Straw man per omonimia
"Esempio 2. Io biasimavo il principio d'onore, giudicando incomprensibile che chi subisce un'offesa perda l'onore a meno che non la ricambi con una offesa maggiore o che non lavi l'onta con il sangue, quello del nemico o il proprio; come ragione addussi che il vero onore non puó essere ferito da ció che si subisce, ma soltanto da ció che si fa; perché a chiunque di noi puó succedere di tutto. L'avversario attaccó direttamente la mia ragione; egli mi dimostró in modo lampante che se si calunniasse un commerciante dicendo che imbroglia o commette illegalitá, o che é negligente nel suo mestiere, questo sarebbe un attacco al suo onore che qui verrebbe ferito unicamente per ció che egli subisce, e che egli potrebbe ripristinare soltando facendo punire tale calunniatore o costringendolo a smentire l´accusa. Qui egli scambió dunque, per l'omonimia, l'onore civile, che si chiama altrimenti buon nome e che viene offeso col discredito, con il concetto di onore cavalleresco, chiamato anche point d'honneur e che viene offeso con le ingiurie. E poiché un attacco al primo non puó essere trascurato, ma deve essere respinto con la pubblica confutazione, con lo stesso diritto anche un attacco al secondo non dovrebbe rimanere ignorato, ma dovrebbe essere respinto con un'ingiuria piú forte e con il duello. Dunque: una confusione di due cose essenzialmente diverse favorita dall'omonimia della parola onore: e cosí l'omonimia dá origine a una mutatio controversiae “ (A. Schopenhauer)
Un altro esempio potrebbe essere individuato nel termine eutanasia (decisione di Stato per una categoria di individui considerati inferiori oppure scelta dell’individuo per se stesso in caso di malattia inguaribile). In alcuni dibattiti talora si crea una voluta confusione tra due significati profondamente diversi, nel contesto di una più ampia fallacia ad Hitlerum.
Vi sono poi degli straw man che si basano sulla mancata definizione in via preliminare di concetti per alcuni versi affini: “giustizia è stata fatta!” (dopo un’esecuzione capitale). In questo contesto tempo addietro si è svolta un’interessante discussione sul gruppo FB Fallacie Logiche dedicata alla differenza tra punizione e vendetta. Ne riporto gli interventi che si sono succeduti a mò di brainstorming.
Lo spunto iniziale partiva dal seguente link:
http://news.nationalgeographic.com/news/2004/08/0827_040827_punishment.html
"una persona che si sente tradita si trova in una brutta situazione con sensazioni spiacevoli. Detta persona si sentirebbe ancora peggio se il traditore non ricevesse la giusta punizione. Alcuni studiosi ritengono che il cosidetto altruistic punishment sia il collante della società. Ma la mia domanda è: vi è una differenza tra punizione e vendetta? Se si quale? Sia a livello pubblico che privato”
MARIO : Può darsi che la punizione altruistica sia il collante della società attuale, ma non credo di una società ideale. Addirittura di fronte al male (il vero male, quello morale) ho la sensazione che la reazione "giusta" non sarebbe un desiderio di rivincita, ma un sentimento quasi di indifferenza, di diversità, di alienazione.
ANNA : Anche secondo me la vendetta è personale (siamo io e te, io prendo la mia vendetta su di te per un tuo comportamento che mi ha danneggiato) mentre la punizione è sociale e assume aspetti giuridici. In entrambi i casi quello che gioca è un principio di reciprocità, che però nel caso della punizione è supportato dal sistema delle leggi. E' curioso ma brutale che la società si regga sul "punimento altruistico". Andrebbe fatto un bel ragionamento sulla questione dell'aggressività. La mia sensazione è che si regga su un principio di reciprocità che può riguardare sia gli aspetti negativi (punizione) che quelli positivi (premio). Mi piacerebbe un esperimento simile sui comportamenti altruistici positivi. (E mi piacerebbe un esperimento simile che avesse fra i soggetti studiati una percentuale eguale di donne e di uomini, invece che soli uomini, ma questo è un altro discorso...)"
SILVIA : interessante. Ma se l'unica differenza è questa, tutto il nostro sistema si fonda sulla vendetta. Perchè abbiamo quindi "creato" anche il termine punizione? solo per distinguere l'ambito giuridico da quello privato? e perchè nel privato il medesimo concetto assume una connotazione negativa mentre nel giuridico no? Il principio è lo stesso.
