044. la democrazia diretta nell'età di Pericle



Con questa nota desidero descrivere le istituzioni democratiche di Atene nell’età di Pericle. Sento questa esigenza in quanto spesso mi imbatto in esposizioni assai superficiali, quando non distorte, della democrazia ateniese, laddove talora si evidenziano presunti o reali limiti di essa utilizzando a tal fine aneddotica, singoli episodi di “cronaca” o il presunto carattere di  determinati personaggi ("scoprire" con un nuovo "saggio"  ulteriori tratti della personalitá del celeberrimo Pericle incrementa le vendite)  tralasciando “distrattamente” di sottolineare il fatto che abbiamo dinanzi forse l' unico vero esempio nella storia di democrazia diretta, detta anche democrazia radicale, la cui portata, a mio avviso, rimane tutt'oggi rivoluzionaria, da cui probabilmente vari tentativi di minimizzare. Pensiamo al fatto che oggi non solo ci troviamo in una democrazia indiretta, ma neppure abbiamo la possibilita di eleggere direttamente i nostri rappresentanti (***). Si veda anche lo splendido capitolo n. 15 di L. Canfora ("Democrazia") sui sistemi elettivi maggioritari e le varie forme del "suffragio ristretto".

Non entrerò qui nel merito, se una democrazia diretta (***) al giorno d' oggi sia possibile o meno (grazie all'avvento di internet) , ma eventuali commenti al proposito saranno ovviamente benvenuti e interessanti.

Per quanto riguarda la descrizione delle istituzioni politiche dell'età periclea mi baserò sul testo di Gabriella Poma ("le istituzioni politiche della Grecia in età classica, Ed. Il Mulino). Al termine riporterò un bellissimo brano di Luciano Canfora (tratto da "il mondo di Atene, Ed. Laterza"), con le cui valutazioni finali, di carattere generale o "politico", riguardo al periodo preso in considerazione,  concordo ma solo in parte e ciò non da ultimo sulla base di una necessaria contestualizzazione, come sotto esposto.

Comincio con l 'esporre alcune critiche: vale a dire il fatto che dal suffragio universale (senza limiti di censo nel periodo in questione) fossero escluse le donne e gli stranieri, la cui stragrande maggioranza era costituita dagli schiavi (sempre stranieri), vale a dire prigionieri di guerra (infatti giá con Solone fu abolita la schiavitú per debiti).  Ora, pensiamo solo al fatto che prima di poter nuovamente parlare di suffragio universale, peraltro su base censitaria, dobbiamo arrivare alla fine del 1800, per le donne al 1900. Solo nel 1966 (!) negli Stati Uniti si sancisce l'incostituzionalitá delle prove sul grado di cultura per l'ammissione ai diritti politici e del pagamento di una tassa per essere ammessi al diritto di voto.  Per quanto riguarda gli stranieri, questi ancora oggi non possono votare….(lunghissimi anni di trafile burocratiche comunque) e ancora  nel 1452 abbiamo la bolla pontificia Dum Diversas e nel 1700  schiavi musulmani nello Stato Vaticano, e per gran parte del periodo in questione la servitu della gleba (laddove i servi della gleba neppure erano stranieri), che dalla schiavitu si differenzia  poco. Sulle reali cause della scomparsa della schiavitu  su suolo europeo intorno al 1000 d.C. ( in quanto il sistema fu poi "trasferito"  all'estero oppure in Europa/Italia "a carico" di stranieri come ad esempio prigionieri di guerra musulmani) si legga l'ultimo capitolo del seguente libro del grande storico  Marc Bloch: http://www.amazon.it/Lavoro-tecnica-Medioevo-Economica-Laterza/dp/884205030X
 
