310. Le radici profonde dell'altruismo


Consiglio VIVAMENTE l’acquisto del numero di novembre di Le Scienze, praticamente tutto dedicato alle più recenti scoperte relative all’evoluzione umana. Riporto qui a seguito un breve estratto relativo a “Le radici profonde dell’altruismo”, di Frans de Waal. Aggiungo che a mio parere quanto segue costituisce quello che spesso definisco il “fondamento scientifico delle religioni” . Anche a livello filosofico,  riduttivo e ormai non accettabile uno studio che prescinda dagli aspetti evolutivi.

“Queste tendenze all’aiuto nei primati si sono probabilmente evolute a partire dalle cure materne richieste a tutti i mammiferi. Che siano topi o elefanti, le madri devono rispondere ai segnali di fame, dolore o paura dei piccoli, pena la loro morte. Questa sensibilità (assieme ai processi neurali e ormonali che la supportano) si è poi allargata ad altre relazioni, contribuendo ad aumentare legami emotivi, empatia e collaborazione in contesti sociali più ampi. La cooperazione porta con sé benefici significativi, perciò non sorprende che si sia ampliata in questo modo. Nel regno animale la forma più comune è la cooperazione mutualistica, e la sua ampia diffusione è probabilmente dovuta ai suoi vantaggi immediati, come procurare cibo o difendere dai predatori.

A caratterizzarla è l’impegno comune verso un obiettivo chiaramente vantaggioso per tutti: quando le iene cacciano in branco uno gnu, per esempio, o quando una decina di pellicani si mettono in semicerchio e guidano con le zampe i pesci dove l’acqua è più bassa, e tutti possono riempirsi il becco di prede. Questo tipo di cooperazione si basa su azioni coordinate e vantaggi comuni. A partire da essa si possono sviluppare comportamenti cooperativi più complessi, come la condivisione. Se una iena o un pellicano dovessero monopolizzare l’intero bottino, il sistema crollerebbe.

La sopravvivenza dipende dalla condivisione, il che spiega come mai sia gli uomini sia gli animali siano estremamente sensibili all’equità della spartizione. Gli esperimenti mostrano che scimmie, cani e alcuni uccelli sociali rifiutano una ricompensa inferiore a quella di un compagno impegnato nello stesso compito; scimpanzé ed esseri umani, inoltre possono ridurre la propria quota di una ricompensa comune per evitare la frustrazione dei compagni (***). Dobbiamo il nostro senso di equità a una lunga tradizione di cooperazione mutualistica (…) La vera unicità di noi esseri umani, tuttavia, potrebbe essere il carattere altamente organizzato della nostra cooperazione (…) il potenziale castigo scoraggia gli individui dal tentativo di frodare il sistema (***)"

(***) ndr: ricordo volentieri in questo contesto anche i recenti studi sui ratti, che preferiscono liberare il compagno  in gabbia a una tavoletta di cioccolata, o l’altruismo rilevato nei pipistrelli vampiro con conseguente “punizione” dei “bari”. Ma gli esempio potrebbero essere moltissimi.