A mio parere la differenza è un'altra: la punizione ha anche una connotazione rieducativa, mira anche, ma non solo, a far comprendere il male fatto. E offre una "seconda" possibilità. La vendetta è fine a se stessa e non offre possibilità di riscatto. In questo senso ritengo quindi sensata la "punizione" anche nel privato, uguale che si tratti di bambini o adulti. Difficile pero stabilire un'esatta corrispondenza tra male causato e pena inflitta...il rischio è sempre quello di esagerare sfociando nella vendetta...Inoltre il discorso è interessante nel contesto della tematica a me cara della funzione prevalentemente se non esclusivamente rieducativa del carcere (posizione alquanto recente direi, una grande conquista sia in senso sociale che cognitivo) : se cosi non fosse avremmo pura vendetta. Con tutte le connotazioni etiche del caso, stesso dicasi per la pena di morte, laddove non è data la possibilità di riscatto e ci troviamo quindi di fronte non ad una punizione ma a pura vendetta. E come la mettiamo poi con l'inferno? punizione o vendetta? :) se lo si definisce come punizione bisogna cercare il discrimine tra i due termini altrove...
LUIGI : Ok ma c'è anche il rischio di comminare una pena troppo lieve, in tal caso il soggetto si sentirebbe due volte tradito ed il traditore conscio di averla fatta franca non esiterebbe a reiterare
GIUSEPPE : senza fare ricerche, senza neanche leggere l'articolo (non ho tempo), la butto lì come mi viene: nella punizione c'è un contenuto riabilitativo. Dunque, per un bambino, è probabilmente punizione quella della madre, vendetta quella della pena di morte.
PIERO : Credo che sia necessario distinguere in primo luogo tra valori e regole condivisi e valori individuali. Le regole non possono essere violate e la punizione, codificata, che scaturisce dalla violazione delle regole è essenza del sistema. I v...alori condivisi non “dovrebbero” essere violati, ma la punizione è applicabile solo quando ai valori violati è collegata una norma, cioè una regola. Il concetto ha origini antiche, già nelle società arcaiche vigeva la punizione causata dalle regole infrante, una sorta di “vendetta” della collettività contro il singolo. Dunque non vendetta come rancore, risentimento, ma come giustizia sociale. La punizione, in alcune società antiche, (ma anche in alcuni ordinamenti moderni, si pensi alla fatwa islamica) poteva essere comminata da chiunque si facesse, come boia, esecutore, interprete della “vendetta” della comunità, e ciò costituiva un dovere sociale e morale. Nell’antica Grecia il colpevole, socialmente parlando, poteva anche evitare la vendetta pagando una somma di denaro o andando in esilio, ma questo è un altro argomento. Il concetto di vendetta sociale era impregnato di senso di giustizia. Nelle società moderne la vendetta pubblica, cioè la punizione scaturita dalle regole infrante, è comminata da un soggetto della società stessa che esercita la funzione giurisdizionale. In tal senso vendetta, punizione e giustizia coincidono. La vendetta scaturita dalla presunta violazione di valori individuali, cioè dello schema di valori che ogni singola persona ritiene fondamentale, per sé e per la propria famiglia, non riguarda la collettività, che resta totalmente estranea, almeno fino al momento in cui il soggetto che si ritiene violato reagisce comminando una “sua” punizione, violando così, egli stesso, il sistema di regole che vuole che la punizione sia delegata al soggetto istituzionale. In tal senso la punizione, la reazione vendicativa individuale, non è legittimata dalla società e quindi a sua volta punita. La vendetta privata attiene alla sfera delle emozioni, il risultato è l’appagamento emotivo (o, a volte, il rimorso); la vendetta pubblica, cioè la punizione, attiene alla sfera della giustizia sociale, il risultato è il ripristino della legalitá. Per concludere, va aggiunto che oggi il concetto di vendetta applicato alla sfera pubblica è sempre più lontano dalla cultura dominante, specie in occidente, che ritiene la punizione un atto di giustizia tout court, abbinato alla riabilitazione sociale dell’individuo, quindi punizione e riabilitazione, cioè rieducazione (concetto illuministico); mentre la vendetta resta nella sfera privata. In realtà anche il vendicatore privato non sempre culmina la sua azione con la morte dell’avversario ma con la comminazione di una “punizione” equilibrata; in tal senso persino il vendicatore privato mira, in certi casi, alla rieducazione (mi hai rubato il cavallo e io ti sottraggo un bene equivalente e così comprendi il mio disagio); non a caso, la disputa spesso termina con un accordo tacito (pari e patta), nessuno dei due ruberà mai più il bene all’altro.