Quindi questi, che spesso vengono presentati come limiti,  lo sono sì ma solamente nella misura in cui lo erano per tutte le società del tempo, rispetto alle quali  la società greca fa un immenso passo avanti in direzione uguaglianza e giustizia, che a mio avviso la rende di fatto rivoluzionaria rispetto a molte altre, anche per quanto riguarda diversi secoli a venire e per alcuni versi anche rispetto all'epoca contemporanea. Considerando che dovranno passare piu di 2000 anni prima di poter riparlare di democrazia e suffragio universale. Certamente rimangono taluni che ravvisano in Galileo un limite...quello di non aver individuato il sistema di anelli di Giove. Attribuire inoltre ogni "merito" alla non elevata estensione della popolazione greca non rende giustizia al fatto che ci troviamo di fronte non solo ad innovazioni "tecniche" ma anche alla comparsa sulla scena della storia di nuovi e basilari principi, oggetto proprio in quel tempo di speculazione filosofica.
 
Per quanto riguarda la "politica estera" questa costituisce un argomento a parte e non incide sulla valutazione del sistema politico interno. Il fatto che alcuni paesi, anche di epoca contemporanea..., abbiano condotto o conducano politiche imperialiste/colonialiste di annessione o mero sfruttamento di paesi terzi, non implica che al loro interno non siano in vigore ordinamenti di tipo democratico o che questi ultimi abbiano potuto svilupparsi solo grazie alle prime... Senza voler prendere in considerazione il colonialismo e il neocolonialismo si pensi al fatto che solo verso la metá del 1800 d.C. i grandi paesi industrializzati emanarono le prime leggi volte a proibire la tratta degli schiavi neri. Intorno alla metá del 1700 in diversi stati del sud degli Stati Uniti il rapporto tra schiavi neri e bianchi era addirittura di due a uno.

Sulla "classe dirigente": una frequente obiezione consiste nell'affermare che nonostante la legislazione vigente in materia, questa di fatto fosse costituita dai ceti piu abbienti. Un limite reale, ma lo è pure al giorno d'oggi. Il fatto di provenire da famiglie abbienti e potenti, dalla possibilita di frequentare le migliori scuole e simili indubbiamente rimane un vantaggio indiscutibile e rilevante. Questo non autorizza però a minimizzare la portata dei cambiamenti di rotta a livello normativo in un'ottica del "tutto uguale".

La teoria costituzionale della democrazia ateniese intorno al 450 a. C. si basa sul semplice principio della sovranità al popolo (kurios, sovrano), oramai condiviso da tutte le democrazie mondiali. Essa era una democrazia diretta, ovvero ogni cittadino aveva la possibilità di proporre e votare DIRETTAMENTE le leggi, mantenendo soprattutto la possibilità decisiva di modificare direttamente la costituzione. Per meglio gestire tutte le questioni, il popolo legiferava attraverso gli organi preposti (fra i quali la Bulè e l'Ecclesia)

Nella Grecia dell'età classica, l'ecclesia era l'assemblea del popolo (in greco: Εκκλησία, ecclesìa, significava assemblea), cui spettava deliberare in merito alle questioni più importanti dello stato.
Per far parte dell’ecclesia bastava essere cittadino ateniese (Pericle stabilì, con una legge del 450 a.C., che era da considerare cittadino solo chi fosse nato da padre e madre ateniesi) ed essere maggiorenne (la maggiore età si acquisiva a 20 anni, per via dell’iscrizione sui registri del demo).Allo scopo di favorire l’affluenza dei cittadini meno abbienti, nell’ecclesia di Atene i partecipanti ricevevano un obolo, un gettone di presenza, in grado di poter ripagare il cittadino di una giornata di lavoro persa. L’assemblea, la cui convocazione era riservata alla bulè, era presieduta dai pritani. Tutti i cittadini avevano pari diritto di parola(isegorìa) e avevano pari diritti giuridici(isonomìa). Essa esercitava il controllo su tutte le attivita della polis: era sua competenza stipulare alleanze, ricevere ambasciatori, stabilire l ammontare del tributo richiesto agli alleati, decidere i finanziamenti per le spedizioni militari e per le grandi opere pubbliche, deliberare sull organizzazione delle feste religiose, eleggere gli strateghi e gli altri magistrati militari. A cio si aggiungevano funzioni giudiziarie, tra cui l ostracismo e i processi di altro tradimento. L assemblea era convocata dai pritani – cosi erano chiamati i 50 buleuti della stessa tribu che, a turno mensile, governavano i lavori della boule e dell assemblea - i quali fissavano l ordine del giorno, che era reso noto qualche tempo prima. L assemblea discuteva sulle questioni messe all ordine del giorno dai pritani., il cosiddetto proboulema, che poteva essere un atto dettagliato e completo, una proposta precisa, dunque, che poteva essere approvata, emendata o respinta, oppure un probo ulema aperto, ossia la semplice iscrizione dell argomento all ordine del giorno, che lasciava libera l assemblea di decidere come volesse. L ecclesia si riuniva 40 volte l anno. Nell assemblea ogni cittadino poteva proporre modifiche al progetto presentato dalla boule o emendamenti ad una legge o presentare un controprogetto. Ogni ateniese aveva un diritto di iniziativa che si traduceva nella proposta di una mozione all assemblea; in tal caso, il tutto veniva rinviato alla boule, per poi tornare in assemblea.

