di Silvana Sonno
194 e dintorni. Qualche riflessione personale.
“Qualche tempo fa su Repubblica ho seguito le vicende di Sandra, una donna che s’è rivolta al presidente Napolitano per esporre la sua difficile situazione di donna senza una condizione lavorativa – e dunque economica – sicura e in grado di farle affrontare agevolmente la gravidanza e la maternità.
Sandra era incerta se abortire o no, poi ha deciso di tenere il bambino appoggiandosi alla propria famiglia d’origine, e la sua scelta ha raccolto la simpatia e la solidarietà del nostro presidente (speriamo che si tratti di solidarietà “concreta”), dei giornalisti e lettori di Repubblica, e anche la mia, naturalmente, ma … . Ma perché, quando si parla - almeno attraverso i canali della comunicazione sociale - di donne alle prese con le scelte relative alla maternità – e il “fantasma” dell’aborto è sempre più incombente nel dibattito odierno – si presentano sempre fanciulle perfettamente pacificate col proprio “destino riproduttivo”, che entra in crisi solo davanti ai diversi aspetti del disagio sociale, come se l’equazione gravidanza= realizzazione di sé fosse tornata ad essere per le donne un dato inequivocabile e irrinunciabile.
A tanti anni dall’approvazione della legge 194, che ha salvato tante donne dalla tragedia degli aborti clandestini e dalla clandestinità riservata alle problematiche sessuali, è per lo meno curioso che oggi si dimentichi – tartuferia della memoria!!! - che le questioni relative alla sessualità e alla maternità le donne, a suo tempo, le hanno poste a gran voce sotto l’emblema della autodeterminazione.
Secondo quanto si scrive sui giornali e i commenti dei talk show televisivi sembra invece che le donne – ogni donna – aspirino necessariamente a diventare madri e se non realizzano tale “naturale” ambizione è perché condizioni difficili ( leggi: lavoro, famiglia, ambiente sociale in genere) non glielo permettono. Questo è certamente vero, ma è solo una parte della verità. Ci sono donne che vogliono poter scegliere e la scelta non è tra partorire o abortire, ma tra mettere al mondo figli o no. Perché l’evoluzione della coscienza e il libero arbitrio – neanche il Papa può smentirmi – ci conducono a dover decidere quotidianamente ogni atto, espressione d’idee e comportamento; la qual cosa riguarda ogni individuo e la specie tutta. Dunque anche noi donne, che abbiamo diritto – e voglio vedere chi vorrà apertamente negarlo – a scegliere che genere di donna vogliamo essere, che genere di vita vogliamo vivere, che genere di società vogliamo sostenere.
Io sono una donna che non ha avuto figli. Non ne ho voluti e non ne voglio, e questo nonostante una situazione personale ed economica positiva che sembrerebbe la più adatta – almeno così dice la vulgata – ad avviare un felice percorso di maternità.
Ho scelto di dedicarmi ad altro che non sia la riproduzione del mio particolare genoma - e mi scusino genitori, nonni, zii, antenati e, per dirla con Totò, affini a vario titolo - ma non credo che il senso della mia esistenza consista nel ramificare il mio albero, in un pianeta di più di sei miliardi di abitanti, che – e anche questa è una mia opinione – mi / ci sono tutti madri, padri, fratelli, sorelle,figli, figlie … affini.
Ho potuto praticare la mia scelta di non maternità – sofferta, contraddittoria, lacerata, ragionata, felice, ma questo è interamente affar mio – e desidero ribadire che essa ha lo stesso valore della volontà di procreare, anche se solo quest’ultima trova spazio nelle cronache e nel chiacchiericcio massmediatico che da tempo – troppo tempo – cerca di respingere noi donne all’indietro, verso quel tempo “felice” – qualcuno l’ha chiamato Paradiso terrestre – in cui Eva era la costola d’Adamo.
Non vedo lontano il tempo in cui tra i nuovi santi (ma quanti ne nascono, ogni giorno ...) si annovereranno i medici obiettori che non conoscono la differenza tra una legge dello stato e una opzione morale, che va rispettata, ma non può in alcun modo intralciare i diritti civili acquisiti.
Il silenzio assordante che l’Italia riserva alla contraccezione e all’informazione su una sessualità responsabile è ancora più insopportabile in quanto è rotto solo dai singhiozzi di coccodrillo sulla “piaga” dell’aborto e dal coro di coloro che parlano continuamente di accoglienza alla vita e meditano di respingere i viventi indesiderati lontano dagli occhi, chè dal cuore lo sono già da molto tempo. Ma la vera piaga è costituita da coloro che ritengono il corpo delle donne un luogo pubblico, dove ha potere chi detiene già il potere e tutti i supporter che ne amplificano le parole, nascondendone le vere intenzioni dietro le cronachette rosa di fanciulle in sola attesa di … rimanere in dolce attesa. Vorrei che si potesse aprire un dibattito vero su una questione così importante, soprattutto per aiutare le più giovani ad affrontare la vita fuori dagli schemi precostituiti che vogliono le donne fuori o dentro casa, a seconda delle necessità economiche del momento e a gloria o disdoro del cesaropapismo di turno.”
Silvana Sonno vive a Perugia, dove ha insegnato per molti anni nella scuola superiore. Ha vissuto a lungo a Torino dove si è occupata di educazione degli adulti nei corsi per lavoratori (“150 ore”) e per conto della Regione Piemonte. E' gestalt counsellor e si occupa di formazione per conto dell'associazione onlus “Rete delle donne AntiViolenza”, nata per prevenire e contrastare la violenza di genere, di cui è socia fondatrice.
Ha pubblicato due romanzi (Colpo di stecca, Nuove Scritture, Milano 2004; Il gioco delle nuvole, Graphe.it, Perugia 2007) e una raccolta di storie di donne (Femminile e singolare, Il Filo, Roma 2007). Nel 2009 è uscito il volume Andar per fiabe e il saggio Lin/differenza del potere. Ragionamenti d’altro genere, entrambi per la casa editrice Graphe.it. Per la Cittadella Editrice ha pubblicato nel 2010 F come felicità, e nel 2011 N come nostalgia, all'interno della collana Alfabeti per le emozioni. Per la casa editriceEra Nuova di Perugiaha pubblicato, nel 2012, Le Madri della patria. Donne e risorgimento
Partecipa con testi diversi a raccolte antologiche, blog e riviste.