I DINOSAURI ERANO STUPIDI? (da “Il pollice del Panda”, di S.J.Gould, pag. 245-251)
“Quando Muhammad Ali non superò il test d’intelligenza dell’esercito, esclamò (dimostrando una sagacia che metteva in discussione il risultato del tes): ‘Ho sempre detto di essere il più grande; non ho mai detto di essere il più intelligente’. In tutte le nostre metafore e leggende, le dimensioni e la possanza fisica sono sempre controbilanciate da una scarsità di intelligenza. La furbizia è la difesa dei piccoli. Basti pensare a Davide che abbatte Golia con una fionda, al piccolo Jack che abbatte la pianta magica di fagioli, tagliando la strada al gigante. La lentezza di ingegno è sempre stata il tallone di Achille dei giganti.
Quando, nel XIX secolo, vennero scoperti i resti dei dinosauri, si pensò che si trattasse del massimo esempio di questo rapporto inverso tra dimensioni fisiche e intelligenza. I dinosauri, con cervelli grandi come un uovo all’interno dei loro giganteschi corpi, divennero simbolo di stupidità immane. La loro estinzione rappresentava per molti la prova evidente della loro inadeguatezza (…)
Ma la dimostrazione migliore delle capacità dei dinosauri può ben essere il fatto spessissimo citato contro di loro: la loro scomparsa. Per i più, l’estinzione ha molte delle connotazioni attribuite al sesso fino a non molto tempo fa: un fatto piuttosto sconveniente, che ricorre con frequenza, ma non adatto a tutti e sicuramente da non essere discusso apertamente.
Ma, come il sesso, anche l’estinzione è parte ineluttabile della vita. E’ il desiderio di tutte le specie e non solo delle creature sfortunate e mal progettate. Non è certamente un segno di fallimento. Il fatto notevole riguardo ai dinosauri non è la loro estinzione, ma la durata del periodo in cui hanno dominato la Terra. I dinosauri furono i padroni del campo per 100 milioni di anni durante i quali i mammiferi erano minuscole creature che occupavano gli interstizi del loro mondo. Dopo essere stati sulla breccia per 70 milioni di anni, noi mammiferi possiamo nutrire qualche speranza di vita futura, ma dobbiamo dimostrare la capacità di resistenza dei dinosauri. L’uomo, con questo criterio, è poco degno di essere menzionato: 5 milioni di anni per l’Australopitecus e appena 50 mila anni per la nostra specie Homo sapiens.
Tentate l’ultima verifica col nostro sistema di valori: conoscete qualcuno che scommetterebbe una forte somma, anche a quote favorevoli, sul fatto che noi resteremo sulla Terra più a lungo del brontosauro?”