087. La Logica della Morte?


A.Schopenhauer, da “Il Mondo come volontà e rappresentazione”

“(...) Ciò nonostante , la domanda circa il nostro stato dopo la morte è stata certamente posta nei libri e a voce, diecimila volte di più che non quella sul nostro stato prima della nascita. Eppure, in teoria, le due domande costituiscono entrambe problemi ugualmente interessanti e giustificati, e inoltre chi avesse risposto ad una non dovrebbe avere dubbi nemmeno sull’altra. Possediamo belle declamazioni sul come è urtante pensare che lo spirito dell’uomo, in grado di abbracciare il mondo e capace di pensieri tanto elevati, debba scendere nella tomba insieme con il corpo: ma che questo spirito abbia lasciato passare tutta un’eternità prima di manifestarsi con tutte le sue qualità, e che per tutto quel tempo il mondo se la sia dovuta cavare senza di lui, di ciò non si parla. Eppure, per la conoscenza non corrotta della volontà, non c’è domanda più naturale di questa: un tempo infinito è trascorso prima della mia nascita; che cos’ero io durante tutto quel tempo? Metafisicamente si potrebbe forse rispondere: <>. Ma, dal nostro attuale punto di vista ancora completamente empirico, bisogna prescindere da una simile conclusione e ammettere che io non sono mai esistito. In questo caso, allora, mi posso consolare del tempo infinito dopo la mia morte, durante il quale non esisterò, con il tempo infinito, durante il quale già non esistevo, trattandosi quest’ultimo di uno stato familiare e davvero molto comodo. Infatti l’eternità a parte post senza di me non può essere più spaventosa di quella a parte ante senza di me, visto che esse si distinguono soltanto per l’intervento del sogno effimero della vita. Anche tutti gli argomenti a sostegno della continuazione della vita dopo la morte, sono altrettanto validi, se rivoltati in partem ante, dove essi dimostrano allora l’esistenza prima della vita, nell’ammettere la quale gli indù e i buddhisti danno prova perciò di essere molto coerenti (….)”