195. Sulla "Complessità"



Pag. 206/207, Introduzione alla Filosofia della Biologia, di  Telmo Pievani, di cui consiglio vivamente l’acquisto.

 

"(…) I problemi relativi a queste tesi sono due: definire con una certa precisione e oggettività la complessità di un organismo o di un clade; spiegarle ragioni evolutive di questo trend verso una complessità crescente. Dawkins propone di utilizzare la definizione algoritmica di complessità del matematico Gregory J. Chaitin: con essa intendiamo la lunghezza della descrizione formale di una struttura organica. Secondo McShea invece la complessità di una struttura è data dal numero delle parti componenti unitamente al loro grado di differenziazione e non funziona come criterio di progresso generale nella storia della vita. Ma queste definizioni rendono bene quando si tratta di comparare strutture abbastanza simili e imparentate l’una all’altra, falliscono se si tratta di confrontare organismi come un batterio e un mammifero perché la decisione circa il grado di dettaglio della descrizione è arbitraria.  Le cause del presunto progresso della complessità non sono meno problematiche.

Su due punti Gould e Dawkins concordano. Entrambi accettano l’idea che nella storia della vita siano comparsi organismi piu complessi dei precedenti: un mondo in cui esistono soltanto alghe azzurre unicellulari è decisamente più semplice di un mondo in cui scorrazzano predatori e prede pluricellulari, dotati di sistema nervoso e con decine di migliaia di geni nel loro corredo.

Entrambi, del resto, concordano che spesso le definizioni correnti di complessità strutturale sono viziate da un pregiudizio antropocentrico: essendo la complessità una caratteristica delle nostre descrizioni del mondo piuttosto del mondo in quanto tale, la pietra di paragone in ambito evolutivo rischia di essere sempre la specie umana, ritenuta espressione della massima complessità neurale e comportamentale (n.d.r.: recenti studi hanno relativizzato anche ciò).

I due si dividono però sulla nozione di progresso. Per Gould non esistono surrogati di complessità in grado di resuscitare l’idea di progresso nella teoria dell’evoluzione. Per Dawkins invece l’evoluzione è progressiva perché nel corso del tempo la vita è diventata più adatta alle nicchie ambientali grazie all’azione della selezione naturale: le modalità attraverso le quali gli organismi sono progettati hanno giovato di un graduale e costante miglioramento."