055. Hate speech


- l'ateismo produce "infelicità e immoralità...é una grave degenerazione: significa condurre una esistenza isolata, senza speranza, grigia e limitata. Mi domando, ha senso la vita di un ateo...?" -  (Monsignor Arduino Bertoldo sul sito Pontifex, ancora al 20.02.2011)

 - Monsignor Paolo Rigon: "l'omosessualità è un male da guarire" semprechè non sia già "incancrenita" - (La Stampa, 20 febbraio 2011)***

I discorsi di incitamento all'odio (ovviamente ritrovabili anche tra atei) sono diversi dalla mera offesa: se uno che passa per strada mi dice "sei un coglione" non mi fa né caldo né freddo. Se invece mi dice "negro", "terrone","mongoloide" "culattone" questo ferisce. Gli omosessuali giustamente non mostrano la ferita che i discorsi d'odio provocano, la nascondono e lasciano che siano altri sentimenti a guidare le loro azioni in pubblico, come ad esempio l'orgoglio, la rabbia o la passione per l'uguaglianza.
 
Però, se vogliamo capire l'hate speech, bisogna analizzare i discorsi d'odio anche riconoscendo quel potere di ferirci che neghiamo e rifiutiamo in pubblico. Perché l'hate speech ha un potere di ferire che non ha il semplice insulto? Perché si allea ad una catena discorsiva e rituale: in "negro" o "frocio" risuona una storia secolare di odio e di violenza. Al di là delle intenzioni coscienti di chi pronuncia il discorso d'odio, il discorso acquista un potere e una valenza ben più vasta, ogni discorso d'odio trae forza da tutti quelli precedenti in una catena simbolico distruttiva. Storica e biografica: in "negro" risuonano la schiavitù e l'apartheid, ma risuonano anche le tante discriminazioni quotidiane che ha subito la persona a cui l'insulto è rivolto. allo stesso modo in "frocio" o "anormale" risuonano violenze secolari, ma anche, spesso, il rifiuto della propria famiglia e la discriminazione subita a scuola e in molti altri luoghi. 

L'hate speech è qualcosa di diverso dal semplice insulto, o dal fare un torto, e va compreso nella sua specificità. vietarlo per legge o per vie legali non elimina la sua potenza distruttrice (distruttrice nel senso che l'hate speech vuole distruggere l'identità di alcune categorie di persone, negandone l'umanità e implicitamente invocandone la scomparsa), perché la sua potenza deriva da una catena simbolica di ripetizioni rituali. piuttosto, bisogna interrompere quella catena o risignificarla. Ad esempio, il movimento lgbt rivendica la parola "gay" associandola a valori positivi come la gioia, la gaiezza, il gioco, l'orgoglio. In questo modo, cerca di riscattare un termine "abietto" e deumanizzante risignificandolo per descrivere vite reali. Il gay pride è appunto un'operazione simbolica assimilabile. Non bisogna censurare l'hate speech, ma contrapporgli discorsi che inaugurino catene simboliche che riconoscano certe vite e la loro uguaglianza.

 (liberamente tratto da un commento di Cesare D.F.)

***sulla medesima pagina della Stampa troviamo un bellissimo  n o n  s e q u i t u r  di Gennari, giornalista di Avvenire : "Per molti sono naturali l'ira e l'atteggiamento violento, ma le azioni che ne conseguono sono peccato...la natura umana non è una natura perfetta, bensi segnata dal limite della peccabilità...certe azioni verrebbero naturali (invidia, ira, appropriazione delle realtà e delle persone altre a scopo di potere) ma sono peccati...perciò dire che l'esercizio della omosessualità è peccato è parte del dovere di verità nell'ambito religioso dell'etica cristiana". La fallacia consiste in questo, nella conseguenza: ira, appropriazione e quant'altro ledono il principio secondo il quale il limite della nostra libertà individuale è cosistituito dalla libertà altrui. Amare una persona dello stesso sesso non lede la libertà di amarsi di una coppia eterosessuale che può continuare ad amarsi comunque..., e poichè gli omosessuali non sono contagiosi non è neppure in pericolo la prosecuzione della specie umana: permettere loro di amarsi non significa aumentarne il numero...quindi si parli pure di dogma e di peccato, ma si lasci da parte la verità e soprattutto la ragione.

Il non sequitur è una fallacia logica che consiste nel porre una erronea relazione di causalità.

Si confronti con il punto Nr. 13 del Menu (FALLACIA NATURALISTICA)