047. L'effetto spettatore

L'EFFETTO SPETTATORE O SINDROME GENOVESE




"ognuno deve sentirsi l’unico responsabile di tutto" (Don Lorenzo Milani)

L'effetto spettatore o sindrome Genovese (bystander effect or Genovese syndrome) è un fenomeno psicologico sociale che si riferisce ai casi in cui gli individui non offrono alcun tipo di aiuto alla vittima in caso di emergenza, qualora altra gente sia presente. Spesso accade che quanto maggiore è il numero degli spettatori, tanto meno é probabile che qualcuno di loro aiuterà. Si presuppone che qualcun'altro interverrà e pertanto ciascuno si sente meno responsabile.
 
Questo vale a mio parere anche al di là dei classici casi di emergenza ed il discorso può e deve essere esteso esattamente nel senso di Don L. Milani, la cui massima mi pare essere un presupposto etico imprescindibile o meglio un imprescindibile strumento di implementazione etica. Quante volte abbiamo sentito disagio nel vedere persone adagiate sui marciapiedi in pessime condizioni e siamo semplicemente passati oltre, senza neanche dare un euro. Forse, per la troppa folla, che nulla facendo, ci ha dato l'impressione che nulla ci sia da fare.

Quanto detto rientra anche nella nozione di coscienza civica, impegno politico, lotta per i diritti. Che ciascuno di noi, da solo, si senta responsabile di tutto ciò che succede, ora e nel mondo.

L’effetto spettatore rientra spesso nel processo di trasformazione del diverso in inferiore.

La trasformazione del Diverso in  Inferiore mira ad un preciso scopo: renderlo invisibile, o meglio rendere invisibili gli abusi e le violenze nei suoi confronti. Se il Diverso nella percezione del gruppo più forte diventa un Clandestino  lo si potrà schiacciare senza creare una particolare indignazione. I Clandestini, come i Pidocchi, non hanno diritti.

“Non posso vedervi, ho già i miei problemi, la mia casa  cui badare e questi bastano e avanzano”:  è una nullificazione dell’Altro all’interno del proprio campo percettivo e si potrebbe parlare di allucinazione ovvero grave patologia relazionale se non fosse un modello di comportamento legittimato dalle istituzioni più forti. Cosa vi è di male nel non prestare soccorso ad un clandestino? Se neanche la giustizia e la polizia vedono che ogni notte migliaia di  stranieri, minori e non, dormono sulla strada perché mai dovrebbero vederli i cittadini? Hanno fame, sete, freddo, sono malati. Eppure non ci sono.

Spesso il processo di nullificazione e deumanizzazione  dell’Altro da parte del gruppo più forte  inizia con una definizione denigratoria. Conferire un’etichetta, anche nello scherzo, si delinea quale gesto unilaterale e quindi esercizio di potere.

Si possono riconoscere diversi gradi nel processo di nullificazione sociale. Quello di primo grado, non innocuo,  è il campanilismo, il classico “terrone” ad esempio  che in varie forme si tramanda dal Lombroso e dal Niceforo fino ai nostri giorni. Vi è poi il grado successivo costituito dalla dicotomia normale/anormale: tossico, culattone, matto. Segue l’abbassamento di razza: negro, vu cumprà, extracomunitario, zingaro.  Fino all’abbassamento di specie: gli ebrei nella Germania nazista erano i pidocchi.