera anche tra gli organismi più semplici. Tra le cellule di lievito (….) Selezione di parentela. In questa situazione gli individui fanno sacrifici per i propri parenti perché ne condividono i geni (…) Nella reciprocità indiretta un individuo decide di aiutare un estraneo esclusivamente in base alla reputazione...linguaggio che ci consente di condividere informazioni su chiunque (…) Selezione di gruppo: gli individui possono compiere atti altruistici per il bene comune e non per assistere un singolo compagno. Il riconoscimento di questo meccanismo risale allo stesso Darwin che in L’orgine dell ‘uomo osservava che una tribù che comprenda molti membri….che fossero sempre pronti ad aiutarsi l’un l’altro e a sacrificarsi per il bene comune sarebbe vittoriosa sulla maggior parte delle altre: e questa sarebbe selezione naturale (…) La teoria dei giochi suggerisce una possibilità. I decisori politici dovrebbero prendere nota dell’importanza dell’informazione e della reputazione nel tenere sotto controllo chi tradisce e sfruttare la capacità di questi fattori di spingerci a cooperare nella madre di tutti i public good game: sette miliardi di persone con la missione di conservare le risorse sempre più scarse del pianeta Terra” (Martin A. Nowak è professore di biologia e di matematica alla Harvard University e dirige il Program for Evolutionary Dynamics. Al centro delle sue ricerche ci sono le basi matematiche dell’evoluzione).

In questo contesto é significativo notare come molta della tecnologia moderna (televisione, fotografie, video..) sia in grado di incrementare le nostre capacitá di identificazione morale: E‘ nota la frase per cui un’ immagine vale piu di 100 parole (dopo il Vietnam non ci sono più state fornite immagini delle vittime dei conflitti, in quanto queste sono in grado di scatenare reazioni empatiche e quindi morali). Si potrebbe qui aprire l’interessantissimo capitolo relativo alla moralitá distribuita e ai mediatori morali, come illustrato da L. Magnani (“Morality in a technological World, Knowledge as duty”). Anche nel campo della moralità l’individuo non è infatti  chiuso in se stesso, la deliberazione etica dipende dall’interazione con il mondo circostante, e dall’acquisizione di (nuova) conoscenza ("Knowledge as duty"):

"L'idea della conoscenza etica come qualcosa di semplice e di facilmente disponibile per tutte le persone di buona volontà non è più sufficiente. A dispetto dell'affermazione di Kant in base a cui saggezza e virtù sono tutto ciò di cui si ha bisogno per attuare una scelta morale, la deliberazione morale deve essere accompagnata da una conoscenza adeguata a permetterci di comprendere approfonditamente vari problemi e situazioni” (L. Magnani)

Alla domanda specifica, cosa sia la morale, risponderei  traducendo e citando liberamente un passo tratto da "Seeking chances - from biased rationality to distributed cognition" (E.Bardone, p. 132, 133): la deliberazione etica e la morale in generale possone essere considerate quale un'attività di soluzione di problemi ("problem solving activity") nella quale gli individui cercano di applicare soluzioni preesistenti o di crearne di nuove per affrontare compiti o situazioni. Come ogni attività di soluzione dei problemi, la deliberazione etica si basa su informazioni incomplete, poichè per ciascuno è impossibile essere a conoscenza di ogni possibile fatto relativamente ad un dato soggetto. Questo ha importanti implicazioni teoretiche. La continua interazione tra individui e ambiente è uno dei tratti più distintivi della cognizione morale e della morale in generale. Un modello morale è un kit di azioni e decisioni che sono state verificate con successo all'interno di una società o cultura. In questo senso esso rappresenta una varietà di soluzioni che hanno ricevuto il benestare culturale e sociale. I dieci comandamenti sono un esempio straordinario di modello morale. Le stesse teorie morali ne sono un esempio, come l'istituzione della famiglia. La famiglia può essere considerata un modello ("template") che raggruppa varie soluzioni di successo di fronte ad alcuni problemi relativi alla sopravvivenza, come anche la cura dei genitori, il ruolo degli anziani, la proprietà, la divisione del lavoro e molte altre questioni che possono essere fonte di problemi e conflitto tra gli esseri umani
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Ancora una breve osservazione personale sul comportamento morale a lunga distanza.  Vi sono diverse vie in grado di condurre a tale traguardo: 1) obbedienza alla legge e quindi timore della punizione, del carcere, della sedia elettrica 2) obbedienza alle divinitá e timore degli inferi 3) riconoscerci logicamente e razionalmente come esseri ugualmente capaci di sofferenza e quindi come tali parimenti aventi diritto ad essere riconosciuti come soggetti morali (ed in questo contesto faccio mia l’etica di T. Singer che include, su questa base, anche gli esseri animali non umani, e quella di M. Nussbaum con il precetto del far fiorire tutte le vite) 4)  A lungo termine  soltanto il rispetto reciproco puó realmente garantire la nostra sopravvivenza, facendolo fuoriuscire dal nostro quartiere, nazione e continente. Armi nucleari ed estreme condizioni di povertá e sofferenza non possono che venire a minare, prima o poi, anche la stabilitá e il benessere del nostro piccolo gruppo. Le norme morali hanno quindi il fondamentale compito di risolvere i conflitti di interessi umani e contribuire ad uno stato permanente di pace. Per poter affermare riguardo ad una norma che essa é giusta, deve essere dimostrato il suo essere a vantaggio di tutti.

