Feltri mercoledì 21 marzo 2012, da Vespa:
“Bersani ha ragione…poi si licenzierà sempre pretestuosamente per motivi economici….l’articolo 18 però non serve….è un retaggio ideologico dei tempi che furono”.
Bellissimo, da manuale, con tanto di dissonanza cognitiva. Spontaneamente Feltri non può dare torto a Bersani (come ha ben sottolineato anche la Camusso, la riforma delle pensioni è strettamente collegata alla riforma dell’articolo 18: come sbarazzarsi prima di coloro che d’ora in poi dovranno rimanere in azienda fino a 80 anni per avere la pensione), ma si riprende subito, non con una argomentazione logica e pertinente (assai impervia), ma con un ad hominem trito e ritrito:
Siete comunisti, per questo volete mantenere l’articolo 18 .
Un ospite fa notare che a suo avviso si cerca di conservare il progresso sociale e civile duramente conquistato nel corso dei secoli, al pari della democrazia, della laicità dello Stato, del diritto di voto e proprietà per le donne, della libertà di espressione e di sciopero, della tutela dei minori, per cui le nostre madri e padri si sono sacrificati.
Come ho spesso già sottolineato si liquida oggi con “ideologia” (parlare di ideologia esenta dalla discussione ragionata e getta infamia sull’interlocutore, rimandando a Stalin e Pol Pot) tutto ciò che mira a tutelare le parti più deboli e a porre un freno alla degenerazione del capitalismo.
Monti e la Fornero (nonostante tutte le menzogne che stanno diffondendo “applichiamo il modello tedesco”, peccato non si tratti di quello tedesco – “anche le ditte con meno di 15 dipendenti saranno tutelate dalla discriminazione”, così anche sinora - non descrivono il civilissimo sistema welfare della maggior parte degli stati europei, pur dicendo di volersi adeguare all'Europa) sono sempre più sopportabili di quel vecchio apparato italiano di destra, che non ha ancora compreso come i cittadini che “godono” di discorsi volgari, non pertinenti e senza senso siano sempre di meno.
Aggiungo a seguito alcune interessanti considerazioni di Cesare D.F.:
L'articolo 1 della Costituzione recita: "L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro". Potrebbe sembrare un articolo generico ma non lo è. Quando nel 1970 fu introdotto lo Statuto dei lavoratori, il cui cardine è l'articolo 18, i commentatori dissero che finalmente la Costituzione entrava nelle fabbriche democratizzandole. Cosa significa? significa che con lo Statuto dei lavoratori il rapporto fra imprenditori e lavoratori non è più un rapporto privato fra privati, ma una relazione pubblica fondata sulla legge. Imprenditori e lavoratori hanno doveri e diritti sanciti dalla Legge che sottraggono il lavoro dalla sfera privata per porlo in quella pubblica. L'abolizione dell'articolo 18 privatizza il rapporto di lavoro: senza più tutele, il singolo lavoratore si troverà a dover negoziare con l'imprenditore su un piano di assoluta debolezza, qualsiasi sua richiesta potrà essere punita col licenziamento immediato. Parimenti, se non dovesse accettare le richieste del padrone potrà essere licenziato. Il secondo cardine che trasferiva il lavoro dal far west dei rapporti privati all'ambito costituzionale delle relazioni a rilevanza pubblica e tutelate dalla legge era il contratto nazionale, scardinato dal decreto di Agosto. Senza contratti nazionali e senza articolo 18 il lavoro torna ad essere una merce da contrattare in una relazione di debolezza strutturale e quindi sottomissione (…)questa cosa però non la dice nessuno, non la dice Bersani né Camusso. Mi permetto di aggiungere solo una considerazione sul ruolo del sindacato. Con un parallelismo col WWF: il WWF (come Legambiente e altre associazioni) è riconosciuto dallo Stato come associazione portatrice di "interessi diffusi", in quanto il suo operato è teso a garantire un bene giuridicamente tutelato (l'ambiente). Il sindacato faceva lo stesso col lavoro. Se il lavoro cessa di essere un bene giuridicamente tutelato, come di fatto sta avvenendo, il sindacato si trasforma in un ente che eroga servizi e che opera in una logica corporativa (lavoratori contro imprenditori, dove il potere negoziale non è equamente distribuito).
Nel contesto della discussione sull’articolo 18 ci si imbatte anche in un altro noto fenomeno , che comunque la si pensi ha un nome da non camuffare:
“Nessun imprenditore ha voglia di licenziare qualcuno, se non per qualcosa di davvero grave.” (Massimo Ferrarese, presidente della Provincia di Brindisi)
I cori: “un imprenditore non licenzia mai un bravo dipendente, il pericolo non sussiste! Gli imprenditori hanno tutto l’interesse a tenersi cari i bravi dipendenti, non licenziano a cuor leggero!”
DAL DIRITTO AL PATERNALISMO.Involuzione , possibile attraverso la perdita della memoria (***) e il fenomeno della trasparenza dei valori. Il paternalismo è una forma di governo in cui tutti i provvedimenti in favore della popolazione vengono affidati alla comprensione e alla buona volontà del sovrano (leggi qui imprenditore) del popolo stesso. Il paternalismo è in contrasto con i principi della democrazia che implica la partecipazione diretta dei cittadini alla politica e dei lavoratori all'economia.
http://www.nuovitaliani.it/adon.pl?act=doc&doc=3395
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