082. La tesi dell'asimmetria

pag. 295, 296, 297: "A cosa servono le Costituzioni", di Cass.R. Sunstein, Ed. Il Mulino Saggi.

"Un importante luogo comune della teoria e della prassi democratica, così, potrebbe essere quello che va sotto il nome di tesi dell'asimmetria. Secondo questa tesi, non costituisce un problema applicare il diritto civile o penale ordinario alle istituzioni religiose, ma è problematico applicare a tali istituzioni la proibizione giuridica della discriminazione sessuale. Cosi, è accettabile proibire ai preti di malmenare le donne (o qualunque altra persona) nel compimento di un rito religioso, o proibire agli ebrei ortodossi di commettere violenze su donne rabbino riformate, anche se sono sinceramente motivati dall'idea religiosamente fondata che i rabbini debbano essere solo uomini. Ma generalmente si ritiene inaccettabile proibire la segregazione sessuale nell'istruzione o proibire a gruppi religiosi di escludere donne da certi ambiti.

 Qual'è la fonte di tale asimmetria? Può essere difesa?

La libertà di religione ha un posto privilegiato nelle democrazie costituzionali; e negli Stati Uniti, come altrove, la legge che proibisce la discriminazione sessuale contiene esenzioni di rilievo per quanto riguarda le istituzioni religiose. La legge stessa consente "requisiti occupazionali bona fide" basati sul sesso, e le corti hanno deciso che la clausola costituzionale sul libero esercizio della religione richiede alle corti di astenersi dal giudicare cause di discriminazione sessuale intentate dai ministri di un culto contro la Chiesa o l'istituzione religiosa per cui lavorano: anche se ovviamente gli stessi ministri possono invece dununciare una violenza o uno stupro. Questo principio è stato interpretato piuttosto elasticamente come se si applicasse anche ai laici che lavorano per le istituzioni il cui compito primario consiste nel propagare la fede o nel soprintendere a riti religiosi (comprese le scuole secondarie e le università). Come ho suggerito, la dottrina che ne deriva è un rompicapo: quasi nessuno in generale crede che tali organizzazioni debbano essere esentate dalla maggior parte delle leggi che proibiscono crimini civili e penali. Il dilemma non solo è evidente, ma è anche serio, perchè ci sono ragioni per credere che alcune delle forme di discriminazione sessuale più perniciose siano il risultato delle parssi delle istituzioni religiose, che possono produrre norme interiorizzate di subordinazione. Queste norme interiorizzate contribuiscono alla produzione di un sistema di CASTE basato sul sesso. Sia i ragazzi sia le ragazze apprendono una grande quantità di cose sul proprio ruolo da ciò che insegna loro la religione. Naturalmente, molte istituzioni religiose aderiscono all'uguaglianza tra i sessi: ma non si tratta affatto di un'adesione generale. Prendiamo il caso estremo nel quale i membri di una comunità religiosa credono che gli uomini e le donne debbano occupare per legge di natura differenti ruoli sociali, i quali prevedono che gli uomini siano impegnati principalmente a portare a casa il pane e le donne si dedichino principalmente al ruolo di madri. Abbiamo visto che, se i membri di una comunità comunicano soprattutto fra loro, è facile che al loro interno questa opinione non solo venga perpetuata, ma anche rafforzata: con la concreta possibilità di ritrovarsi con un versione estremistica d ciò che l persone pensavano all'inizio. Questo rafforzamento, attraverso la discussione interna, è strettamente associato con la creazione di una cittadinanza di seconda classe per le donne e con la creazione di un sistema di caste basato sul genere. Per coloro che si oppongono alle idee e alle prassi discriminatorie, la scappatoia dell'exit - il diritto per le donne di lasciare un ordine religioso - è fondamentale. Ma il diritto di andarse non sarà sufficiente se le giovani ragazze sono state educate in modo per cui sono incapaci di giudicare le prassi con le quali sono cresciute. Le preferenze e le credenze delle persone non riflettono la libertà quando sono la conseguenza di condizioni ambientali ingiuste; in simili circostanze non è nemmeno chiaro se le preferenze in questione siano autenticamente "loro". C'è un problema ulteriore. Decisioni apparentemente isolate di singole donne possono contribuire a determinare e riprodurre norme inegualitarie dannose per altre donne. Le donne che ambiscono alla parità sessuale, quindi, si trovano ad affrontare un problema di azione collettiva; atti razionali di singole donne possono contribuire a mantenere in vita le norme discriminatorie. A dir poco, non è scontato come una democrazia costituzionale dovrebbe rispondere a questo problema. Ma alcune misure che vietino la discriminazione sessuale, inclusa la discriminazione operata dalle istituzioni religiose, potrebbe migliorare le cose"