CESARE:
In ritardo, ma arrivo. Non sono d'accordo nell'equiparare la vendetta alle misure detentive comminate da tribunali democratici. Nella vendetta c'è un intento restitutivo: occhio per occhio dente per dente. E' vero che chi si vendica in rea...ltà non ci guadagna nulla, e nulla viene restituito, però è come se perseguisse un'ideale di parificazione: faccio a te quello che hai fatto a me, e saremo pari. La distruzione che porto su di te mi "ripaga", non materialmente ma idealmente, di ciò che hai fatto a me. A questa logica si oppone l'illuminismo: ci sono ancora pene restitutive (rifondere denaro rubato ad esempio, o svolgere lavori socialmente utili), ma, almeno a livello ideale, la privazione di libertà non dovrebbe avere carattere punitivo. Ha un carattere rieducativo, come è stato notato, ma non solo. E' soprattutto una misura preventiva: hai fatto un danno alla società, ti separo dalla società affinché non danneggi altri in futuro, per un periodo di tempo che suppongo sufficiente affinché tu venga rieducato e abbandoni mentalità e logiche illegali se non criminali. Uno stupratore deve essere incarcerato, non perché ha stuprato (non perché ha una colpa, concetto religioso), ma perché se lasciato libero potrebbe stuprare di nuovo.Questo è il piano ideale di ciò che dovrebbe essere il carcere in una società democratica, quindi qualcosa che nulla ha a che vedere con la vendetta. A livello empirico, il discorso è ben diverso: l'opinione pubblica spesso trae soddisfazione dall'incarcerazione di criminali come se fosse una vendetta e, soprattutto, il carcere più che rieducativo è semmai maestro di crimine, in primo luogo per i criminali di strada. un'altra considerazione, a rischio di logorrea: nella punizione, come nella vendetta, si colpisce l'atto in sé, considerato una colpa. Si punisce lo stupratore per lo stupro perpetrato. Nei tribunali democratici, si interviene non sull'atto... in sé (concezione moralistica o religiosa), ma sulle sue conseguenze o effetti (concezione laica e ispirata alla giustizia): lo stupro è un crimine non in sé, ma per i tragici "effetti" sulla donna. E da qui la prevenzione: si incarcera per prevenire che altre donne possano subire questa tragedia, non per punire lo stupratore.
PIERO : In linea di massima sono d'accordo con Cesare, anche se non sempre la punizione, in senso giuiridico, colpisce gli effetti di un atto delittuoso, infatti si punisce anche il tentativo di delitto, ma a questo punto dovremmo analizzare la ratio delle norme che puniscono il tentato delitto, e anche l'attentato, che si pone a metà strada tra il delitto tentato e il delitto realizzato, a seconda dell'esito. Questa tipologia di punizione esclude il concetto di vendetta. Le considerazioni che ho fatto nel mio post precedente partivano un pò più da lontano, quelle di Del Frate partono, legittimamente, dalle idee illuministiche. Certo l'argomento potrebbe essere esteso, non abbiamo parlato della vendetta perpetrata dagli dei, per esempio, o di cosa c'è di divino nella vendetta, della vendetta in senso biblico, della faida, della vendetta così com'è intesa nel linguaggio mafioso, della vendetta tribale (in certe zone dell'Albania, in piena Europa, ancora esiste). Alla fine, sono d'accordo con Silvia quando dice che, sulla base dei principi, vendetta e punizione sono la stessa cosa, e che la differenza è che la punizione ha anche una connotazione rieducativa, mentre la vendetta é fine a se stessa.
SONIA : Cara Silvia a parer mio e parlando da un punto di vista puramente legislativo, la punizione o pena sostituisce la vendetta - che resta un fatto privato punito dalla legge - e dovrebbe avere la funzione del mantenimento dell'ordine sociale in quanto una società (=organizzazione di individui) per poter esistere ha bisogn...o di darsi delle regole. La trasgressione di queste regole comporta di solito una punizione che in un ordinamento moderno ha sia una funzione di ripristino dell'equilibrio sociale alterato dalla violazione della regola, sia una funzione educativa. Ritengo che l'espressione "collante della società" usata per definire la punizione vada intesa in questo senso. Tuttavia a parere mio è solo uno dei molti collanti che tengono insieme la società, quello che interviene solo per correggere una situazione patologica...la violazione delle regole appunto. Spero in cuor mio che i collanti principali di una società siano altri....etica, valori, solidarietà umana......
