378. Ugo Mattei, intervista su ecologia e antispecismo

Grazie a Eliana Pieralice per aver reso possibile questa intervista.

Intervista (trascrizione) a Ugo Mattei sul suo libro «Ecologia del Diritto» e sulle manifestazioni per l'emergenza climatica realizzata da Silvia Molè (membro dell'Associazione radicale Parte in Causa – Associazione Radicale Antispecista) con Cristiana Pugliese di Radio radicale del 29.09.2019

Il Professor Ugo Mattei è Docente di Diritto civile presso l'Università degli Studi di Torino. Docente di Diritto internazionale e comparato presso l'Hastings College of the Law dell'Università della California a San Francisco

 

SILVIA MOLE’                  Io vorrei ricordare brevemente anche che il Professore è stato tra i redattori dei quesiti referendari sui Beni comuni del giugno 2011; ha pubblicato numerosi testi, ad esempio, “Beni comuni, un manifesto”, “Il saccheggio” con Laura Nader, “Contro riforme”, “Senza proprietà non c’è libertà. Falso!” con Alessandra Quarta, “L’acqua e il suo diritto”, “Il benicomunismo e i suoi nemici”, “Ecologia del diritto” e, sempre con Alessandra Quarta “Punto di svolta. Ecologia, tecnologia e diritto privato. Dal capitale ai beni comuni“

.Io in questi giorni ho letto con immenso interesse Ecologia del Diritto, edizioni Aboca, bellissimo illuminante, consigliatissimo, lo rileggerò una seconda volta.   Nel libro viene sostenuta la tesi per cui la teoria del diritto occidentale insieme alla scienza ha contribuito in modo significativo alla moderna interpretazione meccanicistica del mondo, plasmando di conseguenza la cosiddetta mentalità estrattiva; ecco potrebbe dare al nostro pubblico qualche dettaglio su queste tesi e sulla critica al sistema di sapere e potere che Lei opera, perché “Ecologia del diritto”?

 

UGO MATTEI   Allora, intanto è un libro che non ho scritto da solo ma ha un coautore che è Fiotr Capra , che è un ecologista , un fisico teorico, e autore del famoso libro “Il Tao della fisica” degli anni ’70, e quindi quel libro lì è l’esito di una riflessione, di un dibattito fra due studiosi di discipline differenti, in un momento storico nel quali mi pare che i nodi stiano venendo al pettine.

Io credo che molte delle questioni che noi abbiamo aperto in Ecologia del diritto erano quelle sostanzialmente della costruzione di una società umana… diciamo che la modernità …. che la costruzione della società estrattiva nasce dal mito cartesiano, cioè dalla costruzione di una visione positivistica della scienza, con al centro l’uomo come res cogitans, pensatore razionale, e tutto il resto come oggetto del suo pensiero. Questo è l’assunto fondamentale di Cartesio, il famoso cogito cartesiano, che ha fondato la filosofia moderna sulla base della quale si è sviluppato anche poi successivamente, in quel periodo storico del ‘700 / fine ‘600 – 1700, tutto il metodo positivistico della scienza.   Si lega a Bacone, si lega a Galileo, si lega a tutta una serie di studiosi, di pensatori, di fisici che hanno costruito per l’appunto la meccanica, la visione del mondo come una macchina.

Questa visione del mondo è stata totalmente recepita dal diritto ; il nostro diritto e le nostre istituzioni a loro volta funzionano con al centro un soggetto che è il soggetto persona fisica o persona giuridica, a seconda della situazione, comunque i giuristi semplificano il mondo mettendo al centro un soggetto che sono le persone in carne ed ossa o sono persone artificiali che sono le persone giuridiche , quindi le società di capitali, che possono essere la corporativizzazione del capitale, e il mondo esterno come oggetto materiale, considerato una specie di stato di natura sul quale l’umano ha pieno potere.