La bulé o boulé dell'antica Grecia (dal greco βουλή che deriva dal verbo βούλομαι boulomai che significa volere)era uno degli organi principali della politica ateniese. Aveva il compito di organizzare l' ekklesia ( l'assemblea in cui si svolgevano le consultazioni popolarie dove il popolo approvava le leggi (nomoi) ed eleggeva i magistrati.)e di controllare il lavoro dei magistrati (= odierni ministri). I 500 membri erano SORTEGGIATI , 50 per ciascuna delle 10 tribu, tra i demoti che avessero compiuto 30 anni. Essi stavano in carica UN anno e NON potevano ricoprire l incarico piu di due volte. Non erano previsti livelli di censo per candidarsi alla boule. Le sedute erano di norma aperte al pubblico, tranne in casi eccezionali. La boule preparava le sedute dell assemblea, definendo i punti che dovevano essere discussi ed elaborando il testo dei decreti che erano proposti alla votazione del demos. Un ruolo fondamentale della boule era quello di controllare l operato dei magistrati (= ministri del tempo). L'esercizio delle attività di buleuta era remunerato, secondo il principio democratico della mistoforia, ossia della remunerazione delle cariche pubbliche, istituito da Pericle (i detrattori ne prendono in considerazione solo il carattere o aneddotica varia...a quanto pare scrivere su di lui senza cognizione, o peggio ancora, menzione alcuna del suo operato in campo istituzionale fa vendere bene...) : a ciascun buleuta spettavano cinque oboli al giorno, ai pritani sei oboli, equivalenti a una dracma, al presidente dei pritani quindici oboli al giorno. La retribuzione delle cariche pubbliche rappresenta un evento rivoluzionario, in quanto prima queste potevano essere esercitate solamente dai ceti piu abbienti.

Sui magistrati (= i ministri del tempo e in generale funzionari pubblici di vario genere): l esercizio delle magistrature era aperto a tutti. Esse erano, in larghissima parte, collegiali ed indipendenti le une dalle altre; il SORTEGGIO era il mezzo di scelta prioritario, salvo eccezioni per le funzioni militari (era richiesta competenza e si stilavano liste laddove inizialmente ogni tribu presentava un candidato, più tardi essi si presero da tutti i cittadini, le motivazioni sono diverse) e per le funzioni finanziarie (l'amministratore del tesoro di Atena doveva inoltre avere requisiti di censo, in quanto in caso di maltolto avrebbe potuto risponderne con il patrimonio privato). La casualita della nomina evitava le contese per le elezioni e il fatale prevalere, in esse, delle maggiori ricchezze e della migliore nascita. Il sorteggio avveniva su liste di candidati che si presentavano in ogni demo. Tutti i magistrati entravano in carica solo dopo essersi sottoposti ad una indagine (diokimasia) preliminare, volta a verificare se possedessero i requisiti giuridici richiesti. Le magistrature erano annuali, e vigeva il divieto di reiterare una stessa carica o di cumularne piu d una: era una garanzia di salvaguardia della democrazia e di ampia partecipazione. Il potere era esecutivo e non decisionale. I controlli erano ripetuti e rigidi. Il magistrato agiva per delega di sovranita da parte del popolo innanzitutto come esecutore delle disposizioni di legge. Solo le cariche militari e le magistrature finanziarie erano elettive (in assemblea), come detto, in quanto le prime richiedevano competenze specifiche in campo militare, le seconde livelli di ricchezza elevati perché in caso di malgoverno o sottrazione di fondi pubblici la polis poteva rivalersi dei danni ricevuti sui patrimoni privati . Inoltre gli strateghi potevano venire rieletti, riconfermati anno per anno (Pericle fu eletto stratego per 15 anni).

