326. Intelligenza e "razze"

di Guido Barbujani

“In un racconto di Jorge Luis Borges ci sono due re in guerra fra loro. Il primo, sconfitto, viene rinchiuso in un labirinto; se ne uscirà vivo, sarà libero. Ci riesce, torna in patria, arma un esercito, muove di nuovo guerra all’altro, lo vince. Dopo di che lo abbandona in mezzo al deserto spiegandogli: “Ecco questo è il mio labirinto; se ne esci vivo sarai libero”. Quale è il test d’intelligenza più difficile: uscire da un labirinto-deserto o da un labirinto-labirinto? La risposta non è banale, anche perché forse la domanda è mal posta: per uscire vivi dal deserto occorrono capacità che a prima vista non c’entrano niente con la logica, la prontezza di ragionamento, l’abilità di apprendere e stabilire collegamenti, insomma, con le caratteristiche che ci fanno pensare di qualcuno: “Com’è intelligente”. Ma l’intelligenza viene spesso definita come la capacità di risolvere problemi, e se è cosi qualunque problema va bene per misurarla, anche quello di salvare la pelle in mezzo al deserto. E poi – si può aggiungere – è intelligente fare quello che ha fatto il secondo re, e cioè sottovalutare così clamorosamente l’avversario? E nell’atteggiamento del primo re, che in sostanza gli dice: “ti piacciono i quiz? Bene, eccone uno semplicissimo, ma lo piazzo in un contesto in cui voglio vedere se riesci a risolverlo”, non ci sono  arguzia e senso del paradosso, due caratteristiche che vanno a braccetto con l’intelligenza? Insomma, ci capita ogni giorno di pensare che il tale è intelligente e il talaltro no, e magari spesso ci azzecchiamo, ma se ci riflettiamo un poco su, i confini di un concetto apparentemente cosi semplice sfumano. Si può essere intelligenti in tanti modi diversi. Se fosse proprio così, l’intelligenza potrebbe essere avvicinata alla bellezza o alla felicità: caratteristiche che sappiamo riconoscere nel prossimo abbastanza bene ma che sfuggono a una valutazione scientifica, cioè quantitativa perché possiamo valutare solo soggettivamente. D’altro canto non c’è dubbio che l’intelligenza, qualunque cosa sia, è un prodotto della nostra mente (…) Insomma, se l’intelligenza dipende almeno in parte da qualcosa che sta nelle nostre cellule, cioè dai nostri geni (…) studiarla scientificamente non è impossibile (…). Attenzione però: una misurazione è scientifica se ripetibile. Due diversi ricercatori che studino la stessa quantità, devono arrivare a misure uguali o molto simili, se non vuol dire che nei loro calcoli ci sono elementi di soggettività che bisogna eliminare, pena sconfinare dalla scienza nella pseudoscienza. E’ per questa ragione che non disponiamo di misure scientifiche della bellezza e della felicità. Ciò che è bello per uno non è detto che sia bello per gli altri (…). Quanto all’intelligenza non c’è da stupirsi se, anche in assenza di una buona definizione, ci abbiano provato in tanti a misurarla: è un tema troppo interessante e troppo importante (…)

Le razze sono tornate di moda nella scienza (…)

I segni zodiacali sono Ariete, Toro, Gemelli, Cancro, eccetera. Molti non credono all’oroscopo, ma per quelli che ci credono i segni sono dodici e sono quelli. Se qualcuno sostenesse che sono quindici e qualcun altro non riconoscesse Sagittario e Capricorno, l’astrologia non starebbe in piedi nemmeno formalmente. Dal punto di vista formale, lo studio scientifico delle razze è meno credibile dell’astrologia, perché in tre secoli non è riuscito a stabilire né il numero né la definizione delle entità di cui vorrebbe occuparsi.

(…) Fra gli articoli citati come scientifici in The Bell Curve ci sono quelli di John Philippe Rushton (…) sostiene di aver scoperto una relazione inversa fra dimensioni del cervello (che lui, come i craniologi dell’800 considerano una buona misura dell’intelligenza) e dimensioni dei genitali maschili. I neri hanno cervelli piccoli e poco efficienti perché hanno i genitali grandi; viceversa, il quoziente di intelligenza sarebbe massimo negli asiatici, che però dal punto di vista dell’altro parametro non se la cavano granchè bene. Per fortuna c’è chi raggiunge un miracoloso equilibrio tra capacità intellettuale e lunghezza del pene. Indovinate chi? Giusto, bravi: i bianchi (…)

(tratto da “sono razzista ma sto cercando di smettere")