MASSIMO: Cara Silvia, è una discussione interessante... A mio parere, la punizione restituisce alla società, al gruppo o all`individuo ( nel caso di punizioni in relazioni biunivoche - mamma / figlio, ad esempio - ) lo stato di equilibrio a seguito di una trasgressione riconosciuta tale dalla legge, norma o uso, ed è comunque p...arte di un sistema etico condiviso; la vendetta restituisce all`individuo o alla collettività il presunto stato di dignità ex ante a seguito di una trasgressione contemplata in un codice d`onore, sociale, di gruppo, o individuale, dandogli carattere di ristoro e/o ripristino del danno morale ma non di giustizia. A maggior ragione, la giustizia potrebbe non dare il giusto ristoro alle parti, e viceversa, la vendetta potrebbe essere all`opposto rispetto ad un sistema di valori "giuridici" ed addirittura, contra legem ( intendo quì proceduralmente e non come pena). seconda parte...L`entità della punizione ha un modulo prestabilito o riconosciuto dalle parti (sotto forma di contratto etico anche solo in forma latens), nella vendetta l`entità può essere riconosciuta anche solo in modo unilaterale in funzione di un modulo soggettivo di valutazione del danno/torto subito, e perciò no...n avere il carattere di bilateralità condivisa. Infine secondo me la punizione può prevedere la ricostruzione dell`equilibrio (equilibrio statico) fra le parti (società - individuo, madre - figlio, etc.), la vendetta è dotata di equilibrio dinamico; perpetua l`equilibrio attraverso se stessa, ha carattere iterativo ed euristico. In senso storico, la vendetta nasce nell`organizzazione in nuce come sistema legato alle percezioni limbiche anche se di gruppo, seguita nel tempo dall`organizzazione del sistema della punizione (o vendetta etica) che limita i danni al sistema, nel breve e lungo termine, nella sua globalità e gestibilità ordinaria e strategica
PAOLA : sì, concordo su tutto. non può essere spiegato in modo migliore.
La vendetta non comprende la reintegrazione, la punizione (evoluta) sì. Attenzione però a non far diventare la punizione uno strumento di controllo del comportamento.
ROY : There are some very nice responses to this topic. I will divide mine into Punishment and Revenge: Punishment:I think there is difference between punishment and revenge. ...Punishment stems from our sense of justice that when someone wrongs another, he/she ought to pay for their crime. That is a person gets in return a punishment commensurate with a perceived evil or unlawful deed he/she may have done. This is epitomized in the Biblical passage, "An Eye for an eye." or "Let the punishment fit the crime." which is attributed to Cicero. There is a sense of detachment associated with punishment which is initiated or enforced as a legal edict. Revenge: Revenge seems to proceed along similar lines, but carries with it a personal act of retribution which is a strong emotional reaction to a perceived hurt/injury. The one wanting revenge wants the perpetrator punishment perspective, the act of retribution may be far greater than what the perceived injury may have deserved but because the act of retribution for revenge is relative it is possible for the retribution to be less than what the crime would have justly deserved.......I look at rehabilitation as being distinctly different than punishment. I do believe that the goal of all judicial and penal systems should be rehabilitation, but that is not the same as punishment. Punishment, whether it be the deprivation of liberty or something worse, and though it may provide a future deterrence based upon the fact that a person doesn't want to repeat behavior which could lead to rehabilitation, but that is not rehabilitation. That is possibly a side effect. I believe that the most effective way to achieve rehabilitation is through some kind of dialog where the criminal comes to see their criminal behavior as something to be eschewed. As we well know, if this doesn't occur, criminals are very likely to return to their former behavior. There is of course the deterrent effect to consider as well. I personally don't think it is very effective, but perhaps in a few cases, the expectation of a certain punishment may deter some people from committing crime. Of course the deterrent effect becomes even less effective where crimes of passion are concerned.
CARLO : Secondo me la vendetta a differenza della punizione si configura a livello piu' personale cioe' quando la questione di svolge privatamente tra le parti in causa e serve per risolvere questioni di tipo emotivo.
La punizione differisce innanzi tutto perche' é prevista in un ottica rieducativa (anche se la detenzione non so quale finalita' rieducativa posso avere..... ). Altra differenza sostanziale della punizione e che é riconsciuta dall'ordinamento giuridico di un paese; " se sbaglio pago" ; ad esempio la multa e la detenzione sono delle tipologie diverse di punizione previste per il soggetto che ha provocato un dolo e che quindi deve scontare la una pena (questa definizione non ha niente a che vedere con la cultura cristiana perche' altrimenti entrerebbe in gioco il concetto di perdono).
SILVIA: ho appena trovato sul web questa interessante sintesi. Entrambe consistono nel comminare una sofferenza.
"La pena può svolgere varie funzioni: una funzione meramente retributiva (o assoluta), una funzione di prevenzione generale e una funzione di prevenzione speciale. Secondo la teoria meramente retributiva, la sanzione penale deve servire a punire il colpevole per il male provocato dalla sua azione illecita: l'idea retributiva implica il concetto di personalità, di determinatezza, di proporzionalità e di inderogabilità della pena medesima. Secondo la teoria della prevenzione generale, la pena consiste in una minaccia che serve a distogliere la generalità dei consociati dal compiere atti socialmente dannosi. Infine, secondo la teoria della prevenzione speciale, la pena svolge un compito intimidatorio volto alla dissuasione del singolo (condannato) dal commettere nuovi reati e, contemporaneamente, compiti rieducativi e correttivi che le varie modalità di esecuzione (misure alternative, sostitutive, accessorie) dispiegano sui condannati. Le tre teorie convivono in dottrina: la funzione della pena è infatti considerata triplice dalla dottrina maggioritaria" . Quindi, a mio parere, la funzione retributiva coincide pienamente con il concetto di vendetta, la funzione di prevenzione si e no nel senso che lo "spavento" fa parte sia del concetto di vendetta che di punizione, laddove pero nel secondo caso deve essere associato alla comprensione e rielaborazione dell'accaduto, vale a dire riabilitazione. Quindi questa "convivenza" potrebbe essere considerata il discrimine rispetto alla vendetta.
