247. Falsa univocitá

 

Di Umberto Simoncelli
 
Ho già affrontato l’argomento con uno scritto intitolato “I cacciatori di valori” ma vorrei approfondire il concetto. Molte persone, spinte più dalla passione che dal raziocinio, fanno indirettamente propri alcuni valori assegnandoli alla propria collettività. A puro titolo d’esempio citerò l’amor di patria , che la destra ha fatto proprio, e l’attenzione all’ecologia, a cui, al contrario , è stata attribuita una valenza di sinistra. Naturalmente , per ovvi motivi, questo fatto è opinabile, ma ancor più opinabile è lo sviluppo di questo atteggiamento che mi parrebbe sfociare in una vera e propria fallacia logica che ho battezzato “la fallacia della falsa univocità”. Tale fallacia si fonda su di un falso sillogismo tipo: tutti i Siciliani hanno i capelli scuri, tu hai i capelli scuri, quindi sei Siciliano. La scorretta estrapolazione ulteriore è infatti questa: ami la patria, allora sei di destra, oppure ami la natura, allora sei di sinistra. Questa fallacia, per quanto abbastanza evidente, è più insidiosa di quanto possa apparire e ha creato e continua a creare grossi malintesi.
 
Il cacciatore di valori
 
L’uomo è cacciatore, recita un vecchio adagio della “saggezza” nazional popolare, ed effettivamente, ahimé, lo é.
Quel che cambia, di volta in volta, è la natura della preda.
 
Durante l’epopea delle scienze naturalistiche non ci fu scienziato che, confidando nella propria tenacia e nel capriccio del caso, non abbia sperato di (ri) scoprire una specie cui affidare l’immortalità tassonomica del proprio nome (Eudorcas Thomsonii, Escherichia coli, etc).
Durante gli anni del (re) “discovrimiento” ogni marinaio o esploratore, animato da volontà di gloria o da semplice avidità, viaggiò ansioso di fondare,  rivendicare, dedicare e (ri) nominare un luogo (Rhodesia, Brazzaville, Pretoria etc.)
Il diciannovesimo secolo assistette con umori alterni al “grande gioco” nell’Asia centrale, quando, con una frenesia che oggi rasenta la comicità, “agenti speciali” inglesi e russi, con travestimenti improbabili, si affannarono a collezionare alleanze tanto inutili quanto effimere con scaltri emiri Turkmeni e Kashgari.
 
Il ventesimo secolo, infine, plaudì, rapito, le imprese dei cacciatori di records: Sir Edmund Hillary e lo sherpa Tenzing Norgay  conquistano l’Everest, Neil Armstrong è il primo uomo sulla luna.
 
Chi sarà allora, ci chiediamo, il predatore umano del terzo millennio ?
Non c’è dubbio: il cacciatore di valori.
E’ lui, che avvolto negli anonimi panni dell’intellettuale new age, dismesso l’eskimo, forse anche nel timore di una broncopolmonite, esplora le lande urbane e suburbane in cerca della preda. Una preda, per essere ambita, deve essere rara: cosa c’è oggi di più raro dei valori, così prossimi all’estinzione da essere rinchiusi nelle riserve se non, addirittura, negli zoo dei circoli intellettuali?
Il cacciatore, instancabile, privato dalla mina del dubbio, esplora con passo fermo la realtà: è mio! urla senza ritegno quando si imbatte in un valore, e, nel timore di esser preceduto, si affretta a marcarlo. E immediatamente dopo, scrutando di sottecchi tutt’intorno, al riparo da occhi indiscreti, vi depone, fremendo, un seme.
 
Continua poi, compiaciuto, il proprio safari osservando i piccoli stormi di valori inanellati che gli sfrecciano accanto: è mio, è mio, è mio…….borbotta fremendo di autocompiacimento.
D’un tratto intravede un signore brizzolato, forse un pensionato, più probabilmente un esodato, che accarezza un valore da poco inanellato: “Qua la mano, compare, sei dei nostri, è così”?
L’esodato lo guarda sorpreso; “Dei nostri”? “ sì, perbacco, stavi accarezzando il cameratismo!” ribatte Mr White Hunter.
“No” risponde l’esodato, “più semplicemente vagheggiavo l’idea dell’ amicizia e della  solidarietà”.