A fine mandato tutti i magistrati dovevano dare conto del loro operato e, prima di avere adempiuto a tale obbligo, non potevano lasciare il paese, né disporre liberamente del loro patrimonio . Le condanne, in caso di corruzione, prevedevano una multa 10 volte piu grande del maltolto.

Ad Atene i dikasteria, le varie corti di giustizia, erano organi dello stato come la boule e l ecclesia. I giudici non erano “togati”, esperti di diritto, ma semplici cittadini estratti a sorte ogni anno. I requisiti richiesti per far parte dei giurati erano particolari: mentre in ecclesia si entrava a 20 anni, per sedere nei tribunali erano previsti 30 anni. I giurati dovevano vincolarsi con un giuramento. Il metodo di votazione era a scrutinio segreto. Le competenze dei tribunali erano estese: potevano giudicare e condannare ogni sorta di questioni e di crimini, di interesse privato e pubblico, come i tribunali moderni. Ma quello che caratterizzava i tribunali ateniesi e li differenziava rispetto ai moderni, è il fatto che era molto piu esteso il potere di controllo sull amministrazione della polis e che sempre piu nel corso del IV sec. a. C. si vennero ad allargare le loro competenze in campo politico. Alla fine del V sec. a. C. alla selezione annuale si aggiunse il sorteggio giornaliero dei giurati, evidentemente per meglio scoraggiare i tentativi di corruzione. Non esistevano avvocati di professione, tutti dovevano difendere le loro cause personalmente, ma potevano fare intervenire uno o piu synegoroi, che potevano pronunciare qualche parola introduttiva o un epilogo. Operavano perloppiu a titolo gratuito (amici ad esempio). Vi erano poi i logographoi, a pagamento, che preparavano i discorsi per le due parti, lasciando al cliente o al suo synegoros il compito di impararlo a memoria e recitarlo in tribunale.

Queste veramente a grandi linee le istituzioni principali della democrazia diretta ateniese al tempo di Pericle. A chi volesse approfondire consiglio vivamente il libro di Gabriella Poma “Le Istituzioni politiche della Grecia in età classica”, assai dettagliato e con rigorosa citazione delle fonti relative. Prenderó in considerazione piú avanti i problemi intrinseci di ogni sistema democratico, soprendentemente simili, quelli di allora, se non identici, a quelli contemporanei (la demagogia ad esempio, assai piu importante rispetto ad una monarchia per ottenere il consenso delle masse, o anche la corruzione) . Di straordinario interesse.

Qui a seguito, come accennato all'inizio, riporto un brano di Luciano Canfora, sottolineando comunque come anche nelle democrazie odierne spesso siano le elites piu colte o economicamente potenti, di fatto, a governare, voto o non voto.

