IDENTITA’ (di Marco Aime), da “Cento Parole per la Mente”, Laterza, pag. 43, I libri del festival della mente di Sarzana
“Alla mia età e con tanto di quel sangue mescolato, non so più con sicurezza di dove sono, disse Delaura, né chi sono. “Nessuno lo sa in questi regni” disse Abrenuncio “e credo che ci vorranno secoli per saperlo”.
Questo malinconico dialogo tra due personaggi di Gabriel Garcia Marquez riassume in modo intenso ed evocativo la tensione tra la ricerca di un’origine certa, un punto zero della nostra storia e della nostra cultura, quello a cui spesso attribuiamo ciò che chiamiamo identità, e il groviglio storico, culturale, sociale che la realtà propone quotidianamente e a cui spesso si tenta di dare ordine con la creazione di contenitori, utile a creare confini, limiti, divisioni, come ad arginare la presunta paura di dissolversi in un magma indefinito.
Entrato pesantemente a far parte delle retoriche politiche contemporanee, il concetto di identità ha per certi versi sostituito quello di razza, un modo per classificare le persone su un piano culturale, fissandone le attitudini, congelandone le scelte in nome di una sorta di legame indissolubile con il territorio. L’dentità, spesso declinata al singolare, finisce per apparire come una gabbia da cui gli individui non possono sfuggire, quando, al contrario, ogni forma di specificità culturale e anche il senso di appartenenza a un gruppo, qualunque esso sia, è il prodotto di una continua negoziazione con l’altro, con il diverso.
In molti casi l’identità è il prodotto di un rapporto di forza. Presentata sempre più spesso come un dato ineluttabile, ogni identità è in molti casi il prodotto di narrazioni più o meno arbitrarie e non certo un’essenza primordiale geneticamente connessa agli individui”