Lo spunto iniziale partiva dal seguente link:
http://news.nationalgeographic.com/news/2004/08/0827_040827_punishment.html
"una persona che si sente tradita si trova in una brutta situazione con sensazioni spiacevoli. Detta persona si sentirebbe ancora peggio se il traditore non ricevesse la giusta punizione. Alcuni studiosi ritengono che il cosidetto altruistic punishment sia il collante della società. Ma la mia domanda è: vi è una differenza tra punizione e vendetta? Se si quale? Sia a livello pubblico che privato”
MARIO : Può darsi che la punizione altruistica sia il collante della società attuale, ma non credo di una società ideale. Addirittura di fronte al male (il vero male, quello morale) ho la sensazione che la reazione "giusta" non sarebbe un desiderio di rivincita, ma un sentimento quasi di indifferenza, di diversità, di alienazione.
ANNA : Anche secondo me la vendetta è personale (siamo io e te, io prendo la mia vendetta su di te per un tuo comportamento che mi ha danneggiato) mentre la punizione è sociale e assume aspetti giuridici. In entrambi i casi quello che gioca è un principio di reciprocità, che però nel caso della punizione è supportato dal sistema delle leggi. E' curioso ma brutale che la società si regga sul "punimento altruistico". Andrebbe fatto un bel ragionamento sulla questione dell'aggressività. La mia sensazione è che si regga su un principio di reciprocità che può riguardare sia gli aspetti negativi (punizione) che quelli positivi (premio). Mi piacerebbe un esperimento simile sui comportamenti altruistici positivi. (E mi piacerebbe un esperimento simile che avesse fra i soggetti studiati una percentuale eguale di donne e di uomini, invece che soli uomini, ma questo è un altro discorso...)"
SILVIA : interessante. Ma se l'unica differenza è questa, tutto il nostro sistema si fonda sulla vendetta. Perchè abbiamo quindi "creato" anche il termine punizione? solo per distinguere l'ambito giuridico da quello privato? e perchè nel privato il medesimo concetto assume una connotazione negativa mentre nel giuridico no? Il principio è lo stesso.
A mio parere la differenza è un'altra: la punizione ha anche una connotazione rieducativa, mira anche, ma non solo, a far comprendere il male fatto. E offre una "seconda" possibilità. La vendetta è fine a se stessa e non offre possibilità di riscatto. In questo senso ritengo quindi sensata la "punizione" anche nel privato, uguale che si tratti di bambini o adulti. Difficile pero stabilire un'esatta corrispondenza tra male causato e pena inflitta...il rischio è sempre quello di esagerare sfociando nella vendetta...Inoltre il discorso è interessante nel contesto della tematica a me cara della funzione prevalentemente se non esclusivamente rieducativa del carcere (posizione alquanto recente direi, una grande conquista sia in senso sociale che cognitivo) : se cosi non fosse avremmo pura vendetta. Con tutte le connotazioni etiche del caso, stesso dicasi per la pena di morte, laddove non è data la possibilità di riscatto e ci troviamo quindi di fronte non ad una punizione ma a pura vendetta. E come la mettiamo poi con l'inferno? punizione o vendetta? :) se lo si definisce come punizione bisogna cercare il discrimine tra i due termini altrove...
LUIGI : Ok ma c'è anche il rischio di comminare una pena troppo lieve, in tal caso il soggetto si sentirebbe due volte tradito ed il traditore conscio di averla fatta franca non esiterebbe a reiterare
GIUSEPPE : senza fare ricerche, senza neanche leggere l'articolo (non ho tempo), la butto lì come mi viene: nella punizione c'è un contenuto riabilitativo. Dunque, per un bambino, è probabilmente punizione quella della madre, vendetta quella della pena di morte.
