Ricordo il giorno in cui discutevo con mio padre riguardo al rigore dei miei nonni materni, che al tempo accompagnavano al cinema i miei genitori e incutevano terrore nelle figlie. Parlavo in termini di maschilismo, costumi antiquati e quant’altro. Mio padre mi chiese: se tua madre fosse rimasta incinta prima del matrimonio e nessuno poi l’avesse sposata, chi avrebbe mantenuto lei e il bambino?
(Ho in mente ora le molte famiglie di immigrati provenienti da paesi in via di sviluppo, spesso criticate a sproposito, se non si considerano gli estremi dell’integralismo religioso: Nr. 84 del Menu)
Un modo semplicissimo per chiarire un dato di fatto: il processo di liberazione della donna in occidente è andato di pari passo con lo sviluppo economico, il lavoro, le garanzie e le tutele socio-economiche, e molto difficilmente può procedere in modo diverso negli altri paesi (senza dimenticare le lotte dei movimenti femminili, dal 1700 a oggi, che hanno contribuito ad accellerare il processo e l'abbattimento degli stereotipi, apportando Conoscenza). Per questo le organizzazioni internazionali mirano a promuovere tale sviluppo: interventi esterni, volti alla liberazione della donna, e avvertiti come colonizzatori sono in genere infruttuosi. Nei paesi di carattere ancora prevalentemente rurale corrispondono altri valori, come ben spiega Flaminia Saccà ("La Società Sessuale"): la comunità e le sue regole non vengono attenuate dai diritti dell’individuo e la famiglia vi riveste un ruolo centrale in quanto nucleo economico. Anche le religioni si sono formate su questo substrato e hanno quindi una loro sensatezza, ma solo in determinati contesti storici.
In questo ambito il controllo sulle donne e la loro sessualità si fa più pressante: donna come riproduttrice di produttori, come bene di scambio, mezzo per alleanze politiche, economiche, sociali. Nelle città la donna diviene anche essa una produttrice e inizia il processo verso l’appropriazione della propria persona. Nel nuovo sistema gli uomini e le donne sono meno vincolati dalla tradizione, dagli avi, dalla comunità, dai clan, dai parenti. Nel bene e nel male sono più individui. Il controllo sociale tradizionale si allenta e si aprono maggiori possibilità anche per i diritti sessuali della donna. Oggi, in Occidente, le società sono sempre meno strutturate sulla base di legami familiari e la parentela non è più la struttura portante.
Il punto è che un nuovo modello difficilmente può imporsi in astratto. Prendiamo in considerazione l’istituzione classica del matrimonio. Cosa accade in Italia a seguito di un divorzio? Problemi spesso insormontabili, padri ridotti in povertà o impossibilitati a ricostruirsi una vita per l’esiguità dei mezzi economici a disposizione, madri in identiche situazioni, con l’aggiunta di servizi spesso cari e inadeguati per il supporto nella gestione dei figli, non di rado abbandonati a se stessi per i ritmi lavorativi troppo pressanti dei genitori. Non si può distruggere un modello, bello o brutto che sia, senza che siano create le condizioni per uno nuovo. Nei paesi del Nord Europa tali difficoltà sono ridotte al minimo se non inesistenti. Cosa intendo dire? Che non mi interessa discutere se il matrimonio inteso in senso classico sia bello o meno, bensì se oggi in Italia ce ne possiamo permettere un altro…per quanto mi riguarda penso che il futuro possa portare a modelli ancora più validi, laddove senso dell’individuale e del collettivo trovano più alte espressioni, a prescindere da legami di sangue o contratti con fini dualistici.