Molti dibattiti vertenti sul tema dell'immigrazione o minoranze etniche (Rom) si svolgono sia a livello di social network che di dibattiti politici di piú alto livello attraverso la presentazione di casi personali o particolari a dimostrazione di una determinata problematica. Le repliche spesso avvengono su medesima base, ovvero attraverso la presentazione di casi personali o particolari volti a dimostrare il contrario, in una catena infinita che potremmo chiamare catena dell'irrilevanza (in gergo tecnico fallacia della generalizzazione indebita: si generalizza qualcosa senza distinzioni, in base alla circostanza che quel qualcosa si è dato in un caso particolare).
In questi casi risulta sempre utile sottolineare come la statistica sia una disciplina seria, non rientrante nella categoria dell'opinionismo, ovvero una scienza che ha per oggetto lo studio dei fenomeni collettivi suscettibili di misurazione e che si avvale di metodi matematici.
Vale a dire, qualora si vogliano trarre conclusioni generali su una determinata categoria di persone (giovani, vecchi, anziani, stranieri, donne o uomini) risulta fondamentale avvalersi di statistiche condotte scientificamente e ripercorribili nel loro metodo di indagine.
Purtroppo anche i dati statistici possono essere oggetto di interpretazioni arbitrarie, ma una qualsiasi statistica seria (ad esempio condotta dall'Istat ) costituisce pur sempre un passo avanti rispetto alla citazione dell'esempio personale o particolare e la base per un piú alto livello di discussione.
A mio personale avviso dovrebbe inoltre valere la seguente regola: quanto piú gravi sono le accuse, tanto piú solide dovrebbero essere le prove a sostegno di esse.
I dibattiti di cui sopra scaturiscono spesso da luoghi comuni:
Il concetto di luogo comune è a mio avviso strettamente correlato a quello di senso comune, che non ha un significato univoco ed è quindi soggetto a valutazioni diverse. Se gli si attribuisce un significato conoscitivo (intendendolo come un bagaglio di conoscenze, giudizi, convinzioni e principi largamente condivisi anche da chi non ha particolari competenze) può essere valutato in modi opposti.
Da una parte, il fatto che certe convinzioni e principi appaiano condivisi dalla stragrande maggioranza degli uomini può essere visto come una garanzia della loro validità, quale risultato delle esperienze di vita dei nostri padri e quindi quale preziosa eredità culturale da non dover sottoporre a verifica alcuna – credenza e certezza sono i caratteri salienti del senso comune. Dall’altra, appare chiaro trattarsi di atteggiamento in generale fallace, in quanto il semplice fatto che la maggior parte della gente faccia o pensi X non lo rende corretto, morale, giustificato o ragionevole. Ora, poichè sarebbe impensabile cominciare a dubitare di tutto, intendo operare una distinzione tra senso comune e luogo comune nei seguenti termini: il senso comune rappresenta, solitamente, i cosiddetti valori, vale a dire dei principi molto generali, universalmente riconosciuti come validi, quali solidarietà, fratellanza, giustizia, che effettivamente nascono sia dall’esperienza sia dalla considerazione razionale che l’uomo senza di essi, quale animale sociale, sarebbe forse condannato all’estinzione, in quanto trattasi dei pilastri della vita in comune.
Con luogo comune intendo invece un’opinione su un tema molto più concreto e circoscritto, la cui diffusione, ricorrenza o familiarità ne determinano l’ovvietà o l’immediata riconoscibilità. Nel contesto della nostra vita socio-politica è quindi importante soffermarsi sulla manipolazione del luogo comune, o sulla sua creazione ad hoc al fine di creare consenso e quindi elettorato. Nella propaganda politica, ma anche nel messaggio pubblicitario, è fondamentale che l’elettore si riconosca nel messaggio lanciato, che lo slogan rispecchi il suo modo di pensare o quello che egli già dà automaticamente per assodato. Un esempio di luogo comune spesso ricorrente è la paura per lo straniero, per la diversa cultura, come tale volta a minare i propri interessi. Il luogo comune rappresenta quindi una scorciatoia cognitiva, nel senso che esso non viene sottoposto a verifica e risulta spesso immune anche all’evidenza. Rappresenta l’opposto del metodo di indagine razionale e/o scientifico.