La definizione della proprietà privata che nasce in quel periodo è il potere assoluto , il dominio assoluto del proprietario sulle cose che gli appartengono. Ecco, in questo mondo delle cose la natura viene trattata come un oggetto inanimato alla mercé della soddisfazione e del piacere umano; e di qui poi nasce anche la teoria economica moderna e tutto quanto il nostro modo di vedere le cose che è antropocentrico, cioè mette al centro l’individuo umano, ha queste forti basi politiche e filosofiche che sono state costruite fra ‘600 e ‘700.   Noi non abbiamo mai più cambiato la nostra visione, il nostro modo di vedere il mondo, anche se quella visione lì è una visione assolutamente funzionale alla necessità di quel momento storico di accumulo capitalistico, non era una visione volta alla conoscenza, ma una visione del mondo strumentale al fatto di costruire sostanzialmente un sufficiente accumulo di capitale perché l’umanità potesse evolversi in una situazione sempre più completa, sempre più avanzata, sempre più progredita, se vogliamo, ma sempre maggiormente a spese del mondo circostante . In questi giorni stiamo vedendo un po’ il capolinea di questo modello.

 

SILVIA Infatti…

 

UGO     E tanta parte delle questioni che sono per le strade, i 4 milioni di persone che hanno dimostrato sul progetto di Greta di questi ultimi giorni, mettono al centro questo tema, cioè l’uomo non è da solo su questo pianeta, il soggetto non è un’entità astratta ma è parte della natura, siamo dentro la natura, non possiamo estrarci ed escluderci dalla natura solo perché siamo in grado di dominarla, perché questo nostro dominio è un dominio in realtà puramente fittizio. Non è vero che dominiamo la natura, possiamo fingere di dominarla, abbiamo finto di dominarla costruendo ogni sorta di entità capace di danneggiarla, di distruggerla ma possiamo soltanto estrarre le ricchezze che utilizziamo, ricchezze che in gran parte non sono più riproducibili.

Quando si parla di antispecismo questo ha in mente sostanzialmente che l’uomo non è solo su questa terra, ci sono altre creature di altro tipo che possono essere animali, piante, vegetali, la natura stessa che hanno bisogno di essere rispettati, che sono con noi a condividere questa grande casa comune che è la terra .

Questo è il messaggio forte.

 

SILVIA     Nel Capitolo 8 un tema a me caro “Dal Capitale a i Beni comuni, separare il diritto dal potere e dalla violenza”. Ecco, se ci da qualche cenno in più…

 

UGO     Ecco questo è parte di un cammino intellettuale che ho fatto in questi anni, negli ultimi 15 anni a questa parte mi sono accorto, dal libro che avete gentilmente nominato in apertura “Il saccheggio”, che l’oggetto del mio lavoro e dei miei studi che è il diritto è molto spesso, anzi molto più spesso, parte del problema piuttosto che parte della soluzione.   In altre parole, spesso si pensa di risolvere i problemi con l’utilizzo di regole giuridiche, ma queste regole giuridiche poi in realtà non cambiano le cose in senso desiderabile ma anzi finiscono per confermare quella mentalità estrattiva di cui parlavamo precedentemente.

E perché questo è successo?   Perché oggi si è sostanzialmente strutturato in un legame strettissimo con la statualità politica, con la nascita dello stato sovrano dalla pace di Versailles in avanti e, detto per inciso, siamo nello stesso periodo storico in cui scriveva Cartesio, in cui si stava sviluppando la modernità.   Anche politicamente nasce in circostanze totalmente legate alle condizioni storiche dell’Europa; in quel periodo nasce anche la statualità assoluta con la pace di Versailles.   Questo modello di statualità ha digerito il diritto, ha fatto diventare il diritto uno strumento puramente nelle mani dello Stato, rompendo quella sua tipica connotazione di tipo culturale che aveva fatto sì che l’umanità producesse diritto un po’ come noi produciamo il nostro linguaggio, cioè per farci carico della necessità di stare insieme, come veicolo comunicativo utilizziamo il linguaggio e utilizziamo anche delle regole consuetudinarie, delle regole condivise per cui una società sostanzialmente ubbidisce sempre al diritto per il fatto stesso di esistere anche se non ha leggi scritte. Il legame tra diritto e Stato ha prodotto questa visione LEGOCENTRICA per cui la legge diviene l’unico tipo di diritto che noi vediamo come tale e la legge finisce per dare sostanzialmente il monopolio della forza e della violenza nelle mani dello Stato. Allora il diritto viene visto come legato strettamente allo Stato e alla violenza, ma il diritto invece non può essere legato a queste due entità, esiste un diritto che non è legato allo Stato e non è legato alla violenza che è il diritto che viene prodotto dalle collettività, dalle società che si relazionano in modo da poter vivere insieme sul lungo periodo.