Per alcune norme ció é semplice, ad esempio “non uccidere”. A tutti potrebbe teoricamente accadere di voler uccidere qualcun altro...molto piú grande é pero il nostro generale interesse a non venir uccisi a nostra volta, per cui la “limitazione” nel non poter uccidere é piú che compensata dal vantaggio di non poter essere oggetto di violenza, da cui l’unanimitá sul precetto.

La sublimazione di queste convenzioni in precetti religiosi o etici astratti mi sembra avere una funzione anche estetica: tali norme, qualora percepite come “belle” saranno automaticamente seguite e interiorizzate, da cui una doppia “sicurezza”: quella della pena (carcere o inferno) con effetto deterrente e quella del riconoscimento estetico nel senso di riconoscersi “belli”. Una parziale illusione o finzione quindi, per quanto utile e razionale. Infatti, la nostra predisposizione empatica vale in genere solo per il nostro prossimo nel senso dello spazio, la progressiva estensione del rispetto reciproco e altruismo dalla famiglia al gruppo al paese alla nazione al mondo richiede delle norme, sublimate o meno in senso etico e religioso, per il venire meno del “naturale trasporto” nei confronti del prossimo meno prossimo.

(si veda anche il Nr. 51 e 159 del Menu a completamento)

“Nei suoi tratti essenziali la storia è questa. Ho scoperto che alcune persone aborriscono l’idea; amano pensare che siano la mente e la cultura dell’uomo a distinguerlo nettamente da tutti i ‘bruti irragionevoli’ (come li chiamava Cartesio) ma non gradiscono l’idea di cercare di fornire una spiegazione evoluzionistica della creazione di questo importantissimo segno caratteristico. A mio avviso, commettono un grosso errore. Che cosa si aspettano, un miracolo? Che la cultura sia un dono divino? E’ un gancio appeso al cielo che cercano, non una gru? Perché? Vogliono che il modo di vivere dell’uomo sia radicalmente diverso da quello di ogni altro essere vivente, il che è vero, ma, come la vita stessa e ogni altra cosa magnifica, la cultura deve avere un’origine darwiniana. Anche la cultura deve svilupparsi da qualche cosa di minore, da un quasi qualcosa, qualche cosa di semplicemente come se e non qualcosa di intrinseco,e a ogni passo lungo il cammino i risultati devono essere, secondo l’espressione di David Haig, evolutivamente rafforzabili. Per la cultura è necessario il linguaggio, per esempio, ma prima il linguaggio deve evolvere per proprio conto; non basta osservare come tutto va bene una volta che ogni cosa è al proprio posto. Non si può presupporre l’intelligenza umana; non si può presupporre la tradizione – tutte queste cose devono essere costruite partendo da zero, proprio come i replicanti orginari. Accettare come spiegazione qualcosa di meno equivale a una rinuncia” (Daniel C. Dennet, l’Idea Pericolosa di Darwin, pag. 431, 432)

(***)

http://rd.springer.com/chapter/10.1007/978-3-642-24500-8_44 (importante per la  doppia valenza” dell’empatia). Il tema del "torturatore" viene ripreso anche al Nr. 172, verso la fine.

E vi è anche un interessante studio di Thagard (FEEL YOUR PAIN:MIRROR NEURONS, EMPATHY, AND MORAL MOTIVATION Paul Thagard)
che giustamente (si veda la conclusione) relativizza molto la questione dei neuroni a specchio. Uno spunto ulteriore potrebbe comunque essere trovato nella “motivazione all’azione”, non tanto nella semplice comprensione (Thagard dice che non sono né necessari né sufficienti a questo fine): The adoption of norms makes it possible to reason about what is right and wrong, but these norms have an emotional underpinning that intrinsically provides a connection between morality and action: people are moral because of their emotional commitment to normative rules (praticamente un complemento all’ottica evoluzionista).  Una importante obiezione alla teoria generale su base neurale potrebbe  essere a mio avviso la considerazione secondo la quale anche in animali in cui non sono stati riscontrati i neuroni a specchio si presentano indiscussi comportamenti morali (anche i ratti!). Per cui al limite potremmo solo parlare di talune specificità.  Il tema è quindi un cantiere aperto...

http://blogs.discovermagazine.com/crux/2013/10/02/the-shocking-truth-of-the-notorious-milgram-obedience-experiments/#.UkxfnbwQuDR

 (*nota) :
per dovere informativo: Gina Perry ha di recente messo in discussione la validità metodologica di questi esperimenti (Milgram).  Da approfondire il fondamento di questa critica). Si veda anche il Nr. 209 sul tema.



Aggiornamento del tema al punto Nr. 172 del Menu "L'alba della morale" e al Nr. 246 (aggressività e prevenzione etica)