053. Non occorre essere filosofi




(da "Verità Avvelenata", di Franca D'Agostini)

"...occorre anche chiedersi come sia possibile porre rimedio. Forse oggi come al tempo dei Greci si può trovare l'origine del dissesto nel principio socratico: io non credo a nulla perchè non ho le idee chiare su come funzionino le credenze, su che cosa sia la verità, su quali ragionamenti siano corretti e quali no, su quali siano le trappole nascoste nei discorsi di un politico, e su cosa sia in generale bene e giusto per me e per gli altri. Come dire: la competenza che abbiamo sulle opinioni e la loro relatività, vaghezza e sostanziale irrilevanza, la coscienza che abbiamo circa le persone che popolano il dibattito pubblico, e sui principi che dovrebbero orientarlo, NON è sufficiente. Il nichilista, insegnava Socrate (riletto da Hegel), è un filosofo a metà, una persona che ha incominciato a cercare e si è fermata a un certo punto, quando tutto quel che conosceva sembrava diventare niente, e non si è avventurato oltre. Se il nichilista davvero va oltre, scopre che c'è ancora molto da imparare.
 
E in particolare, la disciplina che quando trova risposte chiede ancora è la filosofia. La terapia che qui ho suggerito è dunque rivolgersi a una teoria dell'argomentazione orientata a ciò che si chiamò nel IV secolo filosofia. Il termine esisteva già in precedenza, ma solo all'inizio del IV secolo, con il crescere anarchico delle discussioni pubbliche in Atene, con il multiculturalismo, la presenza dei maestri itineraranti e degli eristi, e con il diffondersi della nuova idea sofistica di paideia, entrò nell'uso. Fu una grande epoca per la logica e l'arte dell'argomentazione: molti erano buoni argomentatori, e molti (i sofisti) erano fini intellettuali e uomini di cultura, dunque sapevano che 'tutti in definitiva hanno ragione'. E proprio allora emerse che esiste un metodo per salvare le ragioni MIGLIORI: la competenza logica e argomentativa, di cui TUTTI i cittadini devono disporre, e che deve essere spinta fino al punto in cui l'abilità retorica incontra le sue ragioni filosofiche. NON E' NECESSARIO essere filosofi per argomentare bene e saper riconoscere le fallacie e le ragioni migliori.

 Ma certamente per usare l'argomentazione in modo divergente rispetto alla prassi sofistica, oggi ben esercitata dagli spin doctors dei politici (o dai politici che sono spin doctors di se stessi), occorre una chiara consapevolezza orientata alla verità e alla vita associata, o più precisamente: occorre la coscienza antidogmatica della fragilità delle conoscenze, accanto alla precisa consapevolezza di ciò che fa di un argomento un buon argomento. Queste prerogative non sono esclusive nè specifiche dei filosofi professionali (che ne mancano come ne manca chiunque di noi), e possono essere acquisite da tutti. Per mantenersi a ciò che abbiamo suggerito....occorre che il 'terzo' nelle situazioni controversiali democratiche, ossia l'uditorio che assiste alle dispute politiche, e che è sovrano rispetto alla verità pubblica, si appropri di tutti gli strumenti che possono servirgli per permettergli di esercitare razionalmente la sua sovranità"