386. Definizione dell’oppresso

“C’è un momento in cui bisogna tirare fuori i coltelli. È un fatto. Puramente tecnico. È fuori questione che l’oppressore possa comprendere da solo che opprime, dato che opprimere non lo fa soffrire: mettetevi nei suoi panni. Non è la sua strada. Spiegarglielo è senza utilità. L’oppressore non intende ciò che il suo oppresso dice come un linguaggio ma come un rumore. Fa parte della definizione stessa dell’oppressione. In particolare le “lamentele” dell’oppresso rimangono senza effetto, in quanto naturali. Per l’oppressore non esiste oppressione, necessariamente, ma è un fatto di natura. Allo stesso modo è inutile porsi come vittima: così non si fa altro che ratificare un fatto di natura, inscrivendosi nello scenario allestito dall’oppressore. L’oppressore che fa il lodevole sforzo di ascoltare (l’intellettuale liberale) non intende meglio. (…)”

Definizione dell’oppresso
Christiane Rochefort
(1971)

Tratto da “Manifesti femministi”, a cura di D. Ardilli, edizioni Vanda