100. Scelta e Decisione



Sul gruppo Fallacie Logiche  è stato posto un quesito a mio parere di grande interesse.  Mi limiterò a riportare due definizioni che permetteranno a ciascuno l’avvio di una riflessione al proposito.

Il quesito:

Quale è la differenza tra lo scegliere e il decidere? Non sembri banale ma sta qui la spiegazione del perché abbiamo una classe dirigente che non innnova più. Su questa distinzione si gioca il senso pionieristico che in Italia abbiamo perso. Mattei, Rodolfo DeBenedetti, Pasquale Pistorio, Steve Jobs, etc. decidevano o sceglievano? Non credi che a seconda che si “decida” o si “scelga” si fa “industria” o “azienda”? Sarebbe interessante aprire un dibattito su tale tematica” (Ing. Sebastiano Abbenante).

“Oggi nelle aziende e nelle organizzazioni che conseguono fini (industriali, economici e di servizio) si compiono analisi di tutti i tipi applicando criteri (modelli) di discernimento. I criteri per essere applicati hanno bisogno di dati in gran quantità. L'elaborazione dei dati, tramite i modelli che contengono criteri, prospettano un ventaglio di possibilità tutte generalmente finalizzate allo scopo. La scelta pertanto è una condizione in cui il rischio viene abbattuto perché la preanalsi è stata effettuata e il ventaglio di possibilità individuato. Le scelte non sono dirompenti tra loro, ma tra loro finalizzate (variamente) al fine posto. Quando si è in presenza di scarsità di dati e di incertezza di contesto allora non possono essere prospettate scelte perché il ventaglio di opzioni è vuoto, occorre decidere, ossia assumere una direzione di marcia sulla base dei pochissimi dati disponibili e dell'intelligenza emotiva ed esperenziale di chi la decisione la assume. In questo atto c'è tutta l'intraprendenza, la sensorialità, il rischio, la propositività e l'emotività che un soggetto o un gruppo di soggetti può assumere di fronte alla storia della propria organizzazione, ovviamente con tutta l'assunzione di responsabilità e di rischio che il contesto presenta. Certi uomini del passato, per calcare strade nuove, decidevano e rischiavano un po' come Ulisse che sulla sua pelle sperimentò gioie e dolori e mai si fermò. Ne consegue che la qualità umana, nei due casi, è profondamente diversa. Ovviamente quando si è in presenza di una buona quantità di dati conviene scegliere, ma quando il contesto è indeterminato, gli obiettivi ambiziosi e i dati sono pochi, la decisione è l'ultima alternativa e occorre perseguirla se si vuole innovare. in Italia purtroppo assistiamo a varie scelte e a pochissime (quasi nulle) decisioni, nessuno osa rischiare e scoprire nuove frontiere, nessun Ulisse si nota in politica e nel mondo imprenditoriale: un paese di analisti che valutano opzioni crea un paese che mantiene lo status quo, non siamo più un popolo di navigatori. Altre deduzioni possono effettuarsi perché l'argomento è pregnante di significati” (Sebastiano Abbenante)

(Consiglio l’acquisto del seguente libro di S. Abbenante, che utilizza spunti in tal senso  in un contesto narrativo piacevole: http://www.libreriauniversitaria.it/pozza-rane-paradigmi-meridionali-abbenante/libro/9788882413699 )

“Io penso che la scelta si giochi sempre all'interno di un gruppo di possibilità in qualche modo pre-stabilite, passivamente ricevute, all'interno di opzioni culturalmente formate e disponibili: la conseguenza della scelta è così, in qualche modo, pre-determinata. Si tratta di una fruizione di un modello, l'applicazione di esso, sicuri del suo successo o almeno consci di ciò a cui si va incontro (come una partita a Hearts). Diverso, a mio avviso, la decisione: si decide davanti all'ignoto, all'incompreso, all'indefinito, all'incerto, all'improbabile, al NUOVO. Lo accosto "visceralmente" all'idea di sfida, quindi di responsabilità personale, immaginazione, creatività. E per questi motivi, secondo me, la decisione porta con sé una sorta di sospensione della morale (non parlo solo "machiavellicamente"). "Il pensiero morale è un pensiero modale". Mi viene in mente Edipo, mi viene in mente il nodo di Gordio, mi viene in mente Aristotele: non esiste una misura ma la virtù (della decisione) si trova sempre nella medietas, nel rinvenimento della medietà tra estremi che non conosciamo. Quindi, per finire, lo scegliere tra opzioni in qualche modo già esperite e chiarite (non per questo dico sia semplice scegliere, perché bisogna sempre sondare le diverse opzioni e adattare i modelli "iperuranici" alle nuove situazioni, alle nuove emergenze) e decidere di fronte al nuovo, con tutti i rischi, con tutta la responsabilità che un tale demiurgico-fare-'asah, plasmare (se non- teologicamente- creare - barah) comporta” (Isabella MI)