“La forza di quel mito sta nella duplicità di piani su cui è possibile ed è giusto leggere l’epitaffio pericleo (…) quella immagine di Atene è, comunque, fondata, e perciò ha retto e alla fine ha vinto. Ma il paradosso è che quella grandezza che il Pericle tucidideo delinea – e che era vera già allora – era l’opera essenzialmente di quei ceti alti e dominanti che il ‘popolo di Atene’ tiene sotto tiro e, quando possibile, abbatte e perseguita. E il Pericle ‘vero’ questo lo sapeva benissimo e lo aveva vissuto e patito in prima persona. La grandezza di quel ceto consistette nel fatto di aver accettato la SFIDA DELLA DEMOCRAZIA, cioè la convivenza conflittuale con il controllo ossessivo occhiuto e non di rado oscurantista del potere popolare: di averlo accettato pur detestandolo, com’è chiaro dalle parole dette da Alcibiade, da poco esule a Sparta, quando definisce la democrazia ‘una follia universalmente riconosciuta come tale’. La fuga di Anassagora incalzato dall’accusa di ateismo o il pianto in pubblico, umiliazione estrema, di Pericle davanti ad un giuri di migliaia di ateniesi (nell’encomiabile sforzo di salvare Aspasia) non sono bastati a spostare questa straordinaria elite aperta dalla sua scelta di accettare la democrazia per governarla. Una elite miscredente che ha scelto di porsi alla testa di una massa popolare bigotta ma bene intenzionata a contare politicamente attraverso il meccanismo delicato e imprevedibile dell’assemblea. I due soggetti posti di fronte si sono, nel concreto del conflitto, reciprocamente modificati. Lo stile di vita dell’ateniese medio si ricava in modo veridico dalla commedia di Aristofane: la quale, per il fatto stesso di aver preso quella forma e aver ottenuto non effimero successo, dimostra di per sé che quel popolo bigotto era ormai anche capace di ridere di se stesso e della propria caricatura (…)

Il miracolo che quella straordinaria elite ha saputo compiere, governando sotto la pressione non certo piacevole della massa popolare, è stato di aver fatto funzionare e prosperare la comunità politica più rilevante del mondo delle città greche e, ciò facendo, aver modificato almeno in parte, nel vivo del conflitto, se stessa e l’antagonista (…)

Da questa duplicità di piani discendono i due tempi della storia di Atene: da un lato il tempo storico e contingente, che è quello di una esperienza politica che – così come era nella sua contingente storicità – si è autodistrutta, e dall’altro il tempo lunghissimo, che è quello della persistenza nei millenni delle realizzazioni di quell’età frenetica. E ci si potrebbe spingere oltre, osservando che se Atene funzionò cosi, se produsse tanto perché una elite aperta accettò la democrazia, significa che, a sua volta, anche quel meccanismo politico, perla cui definizione tanto si sono affannati e inquietati gli interpreti (da Cicerone a George Grote o a Eduard Meyer), recava dentro di sé due tempi storici: quello ut nunc di cui l’opuscolo di Crizia è solo in parte una caricatura e, per altro verso, il valore inestimabile del conflitto come detonatore di energia intellettuale e di creatività durevole, che è forse il vero lascito di Atene e l’alimento legittimo del suo mito."

 


Parte integrante di questa riflessione è il Nr. 43: Straw man, relativismo e democrazia

Fonti principali:
Costituzione degli ateniesi del Vecchio Oligarca, la Repubblica di Platone e le sue Leggi, L Athenaion Politeia la cui attribuzione ad Aristotele resta discussa, Tucidide, i testi degli oratori attici, le commedie di Aristofane, molti reperti archeologici per cui ben si può parlare di un'archeologia della democrazia.

il discorso di Pericle agli ateniesi:
http://www.antiqvitas.it/arch/arch.tuc.htm

e una bella riflessione:

http://gianfrancomarini.blogspot.com/2011/11/epitafio-di-pericle-elogio-della.html

Interessante il fatto che taluni evidenzino retorica nelle parole di commerazione dei caduti, non accorgendosi - incredibilmente - come i nostri ufficiali rappresentanti raggiungano oggi vette ben piú alte (a voi il compito di cercarne i discorsi) e come Pericle, forse per primo e forse anche per ultimo, metta in realtá in discussione la tradizione dell'epitaffio (Testo originale Tuc. II, 34-36)


(***) Ci tengo a sottolineare che sono una grande estimatrice e sostenitrice dei partiti tradizionali e del sistema partitico attuale. Sulla  base di alcune note problematiche contemporanee , ritengo comunque alcuni paralleli, e se si vuole provocazioni, del tutto sensati e interessanti, anche in ottica contemporanea.