PIERO : Credo che sia necessario distinguere in primo luogo tra valori e regole condivisi e valori individuali. Le regole non possono essere violate e la punizione, codificata, che scaturisce dalla violazione delle regole è essenza del sistema. I v...alori condivisi non “dovrebbero” essere violati, ma la punizione è applicabile solo quando ai valori violati è collegata una norma, cioè una regola. Il concetto ha origini antiche, già nelle società arcaiche vigeva la punizione causata dalle regole infrante, una sorta di “vendetta” della collettività contro il singolo. Dunque non vendetta come rancore, risentimento, ma come giustizia sociale. La punizione, in alcune società antiche, (ma anche in alcuni ordinamenti moderni, si pensi alla fatwa islamica) poteva essere comminata da chiunque si facesse, come boia, esecutore, interprete della “vendetta” della comunità, e ciò costituiva un dovere sociale e morale. Nell’antica Grecia il colpevole, socialmente parlando, poteva anche evitare la vendetta pagando una somma di denaro o andando in esilio, ma questo è un altro argomento. Il concetto di vendetta sociale era impregnato di senso di giustizia. Nelle società moderne la vendetta pubblica, cioè la punizione scaturita dalle regole infrante, è comminata da un soggetto della società stessa che esercita la funzione giurisdizionale. In tal senso vendetta, punizione e giustizia coincidono. La vendetta scaturita dalla presunta violazione di valori individuali, cioè dello schema di valori che ogni singola persona ritiene fondamentale, per sé e per la propria famiglia, non riguarda la collettività, che resta totalmente estranea, almeno fino al momento in cui il soggetto che si ritiene violato reagisce comminando una “sua” punizione, violando così, egli stesso, il sistema di regole che vuole che la punizione sia delegata al soggetto istituzionale. In tal senso la punizione, la reazione vendicativa individuale, non è legittimata dalla società e quindi a sua volta punita. La vendetta privata attiene alla sfera delle emozioni, il risultato è l’appagamento emotivo (o, a volte, il rimorso); la vendetta pubblica, cioè la punizione, attiene alla sfera della giustizia sociale, il risultato è il ripristino della legalitá. Per concludere, va aggiunto che oggi il concetto di vendetta applicato alla sfera pubblica è sempre più lontano dalla cultura dominante, specie in occidente, che ritiene la punizione un atto di giustizia tout court, abbinato alla riabilitazione sociale dell’individuo, quindi punizione e riabilitazione, cioè rieducazione (concetto illuministico); mentre la vendetta resta nella sfera privata. In realtà anche il vendicatore privato non sempre culmina la sua azione con la morte dell’avversario ma con la comminazione di una “punizione” equilibrata; in tal senso persino il vendicatore privato mira, in certi casi, alla rieducazione (mi hai rubato il cavallo e io ti sottraggo un bene equivalente e così comprendi il mio disagio); non a caso, la disputa spesso termina con un accordo tacito (pari e patta), nessuno dei due ruberà mai più il bene all’altro.
CESARE:
In ritardo, ma arrivo. Non sono d'accordo nell'equiparare la vendetta alle misure detentive comminate da tribunali democratici. Nella vendetta c'è un intento restitutivo: occhio per occhio dente per dente. E' vero che chi si vendica in rea...ltà non ci guadagna nulla, e nulla viene restituito, però è come se perseguisse un'ideale di parificazione: faccio a te quello che hai fatto a me, e saremo pari. La distruzione che porto su di te mi "ripaga", non materialmente ma idealmente, di ciò che hai fatto a me. A questa logica si oppone l'illuminismo: ci sono ancora pene restitutive (rifondere denaro rubato ad esempio, o svolgere lavori socialmente utili), ma, almeno a livello ideale, la privazione di libertà non dovrebbe avere carattere punitivo. Ha un carattere rieducativo, come è stato notato, ma non solo. E' soprattutto una misura preventiva: hai fatto un danno alla società, ti separo dalla società affinché non danneggi altri in futuro, per un periodo di tempo che suppongo sufficiente affinché tu venga rieducato e abbandoni mentalità e logiche illegali se non criminali. Uno stupratore deve essere incarcerato, non perché ha stuprato (non perché ha una colpa, concetto religioso), ma perché se lasciato libero potrebbe stuprare di nuovo.Questo è il piano ideale di ciò che dovrebbe essere il carcere in una società democratica, quindi qualcosa che nulla ha a che vedere con la vendetta. A livello empirico, il discorso è ben diverso: l'opinione pubblica spesso trae soddisfazione dall'incarcerazione di criminali come se fosse una vendetta e, soprattutto, il carcere più che rieducativo è semmai maestro di crimine, in primo luogo per i criminali di strada. un'altra considerazione, a rischio di logorrea: nella punizione, come nella vendetta, si colpisce l'atto in sé, considerato una colpa. Si punisce lo stupratore per lo stupro perpetrato. Nei tribunali democratici, si interviene non sull'atto... in sé (concezione moralistica o religiosa), ma sulle sue conseguenze o effetti (concezione laica e ispirata alla giustizia): lo stupro è un crimine non in sé, ma per i tragici "effetti" sulla donna. E da qui la prevenzione: si incarcera per prevenire che altre donne possano subire questa tragedia, non per punire lo stupratore.
