Splendido testo di Francesca Coin
“Per oltre cinquant’anni le aziende hanno detto ai lavoratori che devono ritenersi fortunati di avere un lavoro. Per i prossimi cinquant’anni dovremmo insegnare ai dirigenti che devono ritenersi fortunati se accettiamo di lavorare per loro”
SARA NELSON
“Sono rimasta ferma alla prima riga di questo libro per diverse settimane. Abbozzavo un incipit, lo cancellavo e ne provavo un altro. Sono andata avanti cosí, a cancellare e riscrivere, fino a che, poco prima di gettare la spugna, ho capito che stavo evitando di affrontare un problema: perché lasciare il lavoro in un periodo di recessione nel quale – si dice – avere un lavoro è un privilegio? Perché, con tutti i problemi che ci sono, raccontare le storie di coloro che decidono di andarsene? E ancora: perché parlare di chi se ne va, invece che discutere di chi sciopera, organizza mobilitazioni e lotta? Volevo arrivarci alla fine, ma partiamo da qui. Perché è vero: il nuovo rifiuto del lavoro è un fenomeno ambivalente e contraddittorio. Non è una soluzione alla deflagrazione delle nostre condizioni di lavoro e di vita, ne è un sintomo. E non è un sintomo come gli altri: è il sintomo di una rottura epocale. È il sintomo della fine dell’epoca in cui regnava la speranza che il lavoro consentisse di realizzare i nostri sogni di emancipazione, mobilità sociale e riconoscimento. In cui si pensava che il lavoro fosse parte di un sistema virtuoso che salva il mondo dalla fame e dalla povertà. Quell’epoca è finita. Il sistema in cui viviamo è rotto e in questo contesto spesso chi abbandona il lavoro non lo fa perché può permetterselo. Lo fa per sopravvivere. Lo fa perché non ce la fa piú, perché è in burnout, per prendersi cura dei propri cari o perché sa benissimo che il vero problema, oggi, non è chi può permettersi di non lavorare, ma chi lavora sempre e nonostante questo non riesce a racimolare i soldi per pagare sia l’affitto che la cena. (…)”
“(…) La bacheca r/antiwork di Reddit è uno spazio di discussione anonimo che si dichiara contro il lavoro. «Siamo di sinistra, anticapitalisti, e vogliamo abolire tutto il lavoro», scrivono gli amministratori della pagina. Negli ultimi due anni, r/antiwork è diventato uno spazio di discussione virtuale in cui convergono circa due milioni e mezzo di utenti per discutere di scioperi, dimissioni e sindacalizzazione. Su r/antiwork le storie di dimissioni trovano condivisione. In un articolo sul «New York Times» dell’ottobre 202136, John Herrman descriveva la sensazione che aveva provato scorrendo le testimonianze sulla pagina, nel leggere di un dipendente che ammoniva il suo capo perché la busta paga era arrivata in ritardo e un errore del genere non poteva ripetersi. E di un altro che spiegava al proprio superiore il significato della parola «fedeltà». «Stiamo assistendo a un cambiamento sismico nell’atteggiamento delle persone nei confronti del lavoro»37, ha dichiarato Alison Green. Il giornalista Farhad Manjoo, dal canto suo, ha descritto sempre sul «New York Times» il fremito viscerale che ha provato leggendo queste testimonianze e nel vedere «le persone strappare la propria vita dalle fauci del capitalismo che succhia l’anima e distrugge la salute»
“Le grandi dimissioni”, di Francesca Coin, ed. Einaudi