Di Omar Agrebi
UN FREQUENTE ATTACCO ALLA SCELTA VEGETARIANA E' IL SEGUENTE:
<<è eticamente sbagliato attribuire dei diritti agli animali non-umani e ai vegetali no: anche i vegetali vivono,quindi,o è sbagliato nutrirsi di entrambi,o è indifferente se ci nutriamo dell'uno o dell'altro.>>
A questo attacco io rispondo così:
La scelta va effettuata all'interno di un sistema etico, in cui sia possibile applicare la logica per stabilire la giusta condotta.
E' possibile applicare la logica perchè il sistema etico occidentale considera la morte e la sofferenza come negativi.
Ma vengono considerati negativi solo in quanto i loro opposti ( vita e piacere ) vengono considerati positivi,e viceversa.
Questi opposti sono inseparabili,non può esistere l'uno senza l'altro.
Quindi,è possibile valutare una condotta etica come giusta se soddisfa questo criterio e sbagliata se non lo soddisfa.
Il punto della questione è focalizzato sul concetto di "morte".
Noi vediamo la morte come qualcosa di negativo soprattutto in quanto possiamo "godere" della vita poichè dotati di sistema nervoso e di cervello,così come l'animale non umano.
Temiamo la morte perchè non ci permette più di "godere" della vita: di provare "piacere".
Il fatto che attribuiamo alla vita un valore positivo deriva proprio dal fatto che possiamo provare piacere,infatti se si pensa ad uno stato di tortura psico/fisica si può vedere la morte come una liberazione ( positiva ).
La morte è vista come negativa da chi può godere della vita,e non da chi non può!
La pianta non può nè godere ( provare piacere ) nè soffrire,quindi per lei la vita o la morte è una condizione indifferente,questi due termini nel suo caso non assumono valori nè negativi nè positivi.
I termini "vita e morte" possono assumere valori etici positivi o negativi solo in presenza di un soggetto che possieda un sistema nervoso che permetta di provare "piacere e sofferenza".
Da questo si deduce che se si assume come criterio etico che la morte è negativa poichè non permette di godere della vita,allora le piante non rientrano sotto questa valutazione in quanto non possono godere della vita ( sprovvisti di sistema nervoso e di cervello ).
Attribuire alle piante le parole "vita o morte" ha solo valore scientifico: sta a dire che possiedono il DNA.
A livello etico l'attribuzione di questi termini ad una pianta non ha valore.
A LIVELLO ETICO LA MORTE ASSUME VALORI NEGATIVI SOPRATTUTTO SE IL SOGGETTO CHE LA SUBISCE POSSEDEVA UN SISTEMA NERVOSO CHE PERMETTEVA DI PROVARE DOLORE E PIACERE.
(ndr: nell’attacco citato da Omar si può anche riscontrare una falsa dicotomia, “o tutto o niente”, laddove il discrimine è rappresentato dalla sopravvivenza della nostra specie: a questo fine non sono necessarie ad esempio pratiche barbare e fonte di immensa sofferenza, psichica e fisica, come quella degli allevamenti intensivi. L’impiego di vegetali, per quanto dotati di un interessante tipo di razionalità (si vedano gli studi di Stefano Mancuso e Università di Bonn sul tema) rimangono, nella sequenza logica presentata da Omar, la scelta eticamente più coerente e questa scelta non esclude il concetto, già intravisto in questo sito – Nr. 63 - del far fiorire tutte le vite nei limiti imposti dalla sopravvivenza della nostra specie). Questo spiega anche il sofisma oppure horse laugh del "perché allora non tutelare anche ragni, scarafaggi, microbi..?": vale sempre il principio del non uccidere od infliggere sofferenza senza che sussista pericolo o necessitá per la sopravvivenza della nostra specie. Ovvero inutilmente o per il puro diletto di menti eticamente morte. Questo molti cristiani intendono, correttamente, per rispetto del Creato. In questa ottica neppure un albero va abbattuto senza che ve ne sia necessità.