Questa dimensione culturale del diritto è molto importante da recuperare ed è quella che cerco di recuperare su “Ecologia del diritto”, e ancora di più lo abbiamo fatto con Alessandra Quarta nel libro successivo “Punto di svolta, dal capitale ai beni comuni” . L’idea qual è? L’idea è quella per cui se il diritto si emancipa rispetto alle concentrazione del potere, rispetto alla violenza, rispetto a questo suo matrimonio durissimo con lo stato può tornare ad essere un elemento culturale che l’umanità utilizza per scegliere una direzione desiderabile che oggi deve essere decisamente la direzione della conversione ecologica, del togliere l’uomo dal centro, quindi fuori dall’antropocentrismo e dentro una visione del mondo che sia molto più olistica, che ponga al centro l’intera natura e non soltanto l’uomo come un pezzo della stessa che sol per essere razionale si emancipa rispetto la natura stessa distruggendola. Questa è un po’ l’idea.

 

SILVIA   Di immenso interesse, approfondirò sicuramente nei prossimi mesi acquistando anche ii Suo ltimo libro. Professore, come Lei sa siamo un’associazione antispecista , ed in particolare il filone dell’antispecismo politico, vorrei chiederLe se Lei qualche punto d’incontro con la Sua visione del mondo, e se sì, quale?    

 

UGO   Bè, assolutissimamente sì, il modo di vedere le cose che è emerso da questi libri che stiamo discutendo, Ecologia del diritto e Punto di svolta, che cosa cerca di fare? Cerca di mettere al centro i beni comuni, e i beni comuni sono definiti e definibili anche oggi in maniera abbastanza chiara, secondo quello che è il testo della Commissione Rodotà, come beni che sono funzionali allo sviluppo fondamentale della persona nei suoi spazi, nel suo ambiente. Fra i beni comuni ce ne sono tanti che sono elencati nella proposta di legge della Commissione Rodotà , per la quale stiamo ancora oggi raccogliendo le firme per la legge di iniziativa popolare che consegneremo ad Ottobre ( quindi per chi volesse firmare siamo alle ultime battute), consegneremo questo progetto di legge e la fauna e la flora selvatica, quindi le altre specie sono considerate beni comuni e quindi hanno una loro dignità come tutti gli altri beni che sono assolutamente necessari perché il pianeta riproduca la propria vita anche sul lungo periodo. Nella definizione si parla di interesse delle generazioni future cioè interesse delle generazioni future a non rimanere da soli in un pianeta morto. Quindi, siccome l’antispecismo fondamentalmente è esattamente quello che nell’umano è l’antirazzismo, il razzista è una persona che assume una superiorità della sua etnia rispetto ad altre e quindi sostanzialmente costruisce la propria etnicità come razza e considera tutti gli altri come non parte della propria stessa razza e quindi non dei fratelli, similmente l’antispecismo lo fa con le atre specie . E’ un passo avanti secondo me molto più sofisticato, teoricamente non è soltanto occuparti del tuo prossimo, come nella tradizione giudaico-cristiana, ma in una misura molto più nietzschiana occuparti anche di quello che tuo prossimo non è. Quindi anche di quello che è lontano da te dal punto di vista della specie, perché è difficile entrare in empatia con una rana come con tua sorella, ma nello stesso tempo è proprio questo il passo avanti che deve essere fatto.   Rispettare il ruolo dell’umano all’interno della natura significa porsi in una posizione di fratellanza e sorellanza con tutti i tipi di creature che ci sono, non disprezzarne alcuna perché il disprezzo è sempre sostanzialmente frutto di ignoranza, frutto di pregiudizi, frutto di una visione assolutamente altra rispetto alla visione dei beni comuni.

