091. Oltre l'apparenza

 

Talora veniamo confrontati con considerazioni negative riguardanti gli esiti o i temi affrontati da talune ricerche: “ovvio!”  “scontato!” “non bisogna avere una laurea per saperlo!”

Il problema consiste nel fatto che spesso tali ricerche vengono condensate in un “titolo”,  ad esempio “la corruzione politica ha effetti negativi sulla fiducia in senso sociale” (Political corruption has impact on social trust), laddove l’articolo relativo, per motivi di spazio, non può che invitare alla lettura integrale per i dettagli veramente significativi (“The study will be published in the March 2010 issue of the journal American Politics Research”)

Fatto è che gli autori nei casi specifici non intendono certo enunciare il già noto, ma chiarire dettagliatamente  c o m e  un determinato evento possa verificarsi o evolversi, il grado di consapevolezza,  capacità e  modalità di reazione e simili, non da ultimo al fine di prevenire e/o migliorare, in quanto ogni studio mira direttamente o indirettamente ad utili previsioni del futuro. Non si dimentichi inoltre che alcune delle più grandi scoperte di tutti i tempi le dobbiamo a quegli spiriti creativi e "anarchici"  che hanno osato prendere in considerazione prima e mettere in discussione poi le premesse di volta in volta più ovvie, come ad esempio la forma della Terra.

http://www.physorg.com/news186746516.html

 

090. Fuoco e fiamme

La corte Suprema degli Stati Uniti ha detto sì alla vendita di videogiochi anche se violenti ai minori. Una bella questione logica.

                    http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/tecnologia/2011/06/27/visualizza_new.html_812676016.html

Il confronto con le rappresentazioni cruente delle fiabe classiche non regge: se da una parte è vero che esse presentino “malvagi assoluti” è anche vero che attraverso la particolare e sapiente modalità  di narrazione mai bambino o adolescente possa sentirsi indotto ad identificarsi con questi  in un processo di emulazione,  laddove la punizione finale è sempre certa, chiamiamola pure “certezza della pena”… e l’intento educativo  sempre in primo piano  (“non essere cattivo in quanto finirai male”, come nella Bibbia).

 
Nella letteratura, come ha fatto notare un mio interlocutore,  Matteo, “esiste una rappresentazione del male, quasi a mo’ di esorcismo e qui viene in mente la tragedia greca. Lì la catarsi era "dinamica" e partecipata e così anche nelle fiabe dove il canale di fruizione per i più piccoli è mediato dal racconto orale dei genitori o chi per essi: è come un grado primordiale della tradizione letteraria, che fa venire in mente i racconti omerici, che per secoli e secoli venivano creati oralmente. Comunque il problema esiste da quando si tende a piazzare i figli davanti a uno schermo : lì la rappresentazione del male non è mediata, esiste in carne ossa, o meglio in technicolor”.  Tali videogiochi sono poi paradossalmente meno dannosi per i bambini, anziché per gli adolescenti, dove il trasporto emotivo è maggiore e potrebbe portare a sfoghi poco consoni.

Stesso dicasi per rappresentazioni teatrali e film, laddove  film troppo violenti possono essere certamente vietati ai minori, e ciò a prescindere dal fatto che i film abbiano sempre un intento artistico e/o informativo certo non riscontrabile in un videogioco, dove la violenza è fine a se stessa e alle vendite. Vale qui la similitudine con la pornografia. Interessante il fatto che la Corte, al contrario, abbia sancito una differenza tra pornografia e videogioco violento (parallelo sostenuto dalla controparte) motivandola con la virtualità di quest'ultimo rispetto alla prima (vere donne nude), come se gli atti sessuali di un cartoon potessero avere una molto più trascurabile  valenza "espressiva" e come se la rappresentazione di un atto sessuale "vero"  incidesse con maggiore negatività di un bagno di sangue nel percorso educativo.