PIERO : In linea di massima sono d'accordo con Cesare, anche se non sempre la punizione, in senso giuiridico, colpisce gli effetti di un atto delittuoso, infatti si punisce anche il tentativo di delitto, ma a questo punto dovremmo analizzare la ratio delle norme che puniscono il tentato delitto, e anche l'attentato, che si pone a metà strada tra il delitto tentato e il delitto realizzato, a seconda dell'esito. Questa tipologia di punizione esclude il concetto di vendetta. Le considerazioni che ho fatto nel mio post precedente partivano un pò più da lontano, quelle di Del Frate partono, legittimamente, dalle idee illuministiche. Certo l'argomento potrebbe essere esteso, non abbiamo parlato della vendetta perpetrata dagli dei, per esempio, o di cosa c'è di divino nella vendetta, della vendetta in senso biblico, della faida, della vendetta così com'è intesa nel linguaggio mafioso, della vendetta tribale (in certe zone dell'Albania, in piena Europa, ancora esiste). Alla fine, sono d'accordo con Silvia quando dice che, sulla base dei principi, vendetta e punizione sono la stessa cosa, e che la differenza è che la punizione ha anche una connotazione rieducativa, mentre la vendetta é fine a se stessa.
SONIA : Cara Silvia a parer mio e parlando da un punto di vista puramente legislativo, la punizione o pena sostituisce la vendetta - che resta un fatto privato punito dalla legge - e dovrebbe avere la funzione del mantenimento dell'ordine sociale in quanto una società (=organizzazione di individui) per poter esistere ha bisogn...o di darsi delle regole. La trasgressione di queste regole comporta di solito una punizione che in un ordinamento moderno ha sia una funzione di ripristino dell'equilibrio sociale alterato dalla violazione della regola, sia una funzione educativa. Ritengo che l'espressione "collante della società" usata per definire la punizione vada intesa in questo senso. Tuttavia a parere mio è solo uno dei molti collanti che tengono insieme la società, quello che interviene solo per correggere una situazione patologica...la violazione delle regole appunto. Spero in cuor mio che i collanti principali di una società siano altri....etica, valori, solidarietà umana......
MASSIMO: Cara Silvia, è una discussione interessante... A mio parere, la punizione restituisce alla società, al gruppo o all`individuo ( nel caso di punizioni in relazioni biunivoche - mamma / figlio, ad esempio - ) lo stato di equilibrio a seguito di una trasgressione riconosciuta tale dalla legge, norma o uso, ed è comunque p...arte di un sistema etico condiviso; la vendetta restituisce all`individuo o alla collettività il presunto stato di dignità ex ante a seguito di una trasgressione contemplata in un codice d`onore, sociale, di gruppo, o individuale, dandogli carattere di ristoro e/o ripristino del danno morale ma non di giustizia. A maggior ragione, la giustizia potrebbe non dare il giusto ristoro alle parti, e viceversa, la vendetta potrebbe essere all`opposto rispetto ad un sistema di valori "giuridici" ed addirittura, contra legem ( intendo quì proceduralmente e non come pena). seconda parte...L`entità della punizione ha un modulo prestabilito o riconosciuto dalle parti (sotto forma di contratto etico anche solo in forma latens), nella vendetta l`entità può essere riconosciuta anche solo in modo unilaterale in funzione di un modulo soggettivo di valutazione del danno/torto subito, e perciò no...n avere il carattere di bilateralità condivisa. Infine secondo me la punizione può prevedere la ricostruzione dell`equilibrio (equilibrio statico) fra le parti (società - individuo, madre - figlio, etc.), la vendetta è dotata di equilibrio dinamico; perpetua l`equilibrio attraverso se stessa, ha carattere iterativo ed euristico. In senso storico, la vendetta nasce nell`organizzazione in nuce come sistema legato alle percezioni limbiche anche se di gruppo, seguita nel tempo dall`organizzazione del sistema della punizione (o vendetta etica) che limita i danni al sistema, nel breve e lungo termine, nella sua globalità e gestibilità ordinaria e strategica
PAOLA : sì, concordo su tutto. non può essere spiegato in modo migliore.
La vendetta non comprende la reintegrazione, la punizione (evoluta) sì. Attenzione però a non far diventare la punizione uno strumento di controllo del comportamento.
