311. Bias eiettivo e processo antropodecentrativo



(di Roberto Marchesini, etologo e filosofo***)

(…) Molto spesso si assume la prospettiva antropocentrica come inevitabile e non emendabile e quindi come giustificazione complessiva dell’antropocentrismo. In altre parole, si dice,  essendo l’essere umano immerso nella propria dimensione antropocentrata non è possibile evitare la deriva antropocentrica. Questa riflessione, che peraltro si propone come conclusiva sulla questione, è comprensibile, ma dovrebbe essere posta in forma interrogativa e non assertiva: Dovremmo chiederci: 1) può l’essere umano andare oltre o mettere in mora la sua prospettiva filogenetica? 2) fino a che punto l’essere umano può emendare la prospettiva antropocentrata? La mia risposta al primo quesito è un si con riserva, vale a dire che si tratta di un’operazione non scontata e sempre parziale. Non so dire fino a che punto si può emendare ma di certo non lo si può fare completamente. Per questo, preferisco parlare di un processo antropodecentrativo piuttosto che di un rifiuto in toto della prospettiva antropocentrata, attraverso diverse coordinate decentrative come il contro intuizionismo scientifico e come l’empatia biocentrica.  Assumere una posizionalità antropodecentrata significa non rifiutare la propria prospettiva ma assegnarle un dominio di validità. Per far questo occorre fare ginnastica emendativa, implicita nel lavoro dell’etologo, abituandosi a guardare l’umano come una delle tante immersioni nel mondo. Come l’egocentrismo non rappresenta una trappola mortale e conclusiva nel processo evolutivo del sé, ma può essere più o meno superato attraverso l’esercizio empatico, allo stesso modo l’antropocentrismo ingenuo può essere emendato in virtù di operazioni decentrative.  Se prendiamo altre espressioni della prospettiva antropocentrata, per esempio la tendenza ad animare i fenomeni naturali o a leggere eventi causali come attratti dalla cosiddetta fisica ingenua ci rendiamo conto che, attraverso la prassi contro intuitiva, la scienza è stata in grado di fornirci quadri descrittivi ed esplicativi sempre meno antropocentrati. In fondo il geocentrismo tolemaico, la teoria del flogisto, il creazionismo fissista sono esempi di epistemiche maggiormente antropocentrate rispetto ai corrispettivi paradigmi inaugurati da Copernico, Lavoisier, Darwin. L’etologia è la scienza che consente all’essere umano di incontrare le alterità animali nella loro espressione comportamentale nella percezione come nella comunicazione, nella motivazione come  nella cognizione – e questo esercizio conoscitivo non solo consente di acquisire dati importanti sulle peculiarità dei non umani, ma altresì da luogo a una palestra di antropodecentrismo perché ci abitua a considerare il punto di vista dell’uomo come relativo, ovvero non metrico né sussuntivo delle possibilità. Pertanto possiamo dire che le forme di specismo che esitano dall’antropocentrismo ingenuo non possono cercare una giustificazione nella dimensione biologica, altrimenti ci troveremmo a rifiutare altre forme di superamento dell’intuizionismo filogenetico, come per l’appunto gran parte della teorizzazione scientifica. Non è sufficiente essere uomini per essere condannati all’antropocentrismo.

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(da “Contro i diritti degli animali? Ed. Sonde, pag. 63/64, di cui consiglio vivamente l’ acquisto)