Allora io credo che i beni comuni vadano visti come interesse primario , come la cura generale, se vogliamo, del pianeta, della vita e della natura, e l’antispecismo andrebbe visto come battaglia specifica per tutelare alcuni beni comuni che sono in questo caso la fauna e la flora selvatica, ma anche molto di più perché naturalmente l’antispecismo si fa carico di situazioni orribili come ad esempio l’allevamento intensivo, come ad esempio le sofferenze disumani che infliggiamo ad alcune specie per cibarcene, insomma tutta una serie di - come dire – comportamenti della nostra generazione dei quali probabilmente tra tre generazioni ci vergogneremo profondamente . Quando oggi pensiamo che i fondatori degli Stati Uniti erano schiavisti e avevano gli schiavi e pensiamo che è incredibile che delle persone che possono essere state di grande livello culturale avessero degli schiavi, per l’epoca era normale. Oggi è normale nutrirsi di creature senzienti che vengono allevate al solo scopo di essere trucidate, anche in modo molto brutto, e utilizzate per il nostro sostentamento quando potremmo farne a meno; tra l’altro con un impatto ecologico devastante perché sappiamo benissimo che l’effetto serra è prodotto dalla produzione intensiva di animali che vengono mantenuti in quelle condizioni. Ecco fra tre generazioni probabilmente non sapremo capacitarci di quante persone di grande livello e sensibilità, quali possiamo essere stati noi, già di livello culturalmente e moralmente avanzato potessero praticare tutti quanti quello stesso tipo di comportamento, che verrà riconosciuto per quello che è, e cioè un’infamia dell’umano sul non –umano.

 

SILVIA   Grazie mille Professore, mi ha riempito veramente di gioia la sua risposta, spero anche di averla più avanti con noi per parlare del suo ultimo libro che adesso sto procurandomi tutto quello che ha a che fare con i suoi scritti - UGO Grazie… - SILVIA Non so se vuol chiedere qualcosa Cristiana…

 

CRISTIANA Si, il Professore prima accennava alle grandi manifestazioni che di sono state in questi iorni io volevo sapere che impressione le hanno fatto e quali riflessioni le hanno suggerito, e poi se c’è una diversa sensibilità , naturalmente dovuta al contesto, fra uno studente americano ed uno studente italiano rispetto l’emergenza ambientale-climatica.

 

UGO Guardi, questa è una domanda importante anche perché come al solito tutti i successi politici producono atteggiamenti anche critici, brutti, ecc… Io ho letto per esempio, proprio questa mattina, qui negli Stai Uniti perché qualcuno me l’ha mandato, l’atteggiamento, il modo di fare un po’ irridente con cui Massimo Cacciari dice alla Greta Thunberg di tornare a scuola. Ovvio che le cose che Greta dice le sappiamo, i numeri della crescita, qualcuno di noi le sa almeno dai tempi dei rapporti del Circolo di Roma, perché comunque Aurelio Peccè e tutto quel mondo lì era già totalmente consapevole dello stato attuale delle cose e lo aveva detto forte e chiaro e in modo scientificamente molto fondato già molti anni fa, quando probabilmente c’era anche più tempo per agire.

Quello che io credo che sia molto importante è che questa questione dell’ambiente sia arrivata all’ordine del giorno, perché sarà pur vero che Greta deve tornare a scuola, ma se Greta fosse andata a scuola quei venerdì mattina di un anno fa oggi queste manifestazioni non ci sarebbero. E’ altrettanto vero che le manifestazioni di per sé non vogliono dire nulla perché alle manifestazioni devono seguire le organizzazioni istituzionali capaci di dar seguito a questo tipo di protesta e noi pensiamo, noi Comitato Rodotà che sta raccogliendo le firme sui beni comuni, per esempio, che non siano le istituzioni della statualità, non sia la politica rappresentativa quella in grado di dar vita ai cambiamenti necessari.

Se voi pensate a un campione dell’ambientalismo politico come il primo ministro canadese Trudeau che si schiera con Greta ma nello stesso tempo firma la possibilità di far passare un oleodotto in alcune delle zone più belle del mondo, la parte settentrionale del Canada, capisci perfettamente perché il sistema politico non possa funzionare da questo punto di vista e qui, devo dire e non lo dico per piaggeria perché siamo a Radio Radicale, ma è ovvio che Marco Pannella questa roba l’aveva vista con grandissimo anticipo. Se vogliamo dirla tutta su questa roba qui, l’idea che ci sia una connessione e una corruttela fra il sistema economico, che ha dei suoi imperativi e delle sue prerogative e che preme in una certa direzione, ed un sistema politico che non riesce a far prevalere l’interesse generale, il bene comune rispetto questi interessi specifici questo è una dato reale certo.