Paradossalmente , se ho capito bene, la motivazione di colui che avrebbe voluto vietare (giustamente, ma la motivazione è da cercarsi a mio parere altrove) tali videogiochi risiede nel non-diritto-di- parola dei minori. Laddove ci sono voluti secoli per fare uscire i bambini, come donne e  animali, dallo status di  senza diritto: ho ordinato il seguente libro di Girolamo Andrea Coffari (Ed. Franco Angeli Milano 2007), che immagino molto interessante sul tema:”I diritti dei bambini: un debito con la storia. Proposte di riflessione e riforma in materia di tutela minorile. I bambini sono davvero, e pienamente, soggetti di diritto? La nostra società e le sue leggi sono davvero in grado di tutelarli dalla violenza, dall'abbandono, dalla mancanza di cure? A questi interrogativi intende rispondere il volume che, con un'analisi radicale e appassionata, mette in crisi l'attuale modello "adultocentrico" su cui si fonda il nostro ordinamento giuridico. Sfuggendo alle logiche di adeguamento delle norme in materia di tutela minorile alle esigenze, ai tempi e ai giudizi di un mondo adulto che in merito appare sempre più disarmato e autoreferenziale, l'autore introduce qui proposte originali: affrontando tematiche quali i diritti costituzionali dei fanciulli, il principio della specificità, il principio dell'esercitabilità dei diritti, il diritto all'ascolto, il diritto alla competenza, il diritto al futuro, propone una riforma del sistema processuale penale, del codice civile e del codice penale, che comprenda l'inserimento di strumenti come il voto ai bambini e la costituzione di organi innovativi come il Ministero dell'Infanzia, l'Ufficio di Pubblica Tutela per l'Infanzia, il Centro di ascolto e prevenzione "Casa del Bambino".Il volume si propone quindi come spunto di riflessione in particolare per giuristi e operatori dell'ambito della tutela minorile, ma anche per quanti sono interessati a riflettere sulle possibili linee di sviluppo della legislazione in materia”. Quindi, la motivazione per il divieto di tali videogiochi non risiederebbe  nel non diritto ad esprimersi (anzi, la legge avrebbe dovuto operare affinchè si costituissero e interpellassero comitati di adolescenti e ragazzini, se a valere è davvero  la libertà di espressione: i risultati non sarebbero stati scontati e il dibattito  di grande interesse), ma su considerazioni relative allo sviluppo cognitivo del bambino non in grado di elaborare tali scene di violenza completamente prive di significato e finalità (al contrario delle fiabe), laddove lo stesso può essere detto per la pornografia, come ogni psicologo, penso, potrebbe confermare. La tutela fisica e psichica del minore in primis. E non la logica del Capitale. Anche Aristotele disse che “l’educazione è tutto” e  la virtù  frutto di esercizio e non di apprendimento (Etica a Nicomaco).

 


 

089. "Seeking chances" ed esperire


Hereby some short comments about a book I read recently ("Seeking Chances: from biased rationality to distributed cognition", E. Bardone, Springer) to clarify how key concepts already explored, deepened and masterfully presented by other authors, for example Peirce, Woods (agent based perspective and epistemic bubble), Hutchins,   Magnani (distributed cognition, moral mediators...),  Simon (docility), Adam Smith (moral and sympathy), Harry Frankfurt (bullshit), Hansen... can be presented in a new original way.  I consider it a very good summary of all arguments set out by leading experts in the field of cognitive science, that means very  useful for those who want to have an overview of this topic. The author has a very good blog about this topic too (chance cognition).

From Homer Simpson ("Episode Homer Defined, Homer saves the Springfield nuclear power plant from meltdown. He saves it by performing a childrens's nursery rhyme that allows him to guess which button should be pressed to avert the disaster"), through Sun Tzu ("when we do not have any idea how to make the required decision") arriving to the notion of distributed cognition the author argues that it is through various manipulations of the environment that we gain new and more reliable "chances" which can be used to de-bias our rationality.Through manipulation or even creation of our environment new niches for human cognition are created so that cognition could be described as a "chance-seeking system".

The author creates, in my opinion, an interesting building to express, in other words and with some more details, the concept of EXPERIENCE, including distributed cognition, in its broadest sense as masterfully presented by C.S. Peirce:

"No doubt experience is our great and unique teacher. When I make this statement, I do not want to enunciate any doctrine of tabula rasa. On the contrary, I would like to introduce and support the idea that there was no principle in science, from the biggest to the smallest , which is not derived from the power of the human mind to create true ideas. This power, despite everything that it has been able to achieve, is so weakened that as soon as the ideas flow from the human mind, the true ideas are almost submerged by the wave of false notions: the task of experience is to filter out false ideas and gradually, through a sort of splitting, to delete them and allow the truth to flow freely. But how is realized this action of experience? Through a series of surprises..anyway, most of the findings are the result of experiments... experiments that don't meet our expectations are the most instructive... experience is that status of cognition that the course of life in some part of it has imposed as a finding to a person, generally the conditions of experience are due at least in part to the action of the person who makes the experience.... There is the imposition, the absolute constraint that forces us to think differently from how we thought ... The way in which the experience contributes to knowledge is very particular and generally not recognized ... This means that philosophs and scientists have the habit of using expressions that indicate that kind of reasoning not clearly and mixing several errors, without having understood precisely the authentic meaning ... The first property has as effect those proverbial inferences from experience which are based on probability, the second condition states that the method of experience reasoning is induction...." (free translation, C.S.Peirce, Esperienza e percezione, Edizioni ETS).