ROY : There are some very nice responses to this topic. I will divide mine into Punishment and Revenge: Punishment:I think there is difference between punishment and revenge. ...Punishment stems from our sense of justice that when someone wrongs another, he/she ought to pay for their crime. That is a person gets in return a punishment commensurate with a perceived evil or unlawful deed he/she may have done. This is epitomized in the Biblical passage, "An Eye for an eye." or "Let the punishment fit the crime." which is attributed to Cicero. There is a sense of detachment associated with punishment which is initiated or enforced as a legal edict. Revenge: Revenge seems to proceed along similar lines, but carries with it a personal act of retribution which is a strong emotional reaction to a perceived hurt/injury. The one wanting revenge wants the perpetrator punishment perspective, the act of retribution may be far greater than what the perceived injury may have deserved but because the act of retribution for revenge is relative it is possible for the retribution to be less than what the crime would have justly deserved.......I look at rehabilitation as being distinctly different than punishment. I do believe that the goal of all judicial and penal systems should be rehabilitation, but that is not the same as punishment. Punishment, whether it be the deprivation of liberty or something worse, and though it may provide a future deterrence based upon the fact that a person doesn't want to repeat behavior which could lead to rehabilitation, but that is not rehabilitation. That is possibly a side effect. I believe that the most effective way to achieve rehabilitation is through some kind of dialog where the criminal comes to see their criminal behavior as something to be eschewed. As we well know, if this doesn't occur, criminals are very likely to return to their former behavior. There is of course the deterrent effect to consider as well. I personally don't think it is very effective, but perhaps in a few cases, the expectation of a certain punishment may deter some people from committing crime. Of course the deterrent effect becomes even less effective where crimes of passion are concerned.
CARLO : Secondo me la vendetta a differenza della punizione si configura a livello piu' personale cioe' quando la questione di svolge privatamente tra le parti in causa e serve per risolvere questioni di tipo emotivo.
La punizione differisce innanzi tutto perche' é prevista in un ottica rieducativa (anche se la detenzione non so quale finalita' rieducativa posso avere..... ). Altra differenza sostanziale della punizione e che é riconsciuta dall'ordinamento giuridico di un paese; " se sbaglio pago" ; ad esempio la multa e la detenzione sono delle tipologie diverse di punizione previste per il soggetto che ha provocato un dolo e che quindi deve scontare la una pena (questa definizione non ha niente a che vedere con la cultura cristiana perche' altrimenti entrerebbe in gioco il concetto di perdono).
SILVIA: ho appena trovato sul web questa interessante sintesi. Entrambe consistono nel comminare una sofferenza.
"La pena può svolgere varie funzioni: una funzione meramente retributiva (o assoluta), una funzione di prevenzione generale e una funzione di prevenzione speciale. Secondo la teoria meramente retributiva, la sanzione penale deve servire a punire il colpevole per il male provocato dalla sua azione illecita: l'idea retributiva implica il concetto di personalità, di determinatezza, di proporzionalità e di inderogabilità della pena medesima. Secondo la teoria della prevenzione generale, la pena consiste in una minaccia che serve a distogliere la generalità dei consociati dal compiere atti socialmente dannosi. Infine, secondo la teoria della prevenzione speciale, la pena svolge un compito intimidatorio volto alla dissuasione del singolo (condannato) dal commettere nuovi reati e, contemporaneamente, compiti rieducativi e correttivi che le varie modalità di esecuzione (misure alternative, sostitutive, accessorie) dispiegano sui condannati. Le tre teorie convivono in dottrina: la funzione della pena è infatti considerata triplice dalla dottrina maggioritaria" . Quindi, a mio parere, la funzione retributiva coincide pienamente con il concetto di vendetta, la funzione di prevenzione si e no nel senso che lo "spavento" fa parte sia del concetto di vendetta che di punizione, laddove pero nel secondo caso deve essere associato alla comprensione e rielaborazione dell'accaduto, vale a dire riabilitazione. Quindi questa "convivenza" potrebbe essere considerata il discrimine rispetto alla vendetta.
Un discorso simile può essere fatto per quanto riguarda la differenza tra odio e indignazione. L’indignazione potrebbe essere definita come una risoluta ribellione a quanto offende la dignità propria o altrui, una reazione forte e decisa, carica di emozionalità a seguito di quella che viene sentita e valutata come ingiustizia. L’odio può prendere le mosse sia da un’ingiustizia reale che da un’ingiustizia fittizia, laddove il fine principale non è quello di ricostituire un ordine o un equilibrio, di creare reciproca comprensione, bensì quello di annientare fisicamente o spiritualmente l’ “avversario”. Il seguente link offre una bella sintesi sul tema odio dall’antichità fino ai nostri giorni:
http://old.erickson.it/erickson/repository/pdf/PRODUCT_1368_PDF.pdf
Tutto questo sull'importanza delle definizioni preliminari, secondo insegnamento socratico.
http://old.erickson.it/erickson/repository/pdf/PRODUCT_1368_PDF.pdf
Tutto questo sull'importanza delle definizioni preliminari, secondo insegnamento socratico.