In 1984 George Orwell descrive in un futuro non lontano una società fantastica nella quale il sistema totalitario, al fine di inibire il pensiero, limita il linguaggio a poche parole, che ne riassumono tante altre, elimina i contrari, dunque la possibilità di critica, e rende fuorilegge con la denominazione di "psicoreato" anche il solo pensiero estraneo alla dottrina del partito. In questo libro vengono espressi in forma romanzata diversi suoi studi su linguaggio, politica, letteratura e totalitarismi. In La politica e la linguainglese (1946) analizza le forme idiomatiche usate in articoli di giornali, e ne deduce che l'uso di frasi fatte, o metafore, non richiedendo uno sforzo riflessivo nel cercare parole diverse con cui dire qualcosa, in qualche maniera impoveriscono la lingua e di conseguenza la capacità di pensare. Nell'alessitimia, letteralmente non avere le parole per le emozioni, il soggetto che ne soffre non è stato educato nella primissima infanzia a dare i nomi a quello che sentiva col risultato di atrofizzare questa capacità. Può dunque il solo uso del linguaggio modificare il modo di pensare di chi lo assimila, nel bene e nel male? Io sono dell'idea che l'abitudine ad un uso di un determinato tipo di modalità espressiva, o il non uso, come conferma il disturbo dell'alessitimia, determina anche tutta una serie di modalità di pensiero. La domanda riguarda la mera speculazione filosofica sulla mente ed il linguaggio, ma riguarda anche le sue ripercussioni nell'attualità, l'uso dello slogan in politica, dei dibatti urlati e non mediati da dialogo e riflessione, la ripetizione continua di "memi" o idee riguardo l'economia (ad esempio competitività sul mercato globale senza nessuna altra idea di alternativa reale), l'uso delle metafore come descrive George Lakoff, e nella pubblicità, i cui slogan potrebbero anche dettare delle linee di pensiero, comportamento, plasmando la società. Un discorso infarcito di fallacie logiche può persuadere a tal punto da creare un pensiero alienato dalla realtà dei fatti, così come uno infarcito di parolacce inibisce, come la metafora, l’impiego di un pensiero critico, parla alla pancia, accende emozioni, rendendo impraticabile la via della riflessione.