138. Tollerare l'intolleranza?

Propongo volentieri questo articolo tratto dal sito Liberarchia:

http://www.liberarchia.net/blog/?p=820

“Questo breve articolo nasce dalla chiara intenzione di spiegare a tutte/i un semplice concetto la cui ovvietà è superata solo dallo stupore incontrato nel vedere ancora qualcuno che è pronto a metterlo in discussione.
A chi non è mai successo, soprattutto vivendo le discussioni politiche degli ultimi anni, di trovarsi a far valere le ragioni dell’ antifascismo e venire da altri accusati di intolleranza e mancanza di rispetto alla libertà di parola?
Ogniqualvolta la violenza razzista e xenofoba si fa sentire, lasciandoci talvolta il morto come nel caso fiorentino di Sambp e Diop, i movimenti ma ancora di più la collettività chiedono a gran voce la chiusura forzata di ogni covo fascista ancora in circolazione, intolleranti verso la presenza di vecchie ideologie che solo possono portare infelicità. Ma a chi chiede la demolizione di queste organizzazioni, talvolta si oppone proprio chi si fa paladino della libertà di espressione, asserendo che in nome di questa sia legittimo aprire la discussione con qualunque ideologia, anche di matrice razzista, perchè la libertà di parola non si nega a nessuno, mostrando così un apparente incoerenza tra i principi democratici e le pratiche dell’ antifascismo.
E rischiando di passare a mia volta per censore, mi trovo totalmente in disaccordo con questo punto di vista.

La libertà di parola, infatti, non è un diritto assoluto.
La libertà di parola nasce ed è necessaria in un contesto che è la libera discussione tra le parti, la crescita collettiva e culturale che può e deve avvenire necessariamente tramite lo scambio di opinione e grazie le critiche costruttive ad ogni pensiero, affinchè “aggiustando il tiro” di volta in volta, ognuno possa rendere conto a sè stesso dei propri errori e produrre idee sempre nuove e più coerenti.
La libertà di parola, insomma, sussiste in funzione dello scambio intellettuale come mezzo di crescita.
In quest’ ottica, dunque, sarebbe stupido respingere le idee a noi contrarie, perchè potenzialmente sono proprio queste che possono permettere una modifica del nostro pensiero e dunque un nostro sviluppo, nel rispetto di ogni individuo.
Ma è proprio il rispetto di ogni individuo, così come l’ uguaglianza tra le appartenenze etniche e la parità tra i sessi che rappresentano quei principi intoccabili, inviolabili, che nessun dialogo può mettere in discussione, perchè sono i diritti che permettono ogni dialogo stesso.
Se su tante cose possiamo avere pareri discordi, non è certo sui diritti fondamentali dell’ Uomo che possiamo discutere, e non vi è ragione alcuna per permettere a chi viola questi diritti di potersi pronunciare, nè di poter divulgare idee o pratiche che offendano l’ individuo.

Per la costruzione di una società vivibile, così come è necessario tutelare la parola di ogni parte, è fondamentale saper distinguere ed opporsi ad ogni fascismo, perchè il rispetto per l’ Uomo è la condizione necessaria e sufficiente di un idea per poter essere accettata al tavolo delle trattative.”

Riporto volentieri anche il commento del prof. Marco T. all’articolo:

“E’ la ben nota questione dei paradossi insiti nelle nozioni stesse di tolleranza e democrazia. Posto che la tolleranza sia un valore, l’intolleranza è tollerabile? Posso ammettere nel gioco comunicativo delle idee  chi sostiene che le idee altrui siano da reprimere e perseguitare? Si può ammettere nell’agone politico di una democrazia un partito che intenda cancellare la democrazia stessa? Sembra che la tolleranza e la democrazia (e quindi anche la libertà di parola) abbiano dei limiti invalicabili, oltre i quali svaniscono. Per cui, se si ammette che siano dei valori da preservare, occorre che tali limiti siano segnati in maniera chiara, come quelli di un campo da gioco. Del resto la nostra Repubblica e la nostra Costituzione tali limiti li ammettono, per ottime ragioni storiche: possono presentarsi alle elezioni partiti fascisti o monarchici? No, anche se sappiamo bene che l’Italia (anche nella sua classe politica) è piena di nostalgici del Re e del Duce. E benché siamo disposti a tollerare che queste nostalgie rimangano a livello di sentimenti privati, non è possibile, sic stantibus rebus, che si traducano in prassi pubblica e legalmente riconosciuta. Se accade, muta il gioco.

Il mio personale commento è stato il seguente: “(…) Vi sono state di recente accese discussioni con alcuni miei contatti virtuali, scaturenti non tanto dal non concordare in linea generale, quanto dal timore della strumentalizzazione o di abusi, che potrebbero condurre ad una arbitraria limitazione della libertà di espressione. Porterò quindi un esempio a dimostrazione di come anche il Parlamento Europeo intenda tracciare i limiti precisi di cui al commento precedente:


« Il Parlamento europeo [...] condanna i commenti discriminatori formulati da dirigenti politici e religiosi nei confronti degli omosessuali, in quanto alimentano l'odio e la violenza, anche se ritirati in un secondo tempo, e chiede alle gerarchie delle rispettive organizzazioni di condannarli » (Risoluzione del parlamento europeo del 26 aprile 2007 sull omofobia in Europa, art. 10)

Il punto è il seguente: si tratta anche di difendere l’esperienza, vale a dire le conquiste in termini di conoscenza e sapere di secoli e secoli, traguardo ottenuto attraverso lo scorrimento di molto sangue. Il punto non è tanto impedire di esprimere un contenuto, quanto il modo di esprimerlo. Quando la Lega parla di culattoni o di negri non intende intavolare un discorso obiettivo su determinati temi, ma cavalcare bassi istinti, incitando all’odio, creando nemici comuni. Tutto questo lo abbiamo già visto, non lo vogliamo più. Da cui la necessità di porre dei limiti.”