296. Fallacia dell'etnomorfismo

di Claudio Tugnoli

(da  “Le fallacie dello storico. Sintesi commentata di David Hackett Fischer, Historians’ Fallacies. Toward a Logic of Historical Thought, Harper & Row, New York 1970” )

La fallacia dell’etnomorfismo

 

La fallacia dell’etnomorfismo si distingue da quella etnocentrica. L’etnomorfismo è la concettualizzazione delle caratteristiche di un altro gruppo nei termini del proprio. Fischer cita Henry Bolinbroke, il quale nelle sue Letters on the Study and Use of History (1870) secondo il quale non c’è niente di peggio della folle e ridicola vanità con cui ciascun popolo preferisce se stesso ai popoli di altri paesi e considera le proprie opinioni, abitudini e costumi i criteri per giudicare che cosa è giusto o sbagliato, che cosa è vero o falso (p. 225).

L’errore indicato dalla fallacia dell’etnomorfismo non dipende dal grado né dal tipo di civiltà dei popoli, ma è universale. Esempio di Fischer: quando i Puritani cominciarono a insediarsi in Massachusetts, gli indiani residenti nelle vicinanze si meravigliarono che fossero venuti, finché i Narraganset stabilirono che gli inglesi si erano spinti nel loro territorio perché avevano terminato la loro legna da ardere e ne cercavano altra. Se gli indiani proiettavano sugli inglesi le loro categorie, i puritani facevano altrettanto con la persuasione che gli indiani fossero i discendenti delle dieci tribù perdute di Israele, credenza questa che sarebbe sopravvissuta per due secoli. Vi sono esempi moderni, anche illustri. Gilbert Murray nel suo Tradition and Design in the Iliad sostenne che la religione omerica non era una religione, perché non soddisfaceva le definizioni descrittive di religione della moderna
civiltà occidentale.

Secondo Fischer ci sarebbe un evidente etnomorfismo nel pensiero di Freud, riconducibile all’assunto mai messo in discussione che i modelli comportamentali osservabili negli individui appartenenti alla sua cultura si potessero trasferire tali e quali agli individui di molti altri gruppi, lontani nello spazio e nel tempo. A proposito dell’analisi di Leonardo e Mosè, Fischer parla di “atrocità interpretativa”, a causa della fallacia dell’etnomorfismo. Lo stesso Marx avrebbe esteso e generalizzato arbitrariamente il gruppo caratteristico esaminato nel XIX secolo in Inghilterra,
Francia e Germania – il proletariato – fino a concepirlo come fenomeno universale di qualsiasi paese (p. 226). Freud avrebbe quindi commesso almeno due fallacie: dell’etnomorfismo e dell’uomo universale (vedi sopra).

(La fallacia dell'etnocentrismo è invece commessa dallo storico che esagera e sopravvaluta il ruolo del proprio gruppo nella sua interazione con altri gruppi)