048. La Mente dello Sperimentalista



Da “cosa è il pragmatismo” di C.S. Peirce, pag. 23/24, Jaca Book
(si veda anche la Logica dell'Abduzione al punto 40 del Menu)

“”una lunga esperienza ha indotto l’autore di questo articolo a ritenere che l’esperienza di laboratorio plasma in misura insospettata la mente di ogni fisico, chimico e, in breve, di ogni studioso esperto in un qualche ramo delle scienze sperimentali. Lo stesso sperimentalista può difficilmente esserne consapevole per il semplice motivo che coloro che conosce approfonditamente nell’intelletto gli sono simili. Con chi proviene da un’educazione tanto diversa dalla sua e si è formato prevalentemente sui libri non potrà mai intrattenere legami di intima conoscenza. Per quanto buoni possano essere i loro rapporti, saranno sempre come l’acqua e l’olio e, nonostante li si agiti per amalgamarli, è sorprendente osservare come ciascuno seguirà prontamente i propri percorsi mentali, senza che di tale associazione rimanga nulla più di un vago sapore. Se solo questi altri uomini saggiassero attentamente la mente dello sperimentalista – cosa che nella maggior parte dei casi non sono qualificati a fare – scoprirebbero in breve che, eccezion fatta per argomenti in relazione ai quali la mente risulta offuscata da sentimenti personali o dal tipo di educazione ricevuta, lo sperimentalista è indotto a pensare ogni cosa in conformità al modo di pensare proprio del laboratorio, ovvero come se fosse un problema di sperimentazione. E’ indubbio che nessun uomo possiede in assoluta pienezza tutti gli attributi della sua tipologia: non è il tipico dottore che avete modo di osservare ogni giorno in calesse o in carrozza, né il classico pedagogo in cui ci si imbatte entrando nella prima aula. Ma una volta incontrato o idealmente identificato in base alle vostre osservazioni lo sperimentalista tipo, scoprirete che ad ogni affermazione che gli rivolgerete egli intenderà che, nel caso in cui una determinata prescrizione relativa ad un esperimento sia o possa essere applicata, ciò che conseguirà sarà un’esperienza di una determinata descrizione; diversamente non scorgerà alcun senso in ciò che affermate.
 
Se vi rivolgerete a lui come fece Balfour con la British Association non molto tempo fa, affermando cioè che “il fisico…persegue qualcosa di più profondo della semplice legge che unisce tra loro i possibili oggetti dell’esperienza”, che “l’oggetto del suo studio è la realtà fisica”, la quale non si manifesta negli esperimenti e che l’esistenza di una siffatta realtà non-esperenziale “è l’inalterabile fede della scienza”, troverete che di fronte a tanta ontologia la mente dello sperimentalista è del tutto cieca. Ciò che rafforza la fede in tali convinzioni, fede di cui l’autore è debitore alle conversazioni con gli sperimentalisti, nasce dal fatto che egli può dire di aver frequentato il laboratorio dall’età di sei anni fino a molto tempo dopo la maturità e di essersi accompagnato per tutta la vita prevalentemente a sperimentalisti, confidando di comprenderli e di essere da loro compreso.
 
La vita di laboratorio non ha mai impedito all’autore (che qui e in ciò che seuge semplicemente esemplifica il tipo dello sperimentalista) di interessarsi ai metodi del pensare; e quando giunse a leggere di metafisica, benché buona parte di essa gli apparisse fondata su ragionamenti poco saldi e determintata da pregiudizi accidentali, riconobbe negli scritti di alcuni filosofi, e in particolare in Kant, Berkeley e Spinoza, quegli sforzi intellettuali che richiamavano il modo di pensare del laboratorio e credette di poter dare loro credito (la qual cosa si è dimostrata vera per altri uomini di laboratorio). Desiderando formulare le proprie convinzioni, così come avrebbe spontaneamente fatto ogni uomo di simile formazione, l’autore ha elaborato la teoria secondo la quale un concetto, ovvero il significato razionale di una parola o di un’espressione, consiste unicamente nei suoi concepibili riflessi sulla condotta umana; sicchè, dal momento che niente che non sia il risultato di un esperimento può ovviamente esercitare un qualsiasi influsso sulla condotta, qualora si possano accuratamente definire tutti i concepibili fenomeni sperimentali che l’affermazione o la negazione di un concetto può implicare, si otterrà una completa definizione del concetto e in esso non ci sarà assolutamente niente altro. Per questa dottrina l’autore ha inventato il termine pragmatismo…”


“il pragmatismo, proprio affermando che ogni concetto è un concetto di concepibili effetti pratici, consente al concetto di estendersi ben al di là della pratica: consente qualsiasi volo dell’immaginazione, purchè l’immaginazione getti infine luce su di un possibile effetto pratico; e così la massima del pragmatismo non esclude affatto molte ipotesi che invece a prima vista sembrerebbe dover escludere (CP 5.196)