101. M.Trainito su U. Eco



Ho appena finito di leggere l’ultimo libro del prof.  Marco TrainitoUmberto Eco: Odissea nella biblioteca di Babele”, Ed. Il Prato, un bellisimo saggio che ripercorre l’opera di Eco, decodificandola e mettendo in evidenza le innumerevoli simbologie e i complessi rapporti di interdipendenza con correnti di pensiero, filosofie e autori del passato.

 In questa nota prenderò in considerazione esclusivamente il capitolo 2, sezione IV, che si sofferma sul “Nome della Rosa” relativamente alla logica dell’abduzione, di cui Eco è profondo conoscitore ed estimatore.

M. Trainito illustra nel dettaglio come l’attività investigativa di Guglielmo rispecchi il metodo di indagine proposto dal grandissimo filosofo americano Charles Sander Peirce, analizzato da Eco in due saggi: “Corna, zoccoli, scarpe: tre tipi di abduzione” e “L’abduzione in Uqbar” . In particolare Trainito mette in evidenza il turbamento che esso provoca nel benedettino Adso, “che aderisce ad una nozione realista della verità e a una visione del mondo in cui c’è perfetta corrispondenza, garantita da Dio, tra ordine delle idee e ordine delle cose” .  E infatti Peirce, nell’articolo “The fixation of belief” scrive:  “Per lo scolastico medievale la logica costituiva il primo studio del ragazzo dopo la grammatica ed era considerata facile, dato il modo in cui essa veniva intesa. Egli partiva infatti dal presupposto che tutta la conoscenza poggia o sull’autorità o sulla ragione, ma che tutto ciò che è dedotto mediante la ragione dipende in ultima analisi da una premessa poggiante sull’autorità. Quindi non appena un ragazzo si era impossessato del procedimento sillogistico il suo armamentario di strumenti intellettuali era ritenuto esaurito”. Trainito ad esemplificazione riporta le parole di Adso: “Ebbi l’impressione che Guglielmo non fosse affatto interessato alla verità, che altro non è che l’adeguazione tra la cosa e l’intelletto. Egli invece si divertiva a immaginare quanti più possibili fosse possibile” e spiega sulla base del celebre esempio dei fagioli il ragionamento abduttivo, che rimanda da vicino a quello applicato da  Conan Doyle e Borges nelle loro storie di detection: “Il fatto soprendente C viene osservato. Ma se A fosse vero, C ne sarebbe una conseguenza. Quindi, c’è ragione di sospettare che A sia vero” (Peirce, 1903). In questo modo Trainito decodifica in modo brillante il passo del libro in cui Guglielmo spiega ad Adso il suo metodo investigativo: “Adso – disse Guglielmo – risolvere un mistero non è la stessa cosa che dedurre da principi primi. E non equivale neppure a raccogliere tanti dati particolari per poi inferire una legge generale. Significa piuttosto trovarsi di fronte a uno, o due o tre dati particolari che apparentemente non hanno nulla in comune, e cercare di immaginare se possono essere tanti casi di una legge generale che non conosci ancora, e che forse non è mai stata enunciata”. In questo senso, aggiungo io, possiamo anche comprendere Einstein nel momento in cui afferma “l’immaginazione è più importante della conoscenza”.

http://www.centotalleri.eu.org/odissea.html

(si veda sul tema anche il punto 40 del Menu)