Therefore, "chances" in this context are to be intended as human experience, as described.

Also Dewey argued that experience is never a dualism between a subject of experience and an object, but interaction between subject and object, between organism and environment, ie transaction. The evolution shows how the subject is a life form in continuity with the environment. The experience is not primarly "knowledge", but "ways to do and to suffer" and the notion of experience is much broader and complex than the notion of knowledge, considering just the fact that ignorance is one of the main aspects of experience. Experience to Dewey is not mere registration of a given, it includes prevision of experiences in the future, is not limited to here and now, but takes place in a diachronic dimension. There is a fundamental relationship between experience and inference by virtue of the anticipatory character. So, experience is even or especially predictive capacity (see also Nr. 225).

 

088. Sulla natura del ragionamento


C.S. Peirce, MS1101 – 831 (dalla raccolta  "Esperienza e Percezione. Percorsi di Fenomenologia, Ed. ETS)

Sulla vera natura del ragionamento

“(…) Che utilità c’è nel definire razionale la formazione di alcune opinioni, mentre altre (che forse conducono agli stessi risultati) sono bollate come cieca applicazione di regole pratiche (rule of thumb) o del principio d’autorità o come pure congetture? Quando ragioniamo partiamo sempre da una certa rappresentazione di uno stato di cose presupposto che assumiamo come vera. Lo chiamiamo la nostra premessa e lavorando su essa produciamo un’altra rappresentazione che dichiara di riferirsi allo stesso stato di cose; la chiamiamo la nostra conclusione. Ma noi facciamo così sia quando agiamo in modo irrazionale secondo una regola pratica sia quando applichiamo una regola aritmetica della quale non ci siamo mai chiesti la ragione. L’irrazionalità qui consiste nel seguire un metodo fissato che non fornisce alcuna garanzia della sua correttezza, così che, se dovesse accadere che la regola non può essere applicata correttamente nel caso su cui stiamo lavorando, finiremmo inevitabilmente fuori strada. In un ragionamento genuino, invece, non siamo sposati al nostro metodo. Lo approviamo deliberatamente, ma siamo sempre pronti e disposti a riesaminarlo, a migliorarlo e a criticare di nuovo il nostro criticismo, senza mai fermarci. Così l’utilità del termine ragionamento consiste nell’aiuto che ci fornisce per distinguere (discriminate) tra le formazioni di rappresentazioni autocritiche e quelle acritiche. Se una macchina funziona in base a un principio stabilito, implicato nella sua programmazione, può essere un valido aiuto nel ragionamento; ma, a meno che non sia costruita in modo da migliorare se stessa qualora si scoprisse che ha un certo difetto, la macchina stessa non può fornire alcuna garanzia che le sue conclusioni siano corrette, anche se potesse elaborare ogni possibile conclusione da alcune premesse. Questa garanzia potrebbe venire solo dal nostro esame critico. Di conseguenza, non sarebbe rigorosamente una macchina che ragiona.  L’autocriticismo non può essere mai perfettamente concluso perché anche l’ultimo atto di criticismo è sempre a sua volta aperto a nuove critiche. Finchè siamo disposti all’autocriticismo e a un’indagine ulteriore, questo atteggiamento ci garantisce che, se mai si potesse arrivare alla verità di un certo problema, alla fine della ricerca saremo in grado di raggiungerla. Quando si iniziarono a studiare le menti degli animali più semplici, fu proprio l’invariabilità dei metodi degli animali che spinse gli osservatori a tracciare una netta linea di demarcazione tra Istinto e Ragione. Subito dopo però vennero alla luce alcuni fatti che mostrarono che quella fissità era solo relativa: le api, in un clima in cui è sempre estate e dopo alcune generazioni, cessano di produrre grandi quantità di miele; i castori, se dispongono di nuovi materiali, gradualmente sviluppano nuovi stili per le loro architetture (…) Questi fenomeni rivelano un elemento di autocriticismo e dunque di ragionamento (….) Esistono tre tipi di ragionamento: Induttivo, Deduttivo e Ipotetico. L’ultimo consiste nell’introduzione di un’idea non data all’interno di un groviglio confuso di fatti dati e l’unica giustificazione di tale idea consiste nel fatto che riduce il groviglio all’ordine (…)”

 

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