175. Arbitri e Umanisti

di Francesco Pelillo


E di questi giorni l'ennesimo rifiuto da parte di Giancarlo Abete, in qualità di Presidente della FIGC, di utilizzare strumenti tecnologici per dirimere le controversie sulle irregolarità commesse nelle partite di calcio. Eppure, questo consentirebbe di chiudere ogni polemica, e di dare la certezza della validità dei risultati sportivi! Quindi, che spiegazione darci di questo comportamento?
Io ipotizzo almeno quattro ragioni:

1) Si tratta di conservare la possibilità di manipolare i risultati sportivi per fini disonesti, tipo assegnazione di scudetti o fare soldi con le scommesse.
2) Si ritiene che la casta degli arbitri non avrebbe più ragion d'essere perché chiunque sarebbe in grado di giudicare gli avvenimenti.
3) si ritiene che tutta l'informazione sportiva perderebbe i tre quarti degli argomenti che consentono di riempire pagine di giornali e programmi televisivi al fine di vendere spazi pubblicitari, con grave danno per gli editori e per la casta dei giornalisti sportivi che perderebbero i loro privilegi economici e il loro potere.
4) si ritiene che da un punto di vista socio-politico, si ridurrebbe di molto l'efficienza di uno dei più potenti strumenti di manipolazione e di distrazione di massa utilizzati dal potere politico per distogliere l'attenzione dai problemi reali della nostra società.

Come si vede, siamo di fronte a un coacervo di interessi perversi dalla portata immensa che però, purtroppo, non si estrinsecano in questo modo solo nell'ambito calcistico, ma anche in generale in tutte le attività che concorrono a formare l'opinione pubblica. Infatti, come si può non estendere la pertinenza di questa analisi anche al mondo della cultura? Guardiamo alla casta dei cosiddetti umanisti, e chiediamoci la spiegazione del fatto che, in maggioranza, si ostinano a rifiutarsi di utilizzare le conoscenze scientifiche per cercare di oggettivare le loro varie interpretazioni della realtà.
Vedremo che le ragioni sono praticamente le stesse:

1) Si tratta di conservare la possibilità di manipolare le descrizioni della realtà per fini disonesti, tipo assegnazione di credibilità ideologica a strutture di potere fondate su valori opinabili.
2) Si ritiene che la casta degli umanisti non avrebbe più ragione di essere perché chiunque sarebbe in grado di interpretare la realtà attraverso dati oggettivi.
3) si ritiene che tutta l'informazione culturale perderebbe i tre quarti degli argomenti che consentono di pubblicare libri e di riempire pagine di giornali e spazi televisivi al fine di vendere spazi pubblicitari, con grave danno per gli editori e per la casta degli umanisti che perderebbero i loro privilegi economici e il loro potere.
4) si ritiene che da un punto di vista socio-politico, si ridurrebbe di molto l'efficienza di uno dei più potenti strumenti di manipolazione e di orientamento della cultura di massa utilizzati dal potere politico per distogliere l'attenzione dai problemi reali della nostra società.

Come si vede, siamo ancora di fronte a un coacervo di interessi perversi dalla portata immensa, ma la cosa veramente deprimente è che, sia gli arbitri che gli umanisti che ostacolano l'introduzione della scienza e della tecnologia nel loro ambito, in realtà sono i mediocri, cioè quelli che — vuoi per convenienza, o vuoi per scarse capacità — non sono in grado di rispondere al vero mandato del loro mestiere, e che purtroppo sono in maggioranza. Infatti, per un grande umanista come per un grande arbitro, essendo la ricerca della verità "sul campo", lo scopo ultimo della propria vita, non è possibile rinunciare a qualsiasi mezzo che consenta di perseguirla. Essi, anzi, auspicano l'utilizzo di tutti i mezzi tecnico-scientifici che via via sono a disposizione, perché sanno che la loro funzione non potrà mai essere annullata, sia nell'interpretazione dei dati che nella gestione sistemica della complessità delle verità che da essi discendono, perché sanno che un fallo o una azione mentale, rilevati con una telecamera o con una neuroimmagine che ne descrivono oggettivamente l'attuazione, sono il risultato ultimo del continuo feedback che c'è tra una infinità di condizioni soggettive e ambientali che nessun "macchinismo" potrà mai spiegare "umanamente" agli umani.

Insomma, penso che cercare di trovare la sintesi tra l'oggettività del livello attuativo degli eventi e la soggettività di quello esperienziale della realtà, non sia un lavoro da arbitri o umanisti disonesti e/o mediocri...