Di Sergio Tomat
Ragionando di politica con varie persone, e alla luce di anche alcune piccole esperienze personali di militanza, mi sono convinto che ci sono due atteggiamenti fondamentali che distinguono coloro che fanno politica.
Ci sono quelli che impegnano se stessi in una dimensione di servizio alla politica e alla comunità - ovviamente senza essere santi e con tutte le contraddizioni degli esseri umani. Molto spesso sono persone impegnate come amministratori locali, una dimensione in cui prevale più la dimensione civica e pragmatica (tappare le buche delle strade), che quella di alta riflessione politica sugli orientamenti della nostra società.
O magari dirigono una cooperativa sociale e hanno il compito di far quadrare i bilanci. Ma sono capaci anche di fare ragionamenti "alti" che, filtrati dalla loro esperienza, acquistano colore e profondità. E ci sono quelli che mettono un'idea politica, magari grande e altisonante, al servizio della propria identità.
L'idealità esibita è l'equivalente del cappello piumato e del mantello del gran signore, un abito che indossano per dimostrare a se stessi e agli altri quello che sono, e marcare la propria autoproclamata superiorità. Quando esprimono le loro idealità, valori, strategie, gli appartenenti al primo gruppo possono apparire scialbi, cinici, miopi, ottusi, cerchiobottisti, egoisti, ipocriti, arrivisti. Viceversa gli appartenenti al secondo gruppo sembrano avere una visione forte, ecumenica, che annoda fili di collegamento su questioni planetarie.
Il massimo dell'"altruismo" sposato a una visione intellettuale dall'orizzonte ampio. Il tragicamente comico della condizione umana è che la verità umana degli appartenenti ai due raggruppamenti è spesso esattamente il contrario di quella proclamata o che comunque appare.E si rivela tragicamente il contrario anche dal punto di vista "fattuale" degli effetti, positivi o negativi, sulla società e sul progresso o regresso proprio dei valori o del modello di società che a parole si vorrebbe creare.