Oggi bisogna trovare la capacità di elaborare delle istituzioni che siano un po’ le istituzioni dei beni comuni, delle istituzioni che sappiano canalizzare questa nuova consapevolezza, 4 milioni di adolescenti consapevoli dell’ambiente è una grandissima ricchezza dell’umanità. Noi dobbiamo essere fortemente riconoscenti a Greta, da questo punto di vista, perché questi 4 milioni di ragazzi avrebbero potuto essere tenuti soltanto attaccati e ancora e sempre a Twitter piuttosto che Facebook, piuttosto che portarli in piazza a farsi carico e a preoccuparsi di questa situazione che li riguarda.   E guardate che non è poco, non è poco per niente.   Poi possiamo pure fare quelli che la sapevamo già molto più lunga perché siamo i grandi intellettuali competenti, ma qui c’è una questione, come dire, di importante consapevolezza diffusa, milioni di ragazzi consapevoli o comunque che sanno di cosa si sta parlando adesso è già moltissimo.

Guardate che io sono anni che giro e chiedo alla gente cos’è l’impronta ecologica e la gente non lo sa, c’è un’ignoranza ecologica in giro spaventosa e questo vale in Italia come negli Stati Uniti fra i ragazzi di quella generazione lì, perché mi chiedete la differenza fra i 2 paesi.   Se io domando alla mia classe in Italia – quanti di voi sanno cos’è l’impronta ecologica - diciamo un anno fa, lasciamo perdere adesso che questo non lo so, ma se una anno fa avessi fatto questa domanda, e la facevo, su una classe di 100 studenti ce ne sono 3 o 4 che alzano la mano e sanno di cosa stiamo parlando. E questo è vero in Italia come negli Stati Uniti, questo perché l’agenda politica dominante, che è quella dell’estinzione capitalistica, non vuole che di questi temi si parli, non bisogna avere consapevolezza perché la consapevolezza crea ansia e l’ansia crea impegno critico e crea in qualcuno voglia di fare qualcosa, e qualcuno che ha voglia di fare qualcosa è diverso rispetto al consumatore pacificato di cui il capitale ha bisogno e che ipnotizza attraverso i telefoni cellulari e tutte queste altre situazioni di ipnosi di massa che stiamo utilizzando oggi.

Allora questo è il dato oggi noi stiamo mettendo in campo, gli ascoltatori che dovessero essere interessati vadano sul sito WWW.GENERAZIONIFUTURE.ORG che è il sito del Comitato Rodotà, noi stiamo cercando di mettere in piedi una grande società cooperativa di mutuo soccorso fra generazioni presenti e generazioni future, per l’appunto, la quale finisca per dare una forza e una continuità istituzionale a queste tematiche, che sono tematiche di ecoalfabetizzazione generale, che sono tematiche di adeguamento dell’ordinamento giuridico, che sono tematiche di adeguamento della discussione culturale dominante rispetto a quelli che sono i veri problemi che noi abbiamo.

Tutto questo è fondamentale e di questo noi dobbiamo essere grati, secondo me, ai venerdì per il futuro. Penso sia molto importante che questo grande contributo che i ragazzi hanno dato e ora chi ha competenze sappia e sia in grado in qualche modo di canalizzarlo, di comprenderlo, di elaborarlo insieme e non di metterci su il cappello e fare delle operazioni politiche da 4 soldi, ma fare una vera operazione costituente, perché di questo c’è bisogno adesso, di una grande costituente ecologica.

E’ questo il punto, noi speriamo che questa cosa possa succedere e io sono ovviamente felice di vedere che finalmente accendi il telegiornale e di questa roba se ne parla .   Perché noi abbiamo questi stessi problemi da anni, anni e anni, e su questo ha ragione Cacciari, ma sono anni, anni e anni che non se ne parla, se adesso per qualche giorno se ne parla è un’ottima cosa, speriamo che riusciamo a tenere alta l’attenzione e istituzionalizzarla. Questa è la